Una serie all'apparenza già decisa, che può riservare diverse sorprese, a partire dall'apprensione per le condizioni fisiche di Steve Kerr. Inciderà l'assenza del coach? Riusciranno i Jazz ad abbassare il ritmo? E Gobert sarà in grado di reggere in difesa? Da domani notte inizieremo ad avere tutte le risposte
Dieci anni sono un’eternità, soprattutto in un mondo che cambia così rapidamente come quello NBA. Talmente tante novità che il motto “We Believe” che accompagnava gli Warriors in quella straordinaria cavalcata nel 2007, può essere facilmente associato adesso ai ragazzi di coach Snyder, artefice di uno dei più interessanti (e vincenti) esperimenti di questa stagione. Un decennio fa infatti proprio contro i Jazz si infransero i sogni di gloria di Baron Davis e compagni, capaci nel primo turno di portare a termine uno degli upset più inaspettati della storia dei playoff contro i Dallas Mavericks. Un ricordo piacevole anche per il pubblico mormone, visto che quella è stata l’ultima finale di Conference conquistata dalla franchigia di Salt Lake City, ritornata quest’anno al vertice della lega grazie a una combinazione fatta di esecuzione, tecnica e applicazione. Un approccio razionale al gioco apparentemente opposto rispetto a quello dei ragazzi di Steve Kerr i quali però, nonostante vadano a 100 all’ora, in realtà sono più attenti di chiunque altro alla cura dei fondamentali. Una rivoluzione quindi quasi totale, con Matt Barnes come unico punto di contatto tra quegli Warriors e il presente, in cui Golden State spera di poter affidarsi anche al numero 22.
Stato di forma delle squadre
Gli infortuni sono infatti il punto interrogativo più grande all’orizzonte per Golden State, ben attrezzata nel far fronte a qualsiasi tipo di assenza, ma che spera di poter ritrovare sul parquet sia Shaun Livingston che il miglior Kevin Durant, centellinato nelle quattro sfide vinte contro Portland e fuori sia in gara-2 che gara-3 per un problema al polpaccio. L’assenza che ha fatto più rumore però è di certo quella di coach Steve Kerr, costretto a rinunciare a sedersi in panchina negli ultimi due episodi della serie contro i Blazers a causa del riacutizzarsi dei dolori alla schiena che già la scorsa stagione gli fecero saltare metà stagione. “Il problema che sta mettendo a dura prova il nostro coach fortunatamente è attaccabile – commentava qualche giorno fa Bob Myers, il GM degli Warriors -. Ci sono delle cose nella vita che non hanno soluzione; in questo caso invece bisogna soltanto scovarla e ci riusciremo nel miglior tempo possibile. Sono molto fiducioso”. Nessuna indicazione però riguardo un eventuale ritorno a bordo campo al fianco della squadra quindi, con un gruppo uscito paradossalmente ancora più compatto da questa situazione complessa. In casa Jazz invece la preoccupazione è tutta legata alla condizione fisica di un roster provato dalla lunga e agguerrita sfida contro i Clippers, a differenza del riposo di cui Steph Curry e compagni hanno potuto godere per una settimana. Ritrovare il prima possibile energie da mettere nel serbatoio è l’imperativo principale per i Jazz, che al deficit tecnico non possono aggiungere anche quello atletico.
I precedenti
Il conto degli scontri diretti stagionali dice 2-1 in favore dei Golden State Warriors, che negli ultimi 50 giorni hanno perso soltanto una volta, proprio contro Utah in una sfida dal sapore particolare, in cui i mormoni si giocavano il fattore campo ai playoff e in cui Steve Kerr lasciò le riserve in campo in tutto il decisivo quarto periodo per regalare dei minuti “importanti” a giocatori che di solito quando si decide la gara restano in panchina. A preoccupare i Jazz però sono gli altri due episodi, in cui i vice campioni NBA non hanno avuto pietà dell’avversario, a lungo dominato e nel caso della sfida pre-natalizia addirittura umiliato e tenuto a soli 74 punti segnati e al 35% dal campo. Gare chiuse con quasi 10 punti di differenza realizzati e una precisione al tiro che lascia ben poche speranze a chi auspica di poter godere di uno spettacolo il più a lungo possibile in equilibrio.
Punti di forza e deboli
A leggere i dati quindi, non sembra esserci davvero partita, con gli Warriors primo attacco e seconda miglior difesa della regular season, confermatisi poi durante i playoff limitando i Blazers a soli 96.3 punti concessi su 100 possessi. Di gran lunga i migliori nella propria metà campo, aggrappati a un Draymond Green confermatosi come àncora difensiva attorno a cui far ruotare un sistema vertiginoso ma efficace di cambi e di continui aiuti difensivi. Il modo migliore per i Jazz di limitare i vice campioni NBA è giocare sul ritmo della gara, ossia provare a fare il lavoro così ben riuscito contro i Clippers di rallentare in qualche modo chi in realtà non si ferma mai. La serie in cui si è corso di più infatti è stata proprio quella giocata dagli Warriors (104.9 di pace), ben 13 possessi di media in più rispetto ai 91.7 dei Jazz contro i Clippers, nonostante fosse nell’interesse dei ragazzi di Doc Rivers alzare il ritmo. Questo quindi, sarà uno dei tentativi da fare contro Steph Curry e compagni, cercando di limitare il numero di palle perse e eseguendo come al solito per tutti e 24 i secondi, cercando soprattutto alla Oracle Arena di non infiammare un pubblico che può diventare un avversario contro cui essere costretti poi a fare i conti.
Matchup
Nel confronto diretto tra giocatori invece, sarà un bel grattacapo per coach Snyder trovare i giusti accoppiamenti, riuscendo a garantire la convincente difesa sul perimetro vista contro i Clippers (tenuti sotto il 35% dall’arco anche grazie allo straordinario lavoro fatto su giocatori come J.J. Redick), senza perdere però la protezione al ferro, il vero punto di forza di una difesa che spesso e volentieri invita gli avversari alla penetrazione, consapevole del fatto che alle proprie spalle c’è Rudy Gobert con cui dover fare i conti. La tenuta difensiva del francese infatti sarà uno dei turning point della sfida, visto che l’evidente missmatch offensivo garantito dal numero 27 alla voce rimbalzi, non deve pesare troppo sulle logiche difensive di una squadra che deve essere disposta a inseguire i vari giocatori di Golden State sul perimetro. Qualora la stazza di Gobert diventasse poi un problema, contro di lui gli Warriors potrebbero utilizzare JaVale McGee, un fattore nella sfida contro Portland, capace di viaggiare a +42.2 di Net Rating, oltre che a realizzare 18 canestri sui 23 tentativi collezionati nelle quattro partite. I Blazers si sono ritrovati nella serie a mettere a referto 11.5 punti in meno su 100 possessi rispetto alla regular season: un crollo del genere per il già modesto attacco di Utah, sarebbe un colpo impossibile da incassare senza andare al tappeto.