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NBA, Chris Paul ai San Antonio Spurs: scenario possibile?

NBA

È soltanto una voce, uno scenario possibile, ma la suggestione è forte: quanto è percorribile la strada che potrebbe portare Chris Paul ai San Antonio Spurs?

Lo ha accennato Zach Lowe nel suo podcast su ESPN e tanto è bastato per mandare in fibrillazione l’intero mondo NBA. Chris Paul sta ovviamente pensando al suo futuro, a quale scelta fare dal prossimo luglio, ritrovatosi a un bivio di fronte al quale i giocatori nella sua posizione sono costretti a prendere delle decisioni determinanti nella loro carriera: inseguire i soldi o andare a caccia di un titolo NBA? “C’è un sacco di movimento, un sacco di rumore attorno al nome di Chris Paul – racconta Lowe -. Credo che di certo si tratti di interesse reciproco [tra lui e i San Antonio Spurs, ndr]. Non so quanto reale sia una possibile offerta gigantesca da parte dei Clippers che allo stesso tempo permetta ai losangelini di provare a essere una squadra competitiva. Così come gli Spurs di certo non hanno una flessibilità salariale tale da poter garantire quelle cifre a CP3. Sono molto curioso di capire cosa accadrà questa estate e chi sarà in squadra il prossimo anno”. L’idea di inserire un giocatore come Paul all’interno di un sistema collaudato come quello dei texani è una suggestione stimolante per tutti gli appassionati, anche se gli Spurs al momento hanno altre matasse da sbrogliare prima di poter immaginare uno scenario del genere. Un arrivo di questo spessore sarebbe il modo migliore per provare a mettere in discussione il dominio nella Western Conference degli Warriors, ma lo scenario al momento sembra poco percorribile.

Questione di soldi (e non solo)

Prima di tutto, le cifre: Paul può ambire a firmare un contratto da 210 milioni di dollari circa in cinque anni con i Clippers o in alternativa uno da 153 milioni con qualsiasi altra franchigia per quattro anni. Una differenza sostanziale (60 milioni) non tanto e non solo per il suo peso economico, ma anche per il ruolo ricoperto da CP3, presidente dell’associazione giocatori e uno dei volti noti che hanno a lungo contrattato con la lega per garantire un trattamento salariale migliore ai giocatori NBA. Questo lo ha messo poi nella condizione di poter diventare il primo nella storia della lega a mettere la firma su un contratto da oltre 200 milioni; un’opportunità per lui che va ben oltre il semplice opportunismo economico e che, qualora venisse declinata, manderebbe un messaggio contrastante rispetto alle posizioni assunte durante la discussione riguardo il nuovo CBA. Ciò non toglie però che Paul, fresco 32enne, abbia come personale ossessione quella di andare a caccia della sua prima finale di conference in carriera; dettaglio non da poco per un All-Star affermato la cui squadra ha sempre fatto cilecca da aprile inoltrato in poi. La formula Clippers negli ultimi sei anni ha dimostrato di non essere la migliore per provare a dare l’assalto a un anello e in ragione di questo diventa quindi inevitabile guardarsi intorno prima di decidere con chi firmare l’ultimo contratto pesante della propria carriera. Gli Spurs però anche facendo bene i conti, sarebbero molto probabilmente costretti a chiedere un ulteriore sacrificio economico a Paul.

Tutta colpa di Pau(l)?

A pesare come un macigno sul cap del prossimo anno dei texani infatti ci sono i 16 milioni e 197 mila dollari garantiti dalla player option a Pau Gasol; cifra che porta da 77 a oltre 93 milioni il monte salari già “occupato” da San Antonio, lasciandone liberi meno di dieci per provare a garantire il maggior numero di ritorni possibili tra i vari Manu Ginobili (la cui decisione dipende anche da altri fattori), Jonathon Simmons e soprattutto Patty Mills, il vero snodo cruciale dell’estate nel roster della squadra di Popovich. Tenersi stretto l’aborigeno sembra essere una priorità assoluta, a maggior ragione dopo che il claudicante Tony Parker continua a fare la spola tra il campo e l’infermeria (e che pesa per oltre 15 milioni di dollari il prossimo anno). Spalmare l’ultimo anno di contratto del playmaker francese su tre anni facendolo sostanzialmente fuori, sarebbe un trattamento molto poco da Spurs, particolarmente inadatto nei confronti di una leggenda della squadra. L’unica strada da percorrere quindi sarebbe quella di chiedere un ulteriore sacrificio economico a Paul, che a quel punto si ritroverebbe delle cifre dimezzate rispetto agli oltre 200 milioni di partenza. La scelta di Paul ovviamente sarebbe alternativa a quella di Mills (impossibile avere entrambi), ma potrebbe non bastare: a quel punto il sacrificio di CP3 consentirebbe alla dirigenza texana di chiedere a Pau Gasol di rinunciare alla sua player option, convincendolo a rifirmare per cifre di gran lunga inferiori "per il bene della squadra" e "per provare a vincere".Uno scenario più da fanta-NBA che altro. Occhio però in quel caso a puntare il dito contro il catalano, addossando su di lui tutte le colpe. È chiaro che la situazione è molto più complessa di così e che non basta un "interesse reciproco" per far diventare realtà una trattativa così importante.