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NBA, Stern sulla trade di Chris Paul: “Fu Kupchak a cadere nel panico”

NBA
David Stern e Chris Paul nel giorno del Draft 2005 (Foto Getty)
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A oltre sei anni di distanza dal mancato scambio di Paul ai Los Angeles Lakers, l’ex commissioner ha rivelato: “Volevamo discutere di nuovo lo scambio, ma poi il GM dei Lakers…”

Ai tifosi dei Los Angeles Lakers non farà particolarmente piacere leggere queste righe, ma più passa il tempo e più finalmente si riesce a fare chiarezza su uno degli episodi più controversi degli ultimi anni: il mancato scambio di Chris Paul del 2011. L’occasione l’ha fornita colui che ha vietato quello scambio prendendosene tutte le “colpe”, vale a dire l’ex commissioner della NBA David Stern, ospite del podcast “Nunyo & Company” settimana scorsa. La storia è nota a tutti: al tempo la proprietà dei New Orleans Hornets era stata rilevata dalla NBA dopo che il proprietario George Shinn aveva rimesso la franchigia nelle mani della lega, cedendola per 300 milioni. In attesa di un nuovo compratore, David Stern dovette ricoprire il ruolo di proprietario degli Hornets, ritrovandosi con la patata bollente del mancato rinnovo di contratto di Chris Paul. La stella della squadra aveva già reso noto che non avrebbe esteso il suo accordo con la squadra, di fatto costringendo la squadra a cederlo per non perderlo in cambio di nulla in free agency. Il GM degli Hornets Dell Demps imbastì uno scambio a tre che avrebbe portato Paul ai Los Angeles Lakers, Pau Gasol agli Houston Rockets e Kevin Martin, Luis Scola, Lamar Odom, Goran Dragic e una prima scelta 2012 a New Orleans. Quello scambio venne però fermato da Stern per “basketball reasons”, ovverosia per ragionamenti tecnico-tattici su quanto fosse realmente favorevole per la squadra: secondo la valutazione di Stern, gli Hornets in quel modo avrebbero ricevuto un buon pacchetto per l’immediato ma senza programmare al meglio per il futuro (e per rendere la franchigia più appetibile per il nuovo proprietario). Nonostante l’evidente conflitto di interessi e il fatto che lo scambio venisse ritenuto quantomeno “equo” in giro per la lega viste le difficili condizioni, Stern decise comunque di vietare quello scambio: “È la stessa cosa successa quando Bud Seling divenne il responsabile per Montreal Expos [nel baseball, ndr] e Gary Bettman per i Phoenix Coyotes [nell’hockey, ndr]” ha commentato l’ex commissioner. “Non ho favorito nessuno, se non New Orleans”.

Il panico di Kupchak

La vera novità, però, è quanto rivelato da Stern su quanto successo dopo il primo rifiuto – e la colpa, almeno nella ricostruzione dell’avvocato newyorkese, è del GM dei Lakers Mitch Kupchak. “Nel corso del weekend pensavo davvero che potessimo rimettere in piedi lo scambio. Eravamo convinti, io e i miei collaboratori che ne capivano di più di pallacanestro, che Houston fosse pronta a cedere Kyle Lowry e avevamo uno scambio per Lamar Odom che ci avrebbe procurato una buona prima scelta al Draft. Ma Mitch Kupchak è andato nel panico e ha scambiato Odom con Dallas, perciò era venuto a mancare un pezzo fondamentale per lo scambio. Fu lì che crollò tutto: quello scambio non era più la cosa migliore per i New Orleans Hornets”. Paul venne poi scambiato con i Los Angeles Clippers in cambio di Eric Gordon, Chris Kaman, Al-Farouq Aminu e una prima scelta non protetta diventata poi Austin Rivers, ma soprattutto New Orleans si indebolì a tal punto (21-45 il record nell’anno del lockout) da guadagnarsi le palline necessarie alla Lottery per vincere la prima scelta, diventata Anthony Davis. Un’altra occasione che procurò enormi sospetti sulla lega (non c’è Lottery che non abbia la sua teoria cospirazionista), la quale riuscì a togliersi da quella spiacevole posizione cedendo la franchigia a Tom Benson, già proprietario dei Saints nel football NFL. Ora la squadra di New Orleans si chiama Pelicans, Anthony Davis ne è il giocatore franchigia e quantomeno può giocarsi i playoff tutti gli anni, mentre i Lakers dopo due apparizioni consecutive dopo il mancato scambio sono reduci dal peggior triennio della loro storia. Ma come sarebbe andata se Chris Paul fosse finito davvero a giocare per la sponda gialloviola di Los Angeles?