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NBA, Golden State nella storia: 14-0 ai playoff

NBA

Dario Vismara

Trascinati dalle prestazioni straordinarie di Curry e Durant, gli Warriors sono diventati la prima squadra di sempre a vincere 14 partite consecutive ai playoff. Per Cleveland una sconfitta scoraggiante, fiaccata dalla stanchezza e dalla profondità degli avversari

Forse l’immagine che meglio rappresenta cosa significa affrontare questi Golden State Warriors è il volto completamente stravolto dalla fatica di LeBron James già alla fine del terzo quarto. Nonostante una prestazione straordinaria da 29 punti, 11 rimbalzi e 14 assist — ottava tripla doppia della sua carriera alle Finals, raggiungendo Magic Johnson in cima a questa classifica —, King James e i suoi Cavaliers hanno comunque finito per perdere di 19 punti (132-113), con gli ultimi quattro minuti di gara di puro garbage time. Non è bastata la sua grandezza, non è bastato un impegno difensivo di squadra nettamente superiore rispetto a gara-1 e non è bastato nemmeno che gli Warriors perdessero 20 palloni contro i 9 di Cleveland. Non è bastato perché dall’altra parte c’è una squadra che sta riscrivendo la storia del gioco, vincendo la 14^ partita consecutiva ai playoff (superati proprio i Cavs, che con la sconfitta in gara-3 con Boston si erano fermati a 13) e rimanendo imbattuti in questa post-season, portandosi a due sole vittorie da un record immacolato di 16-0 che non ha precedenti nella NBA. I protagonisti, manco a dirlo, sono stati gli stessi di gara-1, Steph Curry e Kevin Durant: il due volte MVP ha chiuso la prima tripla doppia della sua carriera alle Finals (32 punti, 10 rimbalzi e 11 assist, prima volta nella storia delle finali che due avversari chiudono in tripla doppia) segnando 15 punti nel primo quarto e aggiungendone altri 12 nel terzo (tra cui due meravigliosi contro James), suggellando poi la sua grande partita con la tripla del massimo vantaggio sul +22; ancora meglio ha fatto “KD”, semplicemente irreale tanto in attacco (33 punti con 13/22 dal campo e 4/8 da tre, oltre a 6 assist) quanto soprattutto in difesa, giocando alcuni minuti anche da centro e chiudendo l’area con 13 rimbalzi, 5 stoppate e 3 recuperi. È stata una sua sequenza con stoppata su Kevin Love & canestro in contro-tempo a chiudere di fatto la partita, mandando gli Warriors sul 2-0 e il pubblico della Oracle Arena in delirio davanti ai 132 punti dei loro beniamini, il punteggio più alto in una partita di finale dal 1987.

Scoraggiante

Cleveland è riuscita a rimanere in partita molto meglio rispetto a gara-1, mantenendo la promessa di giocare con più fisicità, toccando tantissimi palloni (ben 28 deflections contro le 9 di Golden State), limitando i punti in transizione e gestendo decisamente meglio il pallone, pur accettando il ritmo altissimo (108 possessi, 31-30 nei punti in contropiede) che gli Warriors impongono sul loro campo di casa. Una scelta che almeno nel primo tempo li ha tenuti a contatto, grazie alle invenzioni di James (18 punti, tutti attaccando ossessivamente il ferro, e 10 assist all’intervallo) e la prolificità di un Kevin Love da 27 punti alla fine, nonostante un Kyrie Irving che a lungo ha faticato a entrare in partita chiudendo con 19 punti, ma con 8/23 al tiro e -17 di plus-minus. Peggio di lui a quota -18 hanno fatto solamente Tristan Thompson (8 punti e 4 rimbalzi in 21 minuti, solo due in attacco) e J.R. Smith (0 punti con 0/2 al tiro e 4 falli che lo hanno tolto dalla gara in meno di 14 minuti). Coach Tyronn Lue ha trovato risposte incoraggianti dalla panchina soprattutto da Iman Shumpert, utile con la sua energia (4 rimbalzi e 3 recuperi, uno sforzo che gli è costato un trattamento di flebo dopo la gara per reidratarsi) nonostante le brutte scelte (1/6 al tiro), e 15 punti dalla coppia Jefferson-Korver. Ma la coperta contro Golden State è rimasta inevitabilmente corta, specialmente nella metà campo offensiva (8/29 da tre punti di squadra, 2/11 della panchina) e in particolare quando James è andato a sedersi (-32.3 di Net Rating nei 9 minuti senza il Re, con 83.5 di rating offensivo). Per Cleveland è scoraggiante aver giocato una partita coraggiosa dal punto di vista della voglia e dell’applicazione ed essere comunque usciti dalla Oracle Arena con 120.5 punti su 100 possessi subiti — segno che per questo gruppo è davvero difficilissimo difendere contro questi Warriors anche al massimo della concentrazione. Un pessimo segnale in vista delle due partite di Cleveland, dove saranno necessarie delle imprese per rimettere in piedi la serie — al di là di quanto è riuscito lo scorso anno, ricordo felice a cui aggrapparsi per cominciare a volare in queste Finals.

Profondità e stanchezza

Un altro pessimo segnale per Cleveland è il fatto che Golden State è riuscita a resistere anche nei minuti giocati senza Draymond Green per problemi di falli (+3.5 di Net Rating in 23 minuti senza di lui), sbloccando una strutturazione con Durant da centro che ha spaccato in due le resistenze di Cleveland (+16 di Net Rating in 5 minuti, terzo quintetto più utilizzato della partita). Soprattutto, Klay Thompson è tornato ai livelli abituali al tiro — 22 punti con 8/12 dal campo e 4/7 da tre punti per il miglior plus-minus di squadra, +24 — e ovviamente non ha fatto mancare il solito contributo difensivo eccellente, entrando nella testa di Irving che non riesce a creare separazione contro di lui. Se a tutto questo aggiungiamo un Iguodala sempre più pimpante, 20 punti della coppia Livingston-Clark, un eccellente 18/43 dall’arco di squadra (record NBA), la vittoria nella lotta a rimbalzo per 53-41 e, soprattutto, la bellezza di 58 tiri contestati sui 100 tentati da Cleveland, ecco che gli Warriors si rivelano imbattibili anche in una serata da 20 palle perse. I padroni di casa hanno subito le penetrazioni di James (17 punti in contropiede e 20 in area sui 60 di squadra), ma con il passare della partita hanno sfruttato la superiore profondità del roster e la precisione al tiro (23/46 nelle conclusioni non contestate) per fiaccare la resistenza fisica dei Cavs, arrivati stanchissimi a fine gara dopo uno sforzo enorme solo per rimanere a contatto. È il prezzo da pagare quando si affronta una delle migliori squadre della storia del gioco, perché ormai non c’è più alcun dubbio che questi Golden State Warriors ne facciano già parte.