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Il riscatto di Anthony Randolph: “Adesso starei bene in NBA, vero?”

NBA
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Scelto alla numero 14 al Draft 2008 dai Golden State Warriors e scaricato cinque anni dopo, il lungo neo-campione d'Europa sembra pronto per una nuova opportunità in NBA: "I tre anni in Europa mi hanno reso un giocatore completo"

La Slovenia è la cenerentola del basket europeo, al primo oro nella sua storia conquistato dopo il successo 93-85 contro la Serbia, che una volta si chiamava Jugoslavia e comprendeva anche loro. Una rivincita storica e culturale legata in maniera indissolubile a un roster particolare e a suo modo unico, guidato da talenti cristallini come Goran Dragic e Luka Doncic. Tutti infatti hanno celebrato i canestri e le giocate del miglior back-court di Eurobasket 2017, così come hanno sottolineato la capacità delle riserve a disposizione di coach Kokoskov di farsi trovare pronte nel momento cruciale del torneo continentale. Con Doncic con una caviglia malconcia e Dragic fermato dai crampi, la Slovenia ha portato a casa la finale grazie ai canestri di Prepelic e dai rimbalzi di Vidmar, in quella che è stata la riscossa dei signor nessuno. A questo quadro riassuntivo però, manca una pennellata; quella data da Anthony Randolph, che  il passaporto sloveno se l’è messo in tasca soltanto il 23 giugno scorso, riscattando con un oro da coprotagonista una carriera in cui non era riuscito a dare una risposta convincente alle aspettative che in molti avevano riposto su di lui. Scelto nel 2008 alla numero 14 dai Golden State Warriors, lo sloveno-statunitense nato in Germania si era poi dimostrato molto più acerbo di quanto non fosse già messo in preventivo dalla franchigia di San Francisco. Troppo piccolo e poco robusto per giocare da quattro, indisciplinato e scarsamente equipaggiato tecnicamente per provare da tre; alla fine Randolph era presto finito in fondo alla panchina e alla rotazione, per poi essere scaricato e spedito da una parte all’altra degli States in un ping-pong di certo non figlio del desiderio d’averlo. Da San Francisco a New York, da Minneapolis a Denver per poi arrivare a Orlando: cinque anni e quattro scambi dopo, il lungo figlio di un militare statunitense è finito definitivamente fuori dalla NBA.  

La rinascita in Europa e il possibile ritorno

“Appena sono arrivato in Russia, mi hanno buttato giù dal piedistallo sul quale mi ero accomodato – commenta Randolph, raccontando dei suoi primi mesi al Lokomotiv Kuban -. Sono stato costretto a ritornare alle origini; è stata un’esperienza diversa e necessaria. Mi ha aiutato a capire quali fossero le ragioni per cui avevo iniziato a giocare a basket”. Una doccia fredda che rimette in piedi un giocatore che a 25 anni sembrava già finito. Invece i due anni in Russia sono la svolta: il lungo sloveno passa dalle due triple realizzate in totale in cinque anni di NBA alle 139 a bersaglio (su 400 tentativi) nei tre anni trascorsi in Europa. Attorno a lui poi cambia anche il modo di concepire il basket: i suoi 211 centimetri uniti alla sua mobilità diventano magicamente una risorsa di cui le squadre di mezzo mondo vanno alla ricerca. “Adesso sono perfetto per la NBA, vero?”, commenta sorridente pensando a come e quanto siano cambiate le cose negli ultimi mesi. “Penso che lui possa giocare in NBA”, ha sottolineato anche Dragic, che nella Lega è entrato nello stesso anno di Randolph, con risultati profondamente diversi. “Può stare in campo in differenti posizioni – da 3, da 4 o da 5 -, e di volta in volta permette di avere un assetto differente: volare al ferro a schiacciare, correre in contropiede, allargare il campo o tenere botta contro avversari più pesanti di lui. È un giocatore completo”. Un’investitura non da poco, che non confonde le idee a Randolph: “Non voglio tornare in NBA solo per avere la soddisfazione di dire ‘Sono tornato’; sento che potrebbe essere una scelta legata all’idea di potermi sentire utile su un palcoscenico del genere, avendo anche delle concrete opportunità di giocare. Non voglio tornare a tutti i costi e poi sedermi in panchina. Voglio giocare”. Il suo contratto con il Real Madrid in fondo gli lascia la possibilità di uscire in caso di chiamata NBA. A 28 anni finalmente sembra essere arrivato il suo momento.