L'azzurro entra da protagonista in un gruppo in formazione, che attorno alla coppia Griffin-Jordan cerca di trovare nuovi equilibri e raggiungere l'obiettivo sempre fallito negli ultimi anni: la finale di conference a Ovest. Tutt'altro che facile
Dopo sei lunghe stagioni e altrettante apparizioni ai playoff, più di 400 partite di stagione regolare, due titoli della Pacific Division ma neppure un’apparizione in finale di conference, i Clippers non sono più la squadra di Chris Paul. Un divorzio che gioco forza cambia tutto negli equilibri della squadra di coach Rivers (non più plenipotenziario, al suo fianco ora un nuovo GM, Michael Winger), anche perché da Houston in cambio della point guard All-Star sono arrivati almeno quattro giocatori da rotazione, tra quintetto (Patrick Beverley) e panchina (Lou Williams, Sam Dekker, Montrezl Harrell). Neppure le uniche novità a Los Angeles, anzi. In città è arrivata anche una cospicua iniezione di DNA europeo, che ha i volti molto noti del nostro Danilo Gallinari e di Milos Teodosic, finalmente convintosi ad abbandonare luci e riflettori dei palcoscenici di Eurolega per portare oltreoceano le sue incredibili visioni di pallacanestro offensiva. “Non so dire se saremo più forti o più deboli dello scorso anno – le parole del proprietario Steve Ballmer – perché siamo diversi: più giovani, più atletici, più lunghi”. Alcune di queste caratteristiche sono quelle su cui vuole puntare Doc Rivers per modificare lo stile di gioco dei nuovi Clippers, tenendo un ritmo più alto, generando più possessi, più giochi di flusso. “Ma dobbiamo anche essere una squadra fisica”, ammonisce, e qui il compito cadrà sulle spalle dei due leader del gruppo, Blake Griffin e DeAndre Jordan, chiamati a fare un passo avanti ora che Paul non è più con loro. Coach Rivers dovrà trovare in fretta gli equilibri necessari a far funzionare una squadra rivoluzionata, che presenta due novità in quintetto (Beverley in regia, Gallo in ala piccola) e i primi cambi in rotazione al debutto in maglia Clippers (Teodosic-Williams-Dekker-Harrell più Willie Reed, da Miami).
RECORD 2016-17: 51-31 (2° Pacific Division, 4° Western Conference)
PLAYOFF: eliminati al primo turno
(3-4 vs. Utah Jazz)
OVER/UNDER 2017-18: 43.5 (12°)
Roster
PATRICK BEVERLEY | Milos Teodosic, Jawun Evans
AUSTIN RIVERS | Lou Williams, Sindarius Thornwell
DANILO GALLINARI | Sam Dekker, Wesley Johnson
BLAKE GRIFFIN | Montrezl Harrell, Brice Johnson
DEANDRE JORDAN | Willie Reed
ALLENATORE: Doc Rivers
GM: Michael Winger
Tre domande per raccontare la prossima stagione
Blake Griffin e DeAndre Jordan sono pronti a recitare da leader?
Adesso tocca a loro, nessuna scusa. Blake Griffin inizia la sua nona stagione in maglia Clippers (l’ottava in campo, dopo aver saltato l’annata di debutto) e lo fa dopo aver firmato in estate un nuovo contratto da 5 anni per 173 milioni di dollari, che se possibile aumenta ulteriormente la pressione sulle sue spalle. Con quello che va a iniziare, invece, sono addirittura 10 i campionati di DeAndre Jordan a L.A., dato che lo rende il giocatore con la più lunga militanza di sempre nella storia dei Clippers. In questo tempo speso assieme in campo hanno senza dubbio sviluppato un’ottima intesa (soprattutto offensiva, il loro gioco alto-basso non ha eguali nella lega) ed essendo entrambi lunghi dalle ottime doti atletiche un ritmo di gioco più rapido e dinamico potrebbe regalar loro conclusioni facili ad alte percentuali. Ma il punto interrogativo è altrove, è su quegli intangibles che vanno sotto il nome di leadership, categoria nella quale né Griffin (la rissa col magazziniere l’ultimo esempio) né Jordan (mai un esempio di maturità fuori dal campo) hanno finora dimostrato di poter dare le sufficienti garanzie.
Che Danilo Gallinari possiamo aspettarci?
Un giocatore alla soglia dei 30 anni, nel pieno della sua maturità (quel pugno estivo va dimenticato…) e con addosso una gran voglia di rivincita (proprio per il rimpianto legato a EuroBasket). Versatilità e centimetri sono le doti che porta in dote più preziose secondo Rivers, che vuole giocare con quintetti diversi e – sull’esempio degli Warriors – amerebbe ritrovarsi in vantaggio fisico nei matchup ruolo-per-ruolo con gli avversari. In ala piccola un giocatore di 2.08 con il talento di Gallinari assicura tutto questo, anche se poi difensivamente non sarà facile per lui accoppiarsi con avversari più veloci ed esplosivi. Ecco perché spesso reciterà anche da 4 al fianco di Griffin o Jordan, abbassando ulteriormente il quintetto di L.A.. La scorsa stagione ha confermato la capacità dell'azzuro di guadagnarsi punti gratis in lunetta (5.5 sui 18.2 messi a referto ogni sera), un aspetto del gioco a volte sottovalutato e che vede solo Jimmy Butler e James Harden davanti a lui se si calcola la percentuale della propria produzione offensiva generata dalla linea del tiro libero. L'ennesima freccia al suo arco, l'ennesimo motivo per cui coach Rivers a Gallinari chiederà molto, anche in uno spogliatoio a caccia di padroni o quanto meno di voci forti capaci di imporsi e farsi ascoltare. Non sempre la specialità della casa fin qui, né a New York né a Denver.
Il fattore X Milos Teodosic: quale impatto può avere?
Sono bastati un passaggio bowling tutto campo e un’imbeccata dietro la schiena nelle prime gare prestagionali e l’America di colpo sembra aver scoperto le grandi doti di passatore dell’ex CSKA. Se è così, non ci siamo. L’impatto del serbo va valutato molto più in profondità, dando per scontato (e questo non vuol dire sottovalutare) le visionarie doti di passatore e la maestria nel gestire un attacco mettendo in ritmo tutti i suoi compagni. Poi però c’è anche la metà campo difensiva, motivo per cui Rivers dovrebbe preferirgli Beverley almeno a inizio stagione nel ruolo di point guard titolare. Una soluzione forse ideale, per permettere a Teodosic di adattarsi senza troppe pressioni alla nuova realtà e anche per mettere tutto il suo talento a disposizione di una second unit ovviamente con meno potenziale di fuoco.
Obiettivi
Non è difficile individuarli, visto che uno dei rimproveri mossi più o meno apertamente a Chris Paul (e alla squadra tutta, nei sei anni del suo regno) è stato quello di non aver mai raggiunto una finale di conference. Questo vuol dire affermarsi come seconda forza a Ovest (considerando per ovvi motivi Golden State al primo posto) e quindi davant alle Oklahoma City e Houston (ironia della sorte...) di turno. Più probabile puntare a un posto nelle prime quattro a Ovest per garantirsi il fattore campo al primo turno e poi sperare che in primavera, per una volta, le cose girino meglio.