La notizia è arrivata alla vigilia del match di preseason che riporterà Allen nella sua Memphis: “Ha definito e rappresentato al meglio l’identità della nostra città”
Questa sera le dodici partite di preseason previste in calendario chiuderanno la fase di preparazione alla regular season NBA. Un match però ha già conquistato di diritto l’attenzione di buona parte osservatori (e non per ragioni tecniche): i New Orleans Pelicans di Tony Allen infatti faranno visita ai Grizzlies al Fedex Forum di Memphis e per l’occasione la squadra del Tennessee ha reso nota l’intenzione di voler ritirare la maglia numero 9 appartenuta per sette anni ad Allen. “Tony è stato una delle forze dominanti e trascinanti che hanno portato la squadra a collezionare sette apparizioni consecutive ai playoff – racconta il presidente Robert Pera -, diventando inoltre una delle figure più amate da tutta la comunità. Tony ha sempre giocato con un livello di intensità e passione senza eguali; è stato un fattore decisivo nel rendere i Grizzlies una squadra che hanno fatto della durezza mentale e della tecnica il loro credo”. Una notizia che ha colto di sorpresa il diretto interessato mentre si stava allenando in palestra con i Pelicans. L’emozione era evidente sul suo volto, figlia di un ricongiungimento dopo che in estate a Memphis aveva preferito rinunciare al 35enne, lasciando a New Orleans l’opportunità di accaparrarselo per soli 2.3 milioni di dollari: “Per me è stata sempre una questione di voglia e di capacità di giocare con la giusta intensità, provando a vincere in ogni situazione a prescindere dal contesto e dall'avversario. Il mio solo obiettivo è quello di essere ricordato come uno dei migliori difensori nella storia del Gioco”. Il cappuccio è calato sulla testa, ma non copre un volto che trattiene a fatica le lacrime. Con la voce rotta dall’emozione prosegue: “Voglio solo dire grazie a Memphis, grazie. Sono grato a loro per avermi dato l’opportunità di giocare”. A quel punto l’occhio è troppo lucido e un pianto davanti le telecamere non è di certo una scena prevista dal suo personaggio. “Questo è tutto”.
Il simbolo del Grit&Grind
Alle polemiche avanzate da alcuni sulla sua presunta inadeguatezza a ricoprire il ruolo di “stella con la maglia ritirata”, in molti non possono che non riconoscergli il merito più grande che i suoi tifosi gli hanno sempre riconosciuto: quello di aver letteralmente definito l’identità di una città, dando poi seguito con i fatti alle sue parole. “All heart. Grit. Grind": quattro parole entrate nell’immaginario di un’intera comunità, pronunciate al termine di un match contro i Thunder in cui Rudy Gay aveva preferito non giocare a causa di un problemino a un dito del piede e Tony Allen si era sobbarcato il compito di marcare Durant per tutto il match, mettendo a referto a tempo perso 28 punti e 11 rimbalzi. Un passaggio cruciale nella storia dei Grizzlies, travolti da quella scarica di adrenalina e da quel marchio involontario che Allen appose sulla squadra in quella serata del marzo 2011. “Tony per noi sarà per sempre uno dei magnifici quattro che hanno permesso a questa franchigia di cambiare il proprio volto e la propria storia – racconta il GM Chris Wallace -. Non ci sarebbero mai state tutte quelle stagioni vincente, quell’elettricità nell’aria del Fedex Forum e una così radicata convinzione nel “Grit and Grind” senza la presenza di Allen sul parquet. Col tempo è diventato molto di più che semplicemente il miglior difensore della NBA: è diventato un vero e proprio personaggio di culto per la città, legato a filo doppio con l’anima della città come pochissimi altri atleti sono riusciti a fare nello sport. Tony e la sua famiglia ci mancheranno tanto, ma il suo impatto sulla franchigia e sulla comunità resterà indimenticabile”.