Serata dai pronostici inaspettati: Golden State perde la sfida contro Memphis e la testa nel finale (espulsi Curry e Durant), i Cavaliers vengono travolti in casa dai Magic, OKC insegue per 48 minuti Utah senza riuscire mai a essere in partita
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Memphis Grizzlies-Golden State Warriors 111-101
IL TABELLINO
Nella notte in cui perdono le grandi, a rallentare in questo avvio incespicante sono nuovamente i Golden State Warriors, che non avevano di certo convinto nelle prime due uscite e che perdono ancora, stavolta in trasferta contro i Grizzlies. Memphis non è mai stata una squadra facile da digerire per i campioni NBA, travolti lo scorso anno in casa dalla squadra del Tennessee che rimontò ben 24 punti e vinse all’overtime una partita incredibile alla Oracle Arena. Un ko dall’effetto benefico che coach Steve Kerr spera di replicare anche quest’anno, nonostante le scorie e il nervosismo siano evidenti in casa Warriors, come dimostrato dall’espulsione comminata nell’ultimo minuto di gioco a Steph Curry e Kevin Durant. Sessantasei i punti messi a referto dal duo, prima di essere spediti con relativo anticipo negli spogliatoi; tanti, ma non abbastanza per riacciuffare Memphis che sin dal secondo quarto ha fatto comodamente gara di testa. È la terza frazione però, il punto di svolta del match: Golden State tira 6/22 dal campo e i Grizzlies hanno gioco facile a volare ben oltre la doppia cifra di vantaggio, trascinati dai 34 punti e 14 rimbalzi (nonostante le 7 palle perse) di Marc Gasol, decisivo nei 36 minuti trascorsi sul parquet. “Se riesci a fermarli in difesa, diventa molto più facile correre dall’altra parte e riuscire a fare male in attacco”, racconta il centro catalano, consapevole del fatto che la squadra quest’anno stia provando a giocare a un ritmo più sostenuto. “Parte sempre tutto dalla difesa; se riusciamo a sigillare il nostro canestro, si aprono poi delle praterie nell’altra metà campo”. Non sempre però è facile mettere sotto scacco Golden State, ma Memphis ha saputo approfittarne: gli Warriors infatti hanno messo a referto soltanto 20 assist, la terza volta che accade dall’inizio della passata regular season. Non un dato su cui pensare di poter fare l’abitudine; le altre sono avvisate.
Cleveland Cavaliers – Orlando Magic 93-114
IL TABELLINO
Due vittorie nelle prime due gare erano comunque arrivate, ma in pochi avevano trovato dei segnali positivi (oltre il punteggio finale raccolto) nelle prestazioni dei Cleveland Cavaliers. Certo, LeBron James è sempre pronto come un supereroe a palesarsi nel momento del bisogno per redimere con la sua forza le pecche e gli errori dei suoi compagni, ma i Cavs in realtà erano parsi a molti ancora un cantiere in via di costruzione. E l’intervento del numero 23, non sempre può bastare, anche contro un avversario sulla carta molto abbordabile. Nel primo quarto della sfida contro gli Orlando Magic infatti, James ha messo a referto ben 14 punti, restando in campo tutti e 12 i minuti e tirando con un convincente 6/8 dal campo. Ci si aspetterebbe dunque un +10 al primo intervallo in favore dei vice-campioni NBA, invece era Orlando a guidare il match con ben 18 lunghezze di margine: 36-18, un parziale che ha segnato in maniera definitiva una sfida in cui Cleveland è riuscita a riportarsi al massimo sul -7 nel terzo quarto, prima di essere travolta da un 12-0 di parziale che ha mandato i titoli di coda in una sfida in cui gli ospiti, nonostante le assenze di Aaron Gordon e Elfrid Payton, hanno mandato ben sei giocatori in doppia cifra, guidati dai 23 punti, 7 rimbalzi e 5 assist di Nikola Vucevic. I Magic sono tornati così al successo contro i Cavaliers dopo quasi cinque anni e soprattutto dopo aver incassato ben 17 sconfitte consecutive. Sì, non sempre avere un supereroe in squadra può bastare.
Utah Jazz – Oklahoma City Thunder 96-87
IL TABELLINO
Le sfide tra Thunder e Jazz riportano alla mente le ripetute prestazioni da record con cui Russell Westbrook ha condotto alla vittoria la squadra dell’Oklahoma contro i mormoni nella passata stagione. Stavolta però l’MVP in carica è andato ha tentato invano di prendere a cornate una difesa che non gli ha concesso di andare oltre un pessimo 2/11 al tiro, in una serata da 6 punti e un eloquente -18 di plus/minus (il peggiore dei suoi), nonostante i 13 rimbalzi e i 9 assist. George e Anthony hanno sicuramente fatto meglio in quanto a realizzazione (rispettivamente 22 e 26 punti), ma non sono riusciti a riportare avanti OKC dopo che i Jazz hanno segnato il canestro del 13-12 a metà primo quarto. Una lunga cavalcata quella dei padroni di casa, guidati da un Rudy Gobert con una doppia doppia da 16 punti; gli stessi messi a referto da Ricky Rubio. "Giocare contro tre campioni di quel livello è molto difficile, soprattutto perché da quel mix a livello difensivo non sai bene come rallentarli", racconta Joe Ingles a fine gara. "Noi abbiamo semplicemente provato a contestare ogni loro conclusione. È andata bene".