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NBA, Blake Griffin e il tiro da 3: l'evoluzione del lungo moderno

NBA

Dario Vismara

La stella dei Clippers è solo l'ultimo lungo che ha iniziato a tirare da lontano con grande profitto: scopriamo come è migliorato e quali sono i migliori in questo inizio di stagione

La parola d’ordine nella pallacanestro del 2017 è versatilità: i giocatori devono essere in grado di fare il maggior numero di cose su entrambe le metà campo, a volte imparando anche ad andare contro i propri istinti. E per questo anche i lunghi hanno dovuto adattare il proprio gioco ai dettami del basket moderno: secondo una statistica colta dal New York Times, in questo inizio di stagione i giocatori sopra i 213 centimetri della NBA hanno tentato quasi il 25% delle loro conclusioni oltre la linea dei tre punti. È un numero enorme, quasi impensabile fino a pochi anni fa – nel 2000-01 erano meno dell’1%, lo scorso anno appena sotto il 15% – ma che ben rappresenta una tendenza ben consolidata nelle ultime stagioni. I lunghi della NBA, per sopravvivere, devono imparare a giocare anche lontano da canestro, ampliando lo spettro di soluzioni non solo per se stessi, ma anche per i propri compagni – favoriti dalle migliori spaziature in campo per trovare maggiori aperture da attaccare o meno corpi per andare a rimbalzo offensivo. Tra i giocatori di questo tipo che si sono maggiormente distinti in queste prime settimane di regular season c’è certamente Blake Griffi. Nato come “uno che sa solo schiacciare” (il 73% dei suoi tiri nell’anno da rookie arrivava entro 3 metri e di giocate da highlights ne regalava a manciate ogni partita), il numero 32 degli L.A. Clippers nel corso della sua carriera ha progressivamente ampliato il suo raggio di pericolosità aggiungendo il tiro dalla media distanza alla sua faretra offensiva, che oltre all’atletismo contava già su doti di passaggio tutt’altro che banali. Quest’anno la grande differenza è che ha quasi del tutto eliminato i cosiddetti “long twos” (mai così pochi tentati in carriera) in favore dei tiri dalla lunga distanza – e i risultati si vedono, eccome. Griffin tenta la bellezza di 5.9 triple a partita e le sta realizzando con il 41.4% (12/29), decidendo già una partita – quella sul campo di Portland – con una difficilissima conclusione in movimento dopo che era saltato il piano iniziale di attaccare l’area disegnato da coach Rivers. Un tiro che sarebbe difficile per un tiratore “naturale”, figuriamoci per uno costruito in palestra con ore e ore di lavoro come Blake. Se i risultati sono questi, però, c’è poco di cui lamentarsi: L.A. ha iniziato la stagione con quattro vittorie consecutive prima di perdere contro Detroit, e anche se il calendario ha dato una mano, di sicuro l’evoluzione di Griffin – 13° miglior realizzatore NBA con 24.8 punti a partita, a cui aggiunge 9.8 rimbalzi e 4.4 assist – è stato uno dei motivi per questo grande inizio di stagione. E anche se queste cifre non saranno sostenibili per tutta una stagione, è interessante notare come l’evoluzione di una stella della lega non finisca nemmeno all’ottavo anno nella NBA.

L’evoluzione del lungo tiratore

Griffin però non è l’unico lungo ad aver cambiato le proprie abitudini in campo. Facendo una ricerca su quanto tirano da tre i giocatori sopra i 210 centimetri d’altezza, si trovano nomi insospettabili: al primo posto per tentativi c’è ovviamente uno specialista come Ryan Anderson (7.8 triple tentate a partita), le cui doti di tiro sono amplificate dal sistema di Mike D’Antoni, ma già al secondo si trova un centro come DeMarcus Cousins (7.3 a gara, tante quante Paul George) e al terzo un rookie senza alcuna paura di farla andare come Lauri Markkanen (7.2, peraltro realizzandole quasi col 42%). Appena prima di Griffin si trova un altro “6-foot-10” come il nostro Danilo Gallinari (che ha iniziato male la stagione al tiro dalla lunga distanza, realizzandone meno del 26%), ma scorrendo la lista è notevole il nono posto di Nikola Vucevic, uno che ha sempre avuto la mano ma mai si era spinto così tanto lontano dal canestro (40% secco su 5 triple a gara, ne aveva provate solo 26 nei primi cinque anni di carriera). Persino lunghi tradizionali che-più-tradizionali-non-si-può come Timofey Mozgov, Dewayne Dedmon e Robin Lopez ormai tentano più di una tripla a partita, giusto per vedere se è qualcosa che vale la pena esplorare più in profondità. Per sopravvivere nella NBA del 2017, bisogna imparare a essere il più versatili possibile.