Non è la prima superstar NBA a ricorrere ai consigli di Kobe Bryant: lo hanno fatto in passato Kyrie Irving e Russell Westbrook, Isaiah Thomas e Gordon Hayward. Alle prese con un infortunio alla mano con cui tira, anche Steph Curry ha bussato alla porta del “Black Mamba”
Il colpo alla sua mano destra, quella con cui tira, Steph Curry lo ha rimediato gettandosi su una palla vagante contro New Orleans nella gara di sabato scorso ma solo il giorno dopo, al risveglio, ha capito che il danno era maggiore di quanto pensato. La mano si era gonfiata notevolmente, tanto da consigliare Steve Kerr e lo staff medico degli Warriors alla prudenza: una gara fuori contro Sacramento (persa) e recupero senza affrettare i tempi solo per la partita dopo, contro i Lakers. Prima della quale, però, Steph Curry ha voluto sentire anche un’opinione esterna, di uno che di infortuni ne ha subiti parecchie (anche alla mano di tiro) e che dai guai fisici non è mai stato più di tanto limitato: “Si può giocare con questo tipo di infortunio, basta fasciarlo e usare un minimo di imbottitura. Però è vero che è uno degli infortuni più dolorosi che ho dovuto sopportare in carriera – le parole di Bryant rivolte al n°30 degli Warriors – e uno non guarisce troppo velocemente”. Il parere della leggenda gialloviola era particolarmente significativo per Curry, visto gli infortuni similari subiti dal “Black Mamba” durante la sua carriera: prima nella stagione 2008-09, all’anulare della mano destra, slogatosi in una partita contro Cleveland il 19 gennaio 2009 nel tentativo di rubare palla a LeBron James; e poi ancora a febbraio 2016, a poche gare dal suo ritiro definitivo, quando una brutta botta rimediata al suo dito medio (sempre della mano destra) richiese un tempestivo quanto doloroso intervento dello storico trainer dei Lakers Gary Vitti per permettergli di restare in campo.
Dott. Bryant riceve su appuntamento (telefonico)
Utili per Curry le parole di Bryant che però ovviamente non modificano neppure un po’ il dolore che la point guard degli Warriors sente alla sua mano destra: “Fa male, non lo nascondo, ma altri giocatori in passato hanno giocato su infortuni anche più gravi. Se posso scendere in campo e non pensar troppo al dolore, continuerò a farlo. Ovviamente essendo la mano con cui tiro dovrò fare in modo di adattarmi, perché non sono abituato a giocare né con del nastro né con delle fasciature. Andrà meglio col tempo”, l’opinione di Curry. Miglioramenti che in realtà sono stati già visibili anche all’interno della gara stessa contro i Lakers, iniziata male sbagliando ben 8 dei primi 12 tiri presi – compresi non uno ma ben tre airball, qualcosa di inaudito per un tiratore come lui. Poi però, al via del supplementare, sono state due sue triple consecutive a lanciare il parziale vincente degli Warriors, e Curry ha chiuso l’overtime con 13 dei suoi 28 punti di serata. Una prestazione “alla Kobe Bryant”, verrebbe da dire, forse ispirata proprio dai consigli del “Black Mamba”, che da quando ha scelto di dire addio ai parquet sembra essere diventato il consigliere preferito per moltissimi giocatori NBA, un ruolo a metà tra quello del fratello maggiore e quello del dottore (spesso psicologo) cui rivolgersi per ogni evenienza. Prima di Curry, infatti, era stato Isaiah Thomas, durante gli scorsi playoff, a chiedere consulenza a Bryant per affrontare al meglio le gare più importanti della stagione e proprio in quell’occasione l’ex n°8/24 dei Lakers aveva raccontato di come chiunque fosse libero di chiamarlo per ottenere ogni tipo di parere, “come già regolarmente accade – aveva aggiunto - con Kyrie Irving, con Russell Westbrook e James Harden o con Gordon Hayward [al tempo ancora ai Jazz, ndr]”. E proprio l’ex stella di Utah passata in estate a Boston aveva ricevuto proprio da Bryant parole di incoraggiamento dopo il brutto infortunio di inizio stagione, a confermare il suo ruolo di consigliere massimo della NBA. Come conferma anche l’ultima telefonata ricevuta da Steph Curry.