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NBA, Thunder a caccia di risposte: “Basta dire che miglioreremo, dobbiamo passare ai fatti”

NBA

La sconfitta contro gli Hornets oltre a essere inspiegabile, segna il limite oltre il quale i Thunder sentono di non poter andare: fuori dalla zona playoff e senza un gruppo che funziona, per OKC la regular season inizia a essere in salita

La schiacciata del 66-66 firmata a metà terzo quarto da Russell Westbrook, oltre a essere la più bella della notte, aveva tutti i connotati per diventare il turning point della gara. Era chiaro che una giocata di quel livello, fatta a quella velocità e con quella intensità/rabbia fosse il viatico migliore per cambiare l’inerzia del match. E così è stato, in favore degli Hornets però. Charlotte infatti da lì in poi ha piazzato un parziale da 22-2 apparentemente senza fare grossa fatica, conquistando così soltanto il secondo successo in trasferta in due mesi e gettando nella frustrazione più totale lo spogliatoio dei Thunder: “Per il talento di cui disponiamo in squadra, ovviamente quella che ricopriamo adesso non è la posizione che dovremmo occupare”, commenta stizzito Paul George. “Ma dobbiamo fare di tutto per mantenere l’ottimismo sia in vista di quello che possiamo fare in futuro che per quelle che sono le nostre potenzialità. Dobbiamo trovare il modo di evitare questi continui cambi di intensità, di accendi e spegni vertiginosi nel giro di pochi giorni. Il nostro gioco è in crescita, ma stiamo arrivando a un punto in cui non è più ammissibile per noi stessi ritrovarsi con così tante sconfitte sul groppone. Possiamo dire che troveremo il modo di venirne fuori, che tutto si risolverà. Ma a un certo punto bisogna passare ai fatti”. Dopo aver iniziato la stagione con il record 0-9 nelle partite decise da otto o meno punti, OKC sembrava aver dato una svolta per quel che riguardava il rendimento nei finali combattuti: quattro degli ultimi cinque successi dei Thunder erano arrivati con due o meno possessi di margine. Questa scoppola presa in pieno volto dagli Hornets però ha rimesso tutto in discussione. “È compito nostro cambiare le cose, trovare la quadra e iniziare a vincere. Tocca noi trovare continuità ogni notte”, racconta Westbrook, l’ultimo a mollare in una partita chiusa con 30 punti e 7 assist a referto. La sue doti di trascinatore e agonista evidentemente non bastano.

"Serve tempo", ma il limite massimo si avvicina

Terminato il breve confronto negli spogliatoi nel post-partita con la squadra, coach Donovan è stato subito preso dall’assalto dalle domande dei cronisti. L’allenatore dei Thunder ha provato a rendere meno pesante il fardello portato dalla sconfitta: “Per quanto possa sembrare assurdo sentirmi pronunciare adesso queste parole, ci tengo a sottolineare che io sono entusiasta del modo in cui abbiamo attaccato ed eseguito questa sera. Non sto scherzando. Penso che abbiamo generato e costruito degli ottimi tiri, ma non siamo stati molto ispirati e bravi nel trovare il fondo della retina. Le intenzioni e le mie indicazioni sono state rispettate – soprattutto nella condivisione del pallone -, sono molto fiducioso guardando questi segnali”. Far finta di non vedere gli altri però, potrebbe essere problematico. Mentre Donovan pronunciava queste parole dal palco della conferenza stampa infatti, Carmelo Anthony prendeva in anticipo la strada di casa, uscendo dallo spogliatoio (chiuso all’accesso dei media), senza sottoporsi alla sessione con i giornalisti assiepati all’esterno. Una scelta non giustificata dalla dirigenza e contro le regole previste dalla NBA. A preoccupare però è soprattutto il solito crollo a inizio ripresa: i Thunder vanno sotto di 9.9 punti su 100 possessi nei terzi quarti. “Ogni volta rientriamo nel secondo tempo con un modo di giocare completamente diverso rispetto a quanto fatto nei primi 24 minuti – commenta George -. Non riusciamo a mantenere continuità nell’arco di tutta la gara, questo è un enorme segno di immaturità”. La chimica deve oggettivamente ancora essere trovata: “La gente continua a guardare al singolo, alla prestazione individuale e ai punti a referto, senza rendersi conto che costruire una squadra vuol dire riuscire a mettere insieme tante altre cose – chiosa Donovan -, Tutti dimenticano che metà del nostro roster è cambiato: questo presuppone che si costruiscano delle basi di comunicazione e comprensione totalmente nuove. Serve tempo per riuscirci”. Considerando però l’incedere inesorabile delle lancette che avvicinano OKC alla scadenza dei contratti dei tanti big, bisognerà valutare con attenzione quanto ne resta a disposizione.