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NBA, James e la carriera di Bryant: “Anche chi cambia squadra mantiene la sua grandezza”

NBA

Il numero 23 dei Cavaliers è tornato sulla cerimonia dello Staples Center, scherzando sulle sue future maglie ritirate ("Saranno in due arene diverse") e sottolineando come restare fedeli sempre alla stessa squadra è un caso più unico che raro in una carriera ventennale

Anche LeBron avrà un giorno due maglie ritirate con due numeri diversi e lo stesso nome scritto sul retro, proprio come Kobe Bryant e come altre grandi leggende del passato. “Ma in due arene e possibilmente in due momenti diversi”, sorride il diretto interessato, a margine della partita persa dai suoi Cavaliers a Milwaukee. Quello della cerimonia del campione dei Lakers (che James ha raccontato di aver seguito con enorme rispetto e trasporto in TV) è il pretesto per affrontare un discorso di cui in tanti spesso chiedono conto al numero 23 dei Cavaliers: la grandezza dei giocatori che riescono a coronare la propria carriera vestendo sempre la stessa maglia. Il peccato originale della carriera di James, frutto di quella "The Decision" che ha definitivamente spaccato la critica ogni volta che si misura a parole la grandezza, i trionfi e le sconfitte di LBJ. Tutti i giocatori simbolo legati a una sola squadra hanno concluso le loro carriere ormai tanti anni fa (per questo la storia di Bryant, di Duncan e in futuro di Nowitzki assumono contorni per certi versi ancora più impressionanti), ponendo fine a un percorso che in realtà a causa degli infortuni o di altre ragioni è stato spesso molto più breve di quella di James (Magic Johnson e la questione HIV, ad esempio). Il giocatore dei Cavs che il prossimo 30 dicembre compirà 33 anni è nel pieno della sua carriera, nonostante i 15 anni NBA alle spalle, e ha già disputato più stagioni di Larry Bird (13 quelle della leggenda dei Celtics) o di Isiah Thomas (anche lui 13 con i Pistons), giusto per citarne un paio. La longevità spesso può essere una delle ragioni per le quali, a lungo andare, si preferisce cambiare aria: “Se sei fortunato e pensi che le cose riescano ad andare per il meglio giocando sempre per la stessa squadra, non cambiare mai è la scelta migliore. Ma è una rarità, non è una situazione comune a molti”.

Il caso Shaq: campione con squadre diverse

La convinzione di James è che aver inciso sul destino di più franchigie non scalfisce di certo la grandezza delle sue imprese: “Sono cresciuto con la convinzione che non avrei mai visto Michael Jordan indossare una maglia diversa da quella dei Bulls. Nessuno si sarebbe immaginato agli inizi della mia carriera che io avrei cambiato squadra. Ma poi è successo che Michael Jordan, Joe Montana, Jerry Rice, Emmitt Smith, Deion Sanders e tanti altri giganti dello sport hanno giocato anche da altre parti. Davvero qualcuno si sarebbe mai lontanamente sognato di vedere Jordan indossare dei colori diversi dal rosso e nero?”. Nel caso di MJ però, la questione è quantomeno secondaria, visto che la grandezza del personaggio Jordan è nata, vissuta e diventata immortale indossando la maglia della squadra nell’Illinois. LeBron invece è stato grande e vincente sia a Miami che a Cleveland. L’esempio perfetto per spiegare il concetto è Shaquille O’Neal: durante la sua avventura nella lega, Shaq ha lasciato un segno indelebile ai Magic, ai Lakers e anche agli Heat. Un cambio di scenario che non scalfisce certo la sua grandezza, anche se poi negli ultimi anni ha iniziato a girovagare tra Phoenix, Boston e Cleveland, rendendo il suo tour un po’ troppo lungo. Almeno dal punto di vista di James: “Se la situazione sfugge dal tuo controllo, non puoi diventare come Jim Jackson. Avrà giocato in 14 o 16 squadre diverse [12 in realtà, ndr], ma ognuno percorre una strada diversa per raggiungere il successo. Non sai mai cosa può accadere”.