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NBA, ancora Curry: un canestro di Steph a 3 secondi dalla fine affonda Dallas

NBA

Per la terza volta in carriera il n°30 di Golden State condanna i Mavericks alla sconfitta con un canestro nei secondi finali. Per gli Warriors è la quindicesima vittoria nelle ultime 17 gare, figlia della grande prestazione delle proprie superstar: Curry, Durant, Thompson e Green combinano per 100 punti

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Dallas Mavericks-Golden State Warriors 122-125

TABELLINO

Era già successo una prima volta nel dicembre 2013 e poi ancora ad aprile 2014. Punteggio in parità tra Golden State Warriors e Dallas Mavericks e canestro decisivo di Steph Curry. Contro Monta Ellis, da due punti, la prima volta (95-93 Warriors), contro José Calderon, sempre da due, la seconda (122-120). Come si dice? Non c’è due senza tre, e se ne sono accorti i Mavericks, ormai abbonati nel vedere il n°30 di Golden State spaccargli il cuore incontro dopo incontro (dei sei canestri decisivi segnati in carriera negli ultimi 5 secondi di gioco, tre Curry li ha mandati a bersaglio contro Dallas). Lo scenario infatti si è ripetuto ancora una volta all’American Airlines Center, con i padroni di casa capaci di rimontare 12 punti negli ultimi 4 minuti di gara soltanto per vedere Curry ricevere palla dalla rimessa dal fondo a dodici secondi dalla fine, farsi tutto il campo, sfruttare il blocco di Draymond Green e piazzare una tripla centrale a tre secondi dalla sirena che una volta ancora condanna Dallas. È il punto esclamativo di una gara da 32 punti, con 11/19 al tiro e 6/11 dall’arco, ma anche 8 assist e 5 rimbalzi, arrivata dopo i 38 con 10 triple a segno mandate a bersaglio al suo rientro dall’infortunio contro Memphis. Curry non è l’unica superstar di casa Warriors a funzionare alla grande in Texas: i 4 big di Golden State combinano infatti per 100 punti tondi tondi, con 25 a testa di Kevin Durant (che ci aggiunge 12 rimbalzi, 6 assist e le ormai consuete 4 stoppate) e Klay Thompson (anche per lui, come per l’altro “Splash Brother”, 11/19 dal campo), mentre Draymond Green chiude con 18 punti, 11 rimbalzi e 6 assist. L’attacco dei californiani è in una di quelle serate in cui è difficile fermarli: Golden State – nonostante l’assenza precauzionale di Andre Iguodala (sarà in campo contro Houston) e Omri Casppi, fermato da un dolore alla schiena – chiude con il 52.7% dal campo e oltre il 40% da tre punti, distribuendo 36 assist (per ¾ esatti di tutti i canestri realizzati). 

L’orgogliosa resistenza di Dallas

E dire che i Mavericks hanno disputato contro i campioni NBA in carica una gara di cui andare orgogliosi. Indietro nel punteggio per lunghi tratti della partita – di 12 nel primo tempo, poi ancora di 9 nel terzo quarto e quindi nuovamente di 12 a 4:32 dalla sirena finale – Nowitzki e compagni hanno sempre trovato il modo di rientrare in gara, prima mettendo anche la testa avanti nel terzo quarto con una tripla di Devin Harris e poi piazzando un parziale di 10-0 nel finale che ha portato il punteggio sul 120-120. Dopo un canestro a testa dell’ex Harrison Barnes e di Klay Thompson, l’azione decisiva firmata Steph Curry, su cui i Mavericks a posteriori hanno qualcosa da recriminare. La squadra di Carlisle, infatti, sceglie di non far fallo su Curry (nonostante ne avesse ancora uno da spendere, senza dover mandarlo in lunetta) e incassa un tiro tutto sommato semplice che firma la loro condanna: “Pensavo avremmo usato il fallo a diposizione – le parole amare di Nowitzki negli spogliatoi – e comunque abbiamo lasciato Steph troppo libero: non si può concedere una conclusione del genere al miglior tiratore della lega. Peccato, è dura perdere così. Avevamo fatto un ottimo lavoro nel rientrare in partita”. Un lavoro di squadra, come testimoniato dai 22 punti di Wesley Matthews, il top scorer dei padroni di casa, dai 21 di Dwight Powell dalla panchina, ma anche dai 18 di Harrison Barnes e da altri quattro giocatori in doppia cifra, tra cui i 14 punti con 8 assist dell’esplosivo Dennis Smith Jr. (“Neanche con 4 salti miei ne faccio uno dei suoi”, twitta entusiasta uno spettatore d’eccezione come Steve Nash). Non basta, però, perché Golden State ha troppo talento a roster e sembra aver trovato ottimi equilibri con il rientro di Curry: il prossimo banco di prova, la gara contro gli Houston Rockets, match di vertice a Ovest. Ci sarà da divertirsi.