Gli Warriors segnano 81 punti nel primo tempo, si fanno rimontare, ma conquistano il 12° successo in fila in trasferta nonostante i 42 punti di DeMar DeRozan. OKC torna a sorridere dopo tre sconfitte consecutive, San Antonio passeggia contro Denver. Vittore in volata per Washington e Chicago contro Brooklyn e Detroit
Non hai Sky? Guarda lo Sport che ami subito e senza contratto su NOW TV! Clicca qui
Toronto Raptors-Golden State Warriors 125-127
Gli Warriors giocano in maniera paradisiaca per un tempo, prima di essere costretti a sporcarsi le mani del finale per conquistare il 12° successo consecutivo in trasferta. Golden State infatti ha dimostrato di essere macchina perfetta anche senza qualche pezzo pregiato. Gli infortuni non sono mai mancati nelle ultime settimane: prima Durant, poi Curry, poi Green, infine di nuovo Curry. Rivederli tutti insieme sul parquet (Steph era rimasto fuori due gare per una leggera distorsione alla caviglia) deve aver fatto una certa impressione prima di tutto a loro stessi, motivati nel voler dimostrare cosa sono in grado di fare quando sono tutti insieme. Il risultato ottenuto all’intervallo lungo è senza pari: 81 punti segnati nel solo primo tempo, tirando con il 71% di squadra e chiudendo con 22 assist e una sola palla persa. “Probabilmente i migliori 24 minuti offensivi che io ricordo di aver mai visto in vita mia”, racconta coach Kerr a fine partita, il quale però non ha dimenticato di certo i successivi 24; quelli in cui i Raptors sono ritornati prepotentemente in gara. Dal -27 infatti DeMar DeRozan e compagni riescono a risalire la china nonostante l’assenza di Kyle Lowry, con il numero 10 che segna 42 punti con 17/31 al tiro. Una riscossa che porta Toronto prima a un solo possesso e poi a un solo punto di distanza da Golden State a meno di un minuto dalla sirena. Ai campioni NBA serve un piano d’emergenza e l’unico modo per uscirne indenni è quello di affidarsi all’arma più letale a disposizione di coach Kerr (e dell’intera NBA): il pick&roll Curry-Durant. Pascal Siakam sul blocco perde un attimo il contatto con il numero 35, pensando di dover raddoppiare Curry per evitare un tiro da tre punti. KD allora prende quel mezzo metro di vantaggio che basta a bruciare la retina e segnare il canestro del +3. Nella tonnara che viene fuori nell’ultimo possesso non cambia la sostanza: gli Warriors vincono a Toronto (che ha il miglior record di vittorie casalinghe dell’intera lega) e si confermano sempre più prima forza a Ovest.
Washington Wizards-Brooklyn Nets 119-113 OT
Complicarsi la vita è un difetto che alle volte può costare caro, soprattutto in NBA. Lo sanno bene gli Wizards che contro i Nets l’hanno scampata, ma hanno dovuto sudare di più di quanto non avessero messo in conto. Brooklyn era sotto di 23 punti nel secondo quarto, di 20 all’intervallo, via via diventanti tre sul finire della penultima frazione. Al termine dei tempi regolamentari a rimettere la sfida in parità (dopo che non lo era letteralmente mai stata nei 47 minuti e 50 secondi precedenti) ci ha pensato Quincy Acy, il protagonista che non ti aspetti: il tentativo dalla lunga distanza di Spencer Dinwiddie (uno dei sette giocatori in doppia cifra in casa Nets) trova solo il primo ferro, scheggiato con violenza dal pallone. A quel punto il rimbalzo lungo è preda del numero 13 di Brooklyn che facendo un passo indietro trova il canestro che vale l’overtime. John Wall infatti sulla sirena crossa soltanto senza sfiorare neanche il bersaglio, ma trascina lo stesso i suoi al successo grazie ai 17 dei suoi 23 punti arrivati tra secondo tempo e overtime. Il numero 2 aggiunge anche 16 assist (massimo in stagione), molti dei quali utili ad armare la mano di un Bradley Beal da 24 punti e più in generale di un quintetto tutto in doppia cifra a fine gara. Brooklyn incassa così la settima sconfitta su nove incontri giocati in back-to-back in questa regular season, mentre Washington aggancia Miami in classifica al quarto posto della Eastern Conference.
Charlotte Hornets-OKC Thunder 91-101
Ad Oklahoma City fu una delle sconfitte più dure da digerire per i Thunder e Russell Westbrook non aveva alcuna intenzione di incassarne un’altra anche a Charlotte: “Abbiamo colpito per primi”, racconta l’MVP in carica autore di 25 punti, 10 rimbalzi e 7 assist decisivi nel regalare un successo a OKC e interrompere la striscia di tre sconfitte in fila. Paul George ne aggiunge 17, Steven Adams 14 con 11 rimbalzi (mentre Carmelo Anthony che si ferma a soli 7 punti non fa più notizia…), ma a fare la differenza in favore degli ospiti è la difesa; soprattutto quella del secondo tempo. I Thunder infatti concedono soltanto 32 punti a Charlotte dopo l’intervallo lungo, concedendo soltanto un 5/21 al tiro negli ultimi 12 minuti della sfida. “Abbiamo usato la nostra stazza e il nostro atletismo per mettere pressione su di loro”, aggiunge il numero 0. Uno dei primi a pagarne le conseguenze è proprio Kemba Walker, che chiude con 19 punti ma tirando soltanto 5/17 dal campo, a cui si aggiungono gli 11 con 17 rimbalzi e 3 stoppate di Dwight Howard. Per l’ex lungo degli Hawks sono 1971 tiri intercettati in carriera, il primo tra i giocatori in attività e il 19° nella classifica all-time. Misere consolazioni per una squadra che non sta riuscendo ad approfittare del lungo filotto di partite casalinghe e della buona notizia del ritorno di coach Clifford in panchina. Iniziare a vincere da subito per provare a risalire, oppure il treno playoff (ampiamente alla portata a inizio stagione) passerà definitivamente.
Chicago Bulls-Detroit Pistons 107-105
A Chicago hanno più di un motivo per festeggiare. Il più importante è di certo il ritorno in campo di Zach LaVine, rimasto lontano dal parquet per ben 11 mesi e al suo esordio in maglia Bulls. Partenza da titolare e 14 punti a referto in 19 minuti, 5/9 al tiro, tre triple e due assist. Il futuro di Chicago passa anche dalle sue mani, mentre il presente è rappresentato da un successo in volata contro Detroit che non rilancia ancora del tutto le ambizioni playoff, ma continua a ridare colore a una regular season che ha trovato una sua ragione d’essere. Per portare a casa il 13° successo nelle ultime 20 gare, i Bulls hanno messo a segno ben 17 triple, tirando con oltre il 47% dalla lunga distanza. La giocata decisiva però arriva nel finale di partita: 107-105 Bulls, Justine Holiday in possesso del pallone a cinque secondi sul cronometro dei 24 (dieci su quello della partita) parte da fermo in penetrazione, finendo nelle maglie difensive abilmente tessute da Avery Bradley. Palla recuperata e transizione Pistons per segnare due punti che valgono l’overtime. Tobias Harris lancia Reggie Bullock al ferro, con il solo Kris Dunn a protezione del ferro. Il numero 25 di Detroit va su leggero (forse subisce anche fallo), ma di certo non trova il fondo della retina. Lauri Markkanen invece il rimbalzo lo strappa senza problemi sulle testa di Andre Drummond – il migliore dei suoi con 21 punti e 15 rimbalzi, otto dei quali in attacco. I Pistons incassano così la quarta sconfitta nelle ultime sei gare, scivolati pericolosamente al settimo posto a Est. Per conquistare i playoff bisognerà ritornare a vincere.
San Antonio Spurs-Denver Nuggets 112-80
Giocare avendo tutto il roster a disposizione è un lusso di cui gli Spurs non sono abituati a godere in questa regular season e contro Denver hanno deciso di approfittarne, togliendo ogni possibilità all’avversario di rendersi pericoloso. San Antonio infatti si porta in vantaggio sul 2-0 con un canestro di Pau Gasol dalla media distanza e non si volta più indietro, trascinata dai 19 punti del rientrante Kawhi Leonard (fuori tre gare per un problema alla spalla) e i 18 di Davis Bertans, portando a 14 il numero di vittorie casalinghe consecutive e conquistando (grazie al contemporaneo ko dei Raptors) il miglior record NBA (19-2 all’AT&T Center). “Non ne abbiamo giocate poi molte avendo tutte queste alternative; per quello stasera le cose non potevano che andare bene”, commenta un LaMarcus Aldridge da 15 punti. Dall’altra parte invece continua la stagione in altalena dei Nuggets, che trovano un Nikola Jokic da 23 punti, 9 rimbalzi e 7 assist, ma senza raccogliere altri contributi significativi. Troppo poco per pensare di fare il solletico agli Spurs, sempre più terza forza della Western Conference. E che magari, senza altri infortuni…