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NBA, i Cleveland Cavaliers sono in crisi e non sanno come venirne fuori

NBA

I vice-campioni NBA hanno incassato 148 punti contro i Thunder, la nona sconfitta nelle ultime 12 gare: “Non possiamo iniziare a pensare ai playoff. Verremmo facilmente buttati subito fuori se la stagione regolare finisse oggi” ha dichiarato un preoccupato LeBron James

Sì, bisogna parlare di nuovo dei Cleveland Cavaliers. Perché più volte in questa stagione, dopo aver toccato il fondo, i vice-campioni NBA sono riusciti nella non semplice impresa di scavare ancora un po’ di più, rendendo ancora più complicata la risalita. E i 148 punti incassati contro gli Oklahoma City Thunder diventano il nuovo emblema di un gruppo che non sa e non vuole difendere: Cleveland è 29^ per rating difensivo con 109.8 punti concessi su 100 possessi, a un passo dall’ultimo posto occupato dai Sacramento Kings. Mancano 84 giorni ai playoff, ma qualcosa sembra essersi definitivamente incrinato nello spogliatoio. Non si parla della solita crisi di metà stagione, delle difficoltà che le squadre di LeBron James ogni tanto vivono nel mese di gennaio (dodici mesi fa di questi tempi la situazione a livello di risultati non era entusiasmante), ma in molti giurano che mai da quando James è tornato in Ohio le cose fossero andate così male. Peggio del 19-20 di record con cui i Cavaliers erano partiti nel 2015-16 con David Blatt in panchina, peggio di quando il numero 23 batteva i pugni sul tavolo chiedendo un c*** di playmaker (arrivò poi Deron Williams, che non ha aiutato molto durante i playoff…). “Qualcosa deve cambiare, non possiamo continuare lungo questa strada”, commenta a The Athletic un veterano che resta anonimo, ma in tanti ci hanno messo la faccia e sono stati molto più espliciti nelle loro critiche. A partire proprio da James: “Non possiamo iniziare a pensare ai playoff, di certo non se continuiamo a giocare nel modo in cui stiamo facendo in queste ultime settimane. Verremmo facilmente buttati subito fuori dai playoff se la regular season finisse oggi”. L’ultima volta che i Cavaliers avevano concesso 148 punti in regular season era successo nel 1972 contro Philadelphia. Anche quando a Cleveland subirono 26 sconfitte consecutive nella stagione 2010-11, la prima senza James, il massimo alla voce punti concessi fu 129. “Non ho mai subito nella mia carriera così tanti canestri – prosegue James -, neanche giocando ai videogiochi mi sono mai ritrovato a incassare 148 punti. Hanno fatto letteralmente tutto ciò che volevano, sia dentro che fuori dalla nostra area. È una batosta durissima per noi da digerire”.

Isaiah Thomas: “A Boston la difesa era tutta un’altra cosa”

Per i Cavs è l’ottava sconfitta nelle ultime nove partite contro una squadra dal record vincente, la nona nelle ultime 12 giocate. E all’orizzonte (oltre alle insistenti voci di mercato), nessuno sembra avere risposte ai tanti interrogativi venuti fuori. Isaiah Thomas, il miglior realizzatore con i suoi 24 punti contro OKC e in ripresa a livello fisico, non ha alcuna intenzione di spegnere le polemiche e facendo riferimento alla sua esperienza ai Celtics non fa altro che alzare il livello della tensione: “A Boston eravamo decisamente più competenti in difesa, giocavamo in maniera molto più dura. Lì il problema non era tenere un avversario nell’uno contro uno, perché tutti si prendevano cura dei compagni. Abbiamo il talento per farlo anche qui a Cleveland, ma bisogna crederci e fidarsi del sacrificio di chi ti sta accanto”. Lui contro Russell Westbrook ha potuto fare davvero poco, ma il problema a Cleveland resta corale, coinvolge tutti ed è talmente complesso che James non riesce neanche a riassumerlo in poche parole nello spogliatoio: “È tutto talmente complicato, sono un mare di cose che non funzionano. Non è la difesa, non è un singolo problema. Sono due, tre, quattro, cinque”. Una situazione che mette tutti con le spalle al muro, nessuno escluso. E con cui tutto il roster deve convivere: “Ognuno troverà il suo modo per gestire il momento di difficoltà", commenta Dwyane Wade. "C’è chi si scolerà un paio di bottiglie di vino, altri invece troveranno qualcos’altro. Parlando dal mio punto di vista, quello di una persona estremamente competitiva, questa situazione è una merda. Dobbiamo capire che migliorare il gruppo significa fare dei passi avanti prima di tutto a livello personale. Chiunque vesta una maglia con su scritto Cleveland deve capire che bisogna cambiare”.

Coach Lue sulla graticola: “Spero non lo mandino via”

Cosa fare quindi per dare una scossa, cacciare coach Tyronn Lue? “Spero proprio di no – risponde perentorio James -, ma davvero non so nulla. Non sono io che decido. Non riesco a immaginare cosa succederà a questa squadra, di cosa si discuterà tra la dirigenza nei prossimi giorni. Non posso anche preoccuparmi delle trade, degli scambi e di tutto il resto. Devo solo restare concentrato su ciò che accade sul parquet e pensare a dare una mano ogni gara per vincere il più spesso possibile”. Licenziare coach Lue in effetti non sembra essere la soluzione adatta, non fosse altro perché manca un degno sostituto da poter impiegare al suo posto nell’immediato. Gli assistenti Larry Drew e Jim Boylan non sono figure adatte al ruolo (pur avendolo ricoperto in passato) e la fila di persone sedute dietro la panchina (James Posey, Phil Handy e Damon Jones) mancano di esperienza. Andare a cercare un assistente allenatore fuori sarebbe assurdo, così come chiedere a un nuovo coach di sedersi adesso in panchina e implementare un nuovo sistema di gioco con meno di metà regular season a disposizione in uno dei momenti più delicati non solo della stagione, ma dell’intera storia della franchigia. “La sconfitta di questa notte non è certo colpa dell’allenatore – commenta Thomas -, abbiamo concesso 150 punti: è tutta responsabilità nostra. Non credo di essermi ritrovato mai a giocare una partita del genere a livello difensivo che non fosse l’All-Star Game. È tutta colpa di chi era in campo”. Dopo il tracollo infatti anche Lue ha fatto riferimento ai mismatch che la difesa di Cleveland spesso è costretta ad accettare e alle skills a protezione del ferro che spesso mancano ai giocatori sul parquet. Tutte cose vere, a cui per porre rimedio però bisognerebbe fare ricorso al mercato, o quantomeno compiere una rivoluzione a livello di scelte e rotazione.

Fuori J.R Smith e dentro Tristan Thompson?

J.R. Smith è diventato un peso in quintetto: meno di 8 punti a partita tirando con il 37% dal campo e il 34% dall’arco. Con lui sul parquet i Cavaliers concedono 112.6 punti su 100 possessi, di gran lunga il peggiore tra quelli ad aver giocato almeno 1.000 minuti (altrimenti ci sarebbero Thomas e Derrick Rose a fare peggio di lui). Ma nonostante il roster profondo a Cleveland fanno fatica a immaginare una soluzione diversa tra i titolari: Iman Shumpert è ancora indisponibile; Kyle Korver ha 36 anni e non ha le forze per un ruolo del genere; Cedi Osman è tutt’altro che pronto a giocare titolare in una squadra che punta al titolo. Ci sarebbe Wade, che a inizio anno però ha faticato tantissimo da titolare e che ha trovato la sua dimensione in uscita dalla panchina. L’idea quindi è che uno tra Smith e Jae Crowder resti in quintetto (a quel punto più il primo, non fosse altro sperando che ritrovi la mira), mentre l’altro torna a sedersi in panchina lasciando spazio a Tristan Thompson, unica àncora difensiva a cui aggrapparsi nei momenti di burrasca. Il sistema pensato da coach Lue con Kevin Love da 5 è imploso su sé stesso, incapace di proteggere il ferro e dare copertura agli esterni ripetutamente battuti in penetrazione. Questa squadra non funziona: ammettere i propri errori e fare dei passi indietro adesso è davvero l’ultima delle preoccupazioni. “Non posso fiatare, sono davvero l’ultimo che può permettersi di dire qualcosa – chiosa James -. Sono il leader di questo gruppo. Sicuramente ritornare a vincere con un po’ di continuità potrebbe aiutarci, ma cercherò di restare positivo il più possibile. Voi mi conoscete bene, la pazienza non è mai stata il mio forte, ma mi rendo conto di quanto sia difficile il momento che stiamo attraversando. Per questo metterò a disposizione dei miei compagni tutta la mia buona volontà. Dobbiamo chiarire tante cose, ma solo per cercare poi di ripartire con maggiore forza”. Almeno fino alla prossima sconfitta.