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NBA, Paul George, il grande escluso dall’All-Star Game: "È una mancanza di rispetto"

NBA

Tra i nomi delle 14 riserve dell'All-Star Game di Los Angeles compare (ovviamente) quello di Russell Westbrook, ma non quello di Paul George, rimasto fuori per far spazio a Damian Lillard. "Sapevo che venire a OKC avrebbe portato anche a questo; qui punto al titolo NBA, non all'All-Star Game"

A fare la conta delle stelle in NBA si sbaglia sempre. Tiri dentro Jimmy Butler a Ovest e inevitabilmente un Chris Paul ti rotola fuori. Fai felice Damian Lillard e fai insorgere tutta OKC che quest’anno sperava di tornare ad avere due giocatori alla partita delle stelle. “Incredibile – commenta Russell Westbrook senza fronzoli -. Credo che aver tenuto fuori Paul George sia una vera e propria mancanza di rispetto.  Non conosco bene tutti i nomi dei giocatori che sono stati selezionati, ma quattro arrivano dalla stessa squadra e altri invece hanno passato tutto il tempo a lamentarsi di essere stati ignorati, per poi ritrovarsi a farne parte. E invece i giocatori che avrebbero meritato di esserci sono fuori. Non riesco a capire, non ha alcun senso”. Gli argomenti alla lamentela del numero 0 non sembrano mancare:  “George è il leader per palloni rubati nella lega, è uno che lotta ogni sera, tra i migliori nel suo ruolo: non c’è una ragione per tenerlo fuori. Se si prendono tutti gli All-Star, alcuni di essi lo sono per davvero e altri solo di nome. Non tutti meritano di essere All-Star. Soltanto perché sei stato votato, il tuo status non è detto che sia quello. Per questo penso che questa scelta sia vergognosa, ma questo è quanto successo”. Resta così a guardare uno dei principali candidati al premio di miglior difensore dell’anno, che nella squadra di Westbrook (quindi con meno responsabilità) mette a referto comunque 20.8 punti, 5.5 rimbalzi e 3 assist di media. “Non farò l’All-Star Game, così stanno le cose – racconta il diretto interessato -. Mi godrò una pausa un po’ più lunga nel mezzo della stagione. Speravo di poter far parte di quella lista ma a quanto sembra non sono da All-Star Game, almeno all’apparenza, e la vita va avanti”. Un’evenienza pronosticabile dopo la scelta fatta in estate: “Quando io e Carmelo eravamo a Est era più facile perché avevamo tutta la squadra sulle nostre spalle, ogni santa volta, tutte le partite. Quando ho scelto di venire a Oklahoma City, il mio sogno e obiettivo più grande è diventato un altro: quello d vincere un titolo NBA”.

Anthony: "Nessuno si preoccupa per me, sapevo che venire a OKC sarebbe stato un sacrificio"

Per quello bisognerà vedere come andranno le cose ai playoff; nel frattempo però anche coach Donovan preferisce coccolarsi il suo numero 13 e si schiera dalla parte del suo giocatore: “Sono davvero contrariato e i miei commenti non vogliono di certo indicare qualcuno che avrebbe dovuto lasciargli il posto. Dico soltanto che dal mio punto di vista George è uno dei migliori giocatori della lega. Non soltanto, ma gioca con la consapevolezza di esserlo. A livello personale è addirittura meglio rispetto a quanto visto sul parquet, ma so bene che questo non ha nulla a che vedere con la selezione per l’All-Star Game. Sono contrariato perché se si parla dei 12 migliori giocatori della Western Conference, non c’è dubbio che lui sia in quella élite”. Tutti a difendere George quindi, ma nessuno tiene conto dell’altro grande escluso. In casa Thunder infatti resta fuori anche Carmelo Anthony – escluso per la prima volta dal 2010 (lo scorso anno fu ripescato dopo il forfait di Kevin Love) e che in carriera ha giocato dieci volte la gara delle stelle: “Non penso ci sia qualcuno che sia contrariato per il fatto che io sono rimasto fuori. Quando sono venuto ai Thunder, sapevo bene che sarebbe stato un sacrificio. Una rinuncia totale, non una cosa parziale e questo fa parte di quel sacrificio. Non ho alcun rimpianto per questo: mi godrò una settimana con la mia famiglia, sto già guardando ben al di là dell’All-Star Game”.