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NBA, perché i Cleveland Cavaliers hanno rivoluzionato la squadra sul mercato?

NBA

Dario Vismara

Sei giocatori ceduti, quattro arrivati: a Cleveland è cambiato tutto nel giro di qualche ora. Dalla cessione di Isaiah Thomas all'addio a Dwyane Wade, ecco perché la dirigenza dei Cavs ha deciso di rivoluzionare la squadra. Sempre con l'obiettivo di trattenere LeBron James a fine anno...

BOSTON-CLEVELAND DOMENICA SERA IN STREAMING SU SKYSPORT.IT

“Una lenta processione verso la morte”. Queste sono state le parole utilizzate dal GM dei Cleveland Cavaliers Koby Altman per descrivere questa stagione della sua squadra, e allora diventa immediatamente chiaro perché abbia deciso di cambiare così profondamente il roster alla deadline del mercato. Sono partiti sei giocatori  e due scelte al Draft, ne sono arrivati quattro e c’è ancora un posto a roster per aggiungerne un quinto dal mercato dei buyout. Una rivoluzione in piena regola, di quelle che non si vedono tanto spesso nel bel mezzo della stagione. Anzi, non si vedevano esattamente da dieci anni, quando a farlo furono… proprio i Cleveland Cavs, alla ricerca di un modo per costruire attorno a LeBron James un roster in grado di tornare alle finali NBA conquistate nella stagione precedente. Suona familiare? È esattamente quello che sta succedendo oggi, cercando di invertire una rotta che da Natale in poi ha portato i Cavs a vincere solamente 7 delle 20 partite disputate, ma soprattutto a subire delle sconfitte umilianti in cui sembrava che nessuno volesse stare in campo con gli altri. Così davvero non poteva continuare, e perciò rimettere la propria mano nel mazzo e cercare di pescare delle carte migliori era l’unica opzione realmente percorribile. “Sono molto eccitato per i nuovi giocatori che abbiamo preso e per quello che possono dare alla squadra” ha commentato Altman in una conference call dopo la deadline. “Penso che avremo maggiori energie e torneremo a essere divertenti di nuovo – sia per chi ci osserva e per chi deve starci attorno”. Proprio il concetto di divertimento è alla base della decisione di Altman, perché i Cavs erano ben oltre il concetto di crisi di nervi e avevano bisogno di un reset totale. “In larga parte abbiamo cercato di risolvere la cultura della squadra e la sua costruzione” ha continuato il giovane GM di Cleveland. “Immagino che tutti quelli che sono stati attorno alla squadra abbiano visto la mancanza di energia e di entusiasmo, e questo è stato estremamente deludente per me”.

Il matrimonio fallito con Isaiah Thomas

Non è un caso che le cose abbiano cominciato a volgere verso il peggio nel momento del rientro di Isaiah Thomas che, pur avendo tutte le attenuanti del caso per le sue condizioni fisiche precarie e di sicuro non era l’unico problema dei Cavs, di sicuro non ha aiutato né con le sue prestazioni nelle 15 partite disputate (36% dal campo, 25% da tre su quasi 6 tentativi e -15 di Net Rating con lui in campo), né con le sue parole fuori (spesso attaccando, in privato e in pubblico, più o meno qualsiasi compagno, allenatore o dirigente capitasse a tiro, lamentandosi continuamente di quanto le cose fossero diverse rispetto a Boston). “Non è una cosa che volevo fare” ha detto Altman sulla cessione di Thomas, inserito insieme a Channing Frye (figura invece amatissima dallo spogliatoio) nello scambio coi Los Angeles Lakers. “Quando prendi un giocatore del calibro di IT, egoisticamente vuoi che le cose funzionino. Ha fatto un lavoro incredibile per tornare in condizioni di giocare recuperando da un infortunio serissimo. I miei applausi per quello che ha fatto per noi e per il suo ritorno”. Senza dirlo chiaramente, però, Altman ha ammesso che l’inserimento di Thomas è stato distruttivo per la chimica dei Cavs, e che il suo non era il “fit” giusto per quello di cui avevano bisogno. “Il mio ex capo David Griffin era un enorme sostenitore del ‘fit’. Si chiedeva sempre: ‘È il giusto fit per noi?’. Abbiamo avuto la possibilità di osservare quello che è successo nell’ultimo mese e di metterci mano”. Nonostante tutto, Isaiah Thomas ha ringraziato con un tweet la sua ormai ex squadra (anche se c’è da scommettere che la sua verità non tarderà ad arrivare).

L’addio al “prosciugante” Dwyane Wade

L’altro grande addio della deadline, e per certi versi il più inatteso, è stato quello a Dwyane Wade, ceduto ai Miami Heat in cambio sostanzialmente di nulla (una seconda scelta estremamente protetta che probabilmente non arriverà mai a Cleveland). Una mossa sorprendente ma resa necessaria dopo che gli arrivi nel back-court di Hill, Hood e Clarkson avrebbero inevitabilmente ridotto il ruolo del veterano, anche perché il coaching staff sembra essersi convinto che Cedi Osman meriti più spazio nella seconda metà di stagione. “Mi sono detto ‘È giusto fargli questo? È per questo che ha deciso di firmare qui?’. Perciò abbiamo fatto delle chiamate a Miami per capire la loro disponibilità a fare lo scambio”. A quel punto la presenza di Wade da utile (come era stato per un breve periodo a inizio anno come leader della panchina) si è fatta ingombrante, anche per la sua amicizia con LeBron James. Altman, però, ci ha tenuto a fare tutto alla luce del sole – cioè parlandone esplicitamente con il Re: “Volevo parlarne prima di tutto con lui, perché Dwyane è venuto qui in larga parte per via di LeBron. Volevamo dare a Wade la possibilità di tornare a casa, e penso che lui e i suoi rappresentanti abbiano apprezzato questo gesto”. Anche Wade, comunque, ha la sua parte di colpe per come sono andate le cose, perché il suo impegno difensivo – al di là di qualche giocata da highlight – è stato risibile e il peso del suo nome si è fatto sentire in attacco, prendendosi più tiri di quelli che realmente avrebbe meritato (terzo per numero di conclusioni stagionali alle spalle di James e Love). “Noi abbiamo bisogno di ‘fontane’ e non di ‘tubi di scarico’, come diceva sempre il mio vecchio coach Kyle Smith” ha continuato Altman, lanciando una frecciata alla presenza “prosciugante” di Wade. “Quelli che abbiamo preso sono giocatori che io definisco come ‘fontane’, perché aggiungeranno eccitazione al nostro gruppo e contribuiranno alla cultura che sto cercando di creare”.

Un solo obiettivo: trattenere King James

Ovvio che tutto questo non sarebbe neanche lontanamente successo se James non avesse fatto capire, in maniera implicita ed esplicita, che questo gruppo non era di suo gradimento. Secondo quanto raccolto da ESPN il Re è carico per il modo in cui i Cavs sono riusciti a reinventarsi a stagione in corso, e la speranza di Altman è che questi movimenti giovino soprattutto allo spirito del suo miglior giocatore. “Penso che ritroveremo un LeBron James rinvigorito, e questa è la chiave di tutto. Stiamo parlando di un giocatore talmente forte da determinare il risultato di qualsiasi partita. Questa per me è stata la cosa più difficile nel vederlo in queste condizioni” ha poi accennato Altman, prima di fare una vigorosa marcia indietro per non alienare la sua stella. “Non voglio dire che lui non credesse in questo gruppo e voglio sottolineare che lui competerà sempre ogni sera cercando di portare la squadra in cui è alle Finali, come ha sempre detto. Ma io volevo vedere un rinnovato senso di gioia in lui e stare in sua compagnia nelle ultime 24 ore è stato grandioso”. Forse, più di ogni altra cosa, James ha apprezzato soprattutto questo: che una dirigenza con cui aveva contatti minimi sia andata da lui cercando di capire se le mosse erano di suo gradimento, a partire dall’addio a Wade. In attesa che si pronunci anche lui davanti alla stampa prima della partita di stanotte ad Atlanta – in cui i nuovi acquisti dovrebbero fare il loro debutto prima del big match di domenica sera alle 21:30 contro Boston, in diretta streaming eccezionalmente aperto a tutti su skysport.it –, James se non altro deve aver notato che con gli scambi l’odiato proprietario Dan Gilbert pagherà 10 milioni in più, portando a 50 il conto dei milioni di dollari di luxury tax da pagare a fine anno. Sacrifici necessari per fare tutto il possibile per l’unico obiettivo che conta: trattenere LeBron James a fine anno. Solo il resto della stagione e il risultato dei playoff ci diranno se questi Cleveland Cavaliers rivoluzionati avranno la possibilità di farcela.