New Orleans ha vinto nove gare in fila nel momento più difficile della stagione, senza Cousins e con un roster ridotto ai minimi termini. Merito di un Davis superlativo che lancia la sua sfida a Harden e James nella corsa al premio di miglior giocatore della regular season
Adesso che neanche gli infortuni sembrano più fare paura, trovate voi qualcosa in grado di fermare Anthony Davis - il giocatore più devastante dell’ultimo mese in NBA (non ce ne voglia Damian Lillard). Da quando lo scorso 26 gennaio DeMarcus Cousins ha alzato bandiera bianca e il tallone dal suolo, il numero 23 è tornato a vestire i panni del super uomo, anche a costo di superare ostacoli fino allo scorso anno invalicabili. Esempio perfetto la gara vinta contro i Clippers, la nona consecutiva per una squadra che in molti immaginavano sarebbe sprofondata nelle sabbie mobili che così bene ha conosciuto negli ultimi anni. Un colpo subìto durante uno spalla a spalla a rimbalzo d’attacco contro DeAndre Jordan. Uno scontro di quelli che troppe volte hanno messo i bastoni tra le ruote nell'avventura NBA della prima scelta assoluta del 2012, nel dare continuità alla sua carriera. Per una volta però il numero 23 è riuscito ad andare oltre, a non accasciarsi di fronte all’ennesimo imprevisto. Dopo un breve ritorno negli spogliatoi infatti, coinciso per sua fortuna con l’intervallo a fine primo tempo, Davis è apparso sul parquet nel ripresa più forte di prima, segnando 19 punti nel solo terzo quarto e decidendo in sostanza da solo la delicata sfida playoff contro i Clippers. Alla sirena sono 41 punti e 13 rimbalzi. Una partita che vale una stagione per molti giocatori NBA; l’ottava di questo genere (almeno 40 punti e 10 rimbalzi) nella regular season di Davis. Nessun altro giocatore riesce a garantire con la stessa facilità un riferimento per i compagni ogni volta che bisogna inventarsi un canestro. Basta letteralmente alzarla nei pressi del ferro e al resto pensa lui: più veloce di molte guardie, più atletico della stragrande maggioranza dei lunghi, dotato di un bagaglio tecnico che gli permette volendo di segnare anche canestri da ala come quello stampato in faccia a Tobias Harris cadendo all'indietro per vincere a Los Angeles. Sì, Anthony Davis ha tutte le carte in regola per diventare l'MVP di questa stagione.
Seguire le orme di Westbrook: “Devo farne 40 ogni sera…”
Una partita da 53 punti, altre tre oltre quota 40 (con una da 45 punti, 17 rimbalzi, 5 recuperi e 5 stoppate mai vista prima nella storia NBA), mai sotto quota 23 e sempre oltre il 45% al tiro. La sua resa in queste ultime nove partite è impressionante: 37.7 punti, 14.6 rimbalzi, tre recuperi e 2.8 stoppate di media. Il tutto con il 53% dal campo e 42% dall’arco. Nonostante tutte le difese NBA siano consapevoli del fatto che lui rappresenta la prima, la seconda e a volte anche la terza opzione offensiva. “Con Cousins saremmo stati un osso duro da battere ai playoff – raccontava Davis durante la pausa per l’All-Star Game -. Nessuno può pensare di fronteggiare una coppia di lunghi come la nostra. Rondo ci ha sempre ripetuto in spogliatoio: ‘So cosa serve per vincere un titolo e noi avevamo le carte in regola’”. Obiettivi forse un po’ troppo ambiziosi per quella che sarebbe potuta diventare la prima coppia di lunghi nella storia NBA a chiudere una stagione con entrambi oltre i 25 punti e dieci rimbalzi a referto sulle 82 partite. Le cifre a cui stava viaggiando Cousins infatti (25.2 punti, 12.9 rimbalzi e 5.4 assist) si erano viste soltanto quattro volte negli ultimi 50 anni. E nei precedenti casi erano sempre coincise con il titolo di MVP. Stavolta però quello che punta a vincere quel riconoscimento è il suo compagno di squadra, diventato se possibile ancora più decisivo dallo scorso 26 gennaio a oggi. “Quando l’ho visto a terra ho capito che sarebbe dovuto tornare a essere il giocatore dello scorso anno. Quello che resta in campo un sacco di minuti, che si carica la squadra sulle spalle e segna 40 punti praticamente ogni sera. È l’unico modo per avere una chance di vincere. Devo avere un approccio come quello assunto da Westbrook una volta che Kevin Durant è andato via. Russ è sempre sceso in campo dando tutto, tirando anche 40 volte a partita se necessario, ma consapevole che il suo approccio poteva fare la differenza”.
Senza Cousins, i Pelicans hanno iniziato a correre
Una differenza che non sta solo nei numeri (di per sé già mostruosi), ma soprattutto nell’approccio e nel coinvolgimento in entrambe le metà campo. Come sottolineato anche da Zach Lowe su ESPN, un anno fa Davis non avrebbe mai accettato di inseguire una guardia a otto metri da canestro, né tantomeno battagliare letteralmente su ogni pick&roll a protezione del proprio ferro. A questo poi si aggiunge la duttilità garantita dal numero 23, che corre in transizione come nessuno. La dimostrazione è il pace tenuto dalla squadra (il numero di possessi giocati in 48 minuti): New Orleans nelle ultime nove viaggia a 107.4 possessi, straprima con quasi due di margine su Phoenix seconda (a quota 105.5). Un dato ben al di sopra dei 101.5 possessi giocati fino allo scorso 26 gennaio, fino a quando Cousins è rimasto sul parquet. Il ritmo e l’elevato numero di possessi sono state le risposte trovate da coach Gentry, il piano d'emergenza che sta funzionando. Meno talento a disposizione? Più chance di tiro da generare. Al resto poi pensa come al solito Davis. L’idea di essere stato finalmente coinvolto in un progetto che può sperare un giorno di diventare vincente gli ha dato l’extra motivazione necessaria. New Orleans negli ultimi mesi si è preoccupata di convincere Cousins a rinnovare affinché la sua presenza potesse fare da traino per Davis. In realtà sta succedendo l’esatto contrario: con un numero 23 di questo livello, diventa difficile per l’ex giocatore dei Kings immaginare una destinazione migliore rispetto al rinnovo in Louisiana.
I playoff alla portata e il futuro con il solito punto interrogativo
Poter disporre di un potenziale del genere fa sì che tutta la squadra riesca con facilità ad andargli dietro. I Pelicans hanno il quarto miglior Net Rating nell’ultimo mese e sono diventati uno spauracchio per molte squadre in giro per la lega. Riuscire a migliorare il 37% dall’arco tenuto nelle ultime settimane (di per sé già un dato molto positivo) potrebbe essere l’ultimo step per garantire la definitiva consacrazione. Al momento i Pelicans devono affrontare il settimo calendario in quanto a difficoltà di tutta la NBA, ma peggio di loro ci sono gli Spurs (che hanno il più complesso in assoluto), oltre ai Blazers (4°), Clippers (5°) e Thunder (6°). La sfida quindi passa dagli scontri diretti (due con gli Spurs e Rockets; uno contro Warriors, Blazers, Jazz e Thunder) e ovviamente dalla condizione fisica di Davis. Senza quella, non ci si può neanche sedere al tavolo delle pretendenti a un posto ai playoff. Al momento i Pelicans hanno il 90% di chance di continuare a giocare anche dopo la metà d’aprile. Tutto sta nel proseguire questa inaspettata cavalcata vincente: “Ho già vissuto più volte nella mia carriera momenti con un rendimento del genere, ma nessuno ne ha mai parlato. Nessuno ha mai posto la giusta attenzione su di me, né ci ha fatto caso. Credo che la nostra squadra possa rendere di più, dobbiamo fare un ulteriore passo in avanti. Tutti dicono che il basket è uno sport fatto di parziali, di inerzia. Questo è il nostro momento: non sappiamo fin dove riusciremo a reggere, ma adesso dobbiamo scendere in campo e vedere cosa riusciamo a portare a casa”.