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NBA, c’è un caso Wiggins a Minnesota? L'ala non gradirebbe il ruolo di terzo violino

NBA

Ai minimi statistici per punti e percentuali dal campo dal suo anno da rookie, all’ex talento di Kansas va stretto un ruolo che lo vede dietro a Jimmy Butler e Karl-Anthony Towns nelle gerarchie di squadra. E in estate potrebbe chiedere una clamorosa cessione

La voce arriva da un reporter di una radio locale, KSTP, ma la notizia in poco tempo ha fatto il giro di tutta America: “Andrew Wiggins avrebbe confidato sottovoce ad alcuni compagni che gli sta stretto il ruolo di terzo violino in squadra – ha raccontato Darren Wolfson – e che in estate potrebbe cercare di farsi cedere per andare altrove” (anche se al momento Wiggins non ha neppure un agente e si fa rappresentare dal padre Mitchell, ex giocatore ). Una trade è l’unica opzione possibile, visto che l’ala piccolo di Minnesota è titolare di un contratto che lo lega ai Timberwolves fino al 2021-22, quando finirà per guadagnare più di 31.000.000 di dollari (cifre che non rendono semplicissima neppure la sua cessione, anche se ovviamente il valore del giocatore e la sua giovane età potrebbero intrigare più di un gm NBA). Così, dopo aver firmato solo la scorsa estate un contratto da 146.5 milioni di dollari – e aver accolto in città Jimmy Butler, nel tentativo di rafforzarsi per recitare da protagonisti nella Western Conference – Wiggins si ritroverebbe già poco entusiasta del progetto dei T’Wolves, al punto da non nascondere la sua frustrazione. Dovuta, dicono le voci, proprio a una contrazione nel suo ruolo in un roster che ha visto proprio Butler imporsi come leader in campo e nello spogliatoio e Karl-Anthony Towns affermarsi nel ruolo di superstar n°1/b (perché già il n°2 gli starebbe stretto). Punti (meno di 18 a sera) e percentuali dal campo (44.2%) dell’ex talento di Kansas University sono ai minimi di carriera se si eccettua l’anno da matricola e anche da tre punti Wiggins è in flessione rispetto alla scorsa stagione (32.5% contro il 35.6% del 2016-17). Limitarsi però alle crude cifre – neppure troppo sofisticate dal punto di vista statistico – sarebbe fuorviante: l’impatto del giocatore sul rendimento della squadra è positivo, sia in attacco (+1.8 punti per 100 possessi con lui in campo rispetto a quando è seduto in panchina) che in difesa (la squadra subisce 4.5 punti ogni 100 possessi in più senza di lui), per un net rating di +6.3 che è il quarto miglior di squadra (dopo Butler, Towns e Taj Gibson). Anche le parole di coach Tom Thibodeau durante la stagione hanno sempre dipinto una generale soddisfazione verso il rendimento del giocatore negli equilibri di squadra (“Andrew ha fatto quelle giocate vincenti che gli anni scorsi non gli appartenevano”, il complimento del suo allenatore) e la squadra ha già oggi nove vittorie in più (40) rispetto al totale di quelle collezionate al termine della scorsa stagione (31), in corsa per un posto ai playoff che sembra assicurato con ambizioni neppure troppo folli di un primo turno col vantaggio del fattore campo.
Allora, perché essere insoddisfatti?

Perché Wiggins può fare di più

In parte perché tutti a Minnesota sono convinti che Andrew Wiggins valga ancora di più di quanto fatto fin qua vedere. Lui per primo, che proprio da fine febbraio ha visto la sua produzione offensiva aumentare oltre i 20 punti in sei delle sette gare disputate senza Jimmy Butler in campo, per via dell’infortunio al ginocchio. E poi ne è convinto anche coach Thibodeau, che non fa niente per nasconderlo: “Devo essere più aggressivo. È qualcosa che ha, dentro di sé. Lo so, lo vedo, e so che lo vede anche lui. Dopo l’All-Star break ha giocato molto bene ma ora voglio di più, lo voglio vedere più aggressivo, lo voglio vedere attaccare di più. Quando gioca con questa cattiveria è quasi impossibile fermarlo”. “A volte mi accontento del mio tiro da fuori – ammette lui, prima di giustificarsi in maniera quasi scherzosa – perché amo il mio tiro”. Ma le percentuali non gli danno troppo ragione, e sembra evidente che l’unico modo che Wiggins può avere di ottenere un ruolo maggiore in questi Timberwolves finalmente vincenti sia quello di prenderselo con la forza, di prepotenza, senza chiedere niente a nessuno. Se invece però non ci riuscisse, l’unica richiesta valida potrebbe essere quella sussurrata (si dice) in questi giorni nello spogliatoio: andare altrove a recitare da protagonista.