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NBA, omicidio Stephon Clark, le proteste bloccano l'ingresso del Golden 1 Center: nessuno va a vedere i Kings

NBA

La protesta dei manifestanti – una catena umana lungo tutto il perimetro dell’arena – tiene fuori dal Golden 1 Center la maggioranza dei tifosi: meno di 2.000 entrano a vedere la partita contro gli Hawks, che inizia in ritardo dopo un appello a centro campo del proprietario dei Kings Vivek Ranadivé

Un altro giovane ragazzo afroamericano perde la vita sulle strade americane (questa volta a Sacramento) per mano della polizia: nella notte di domenica, Stephon Clark – solo 22 anni, fidanzato con Salena Manni, la mamma dei suoi due piccoli bimbi – è stato raggiunto da una ventina di colpi di arma da fuoco nel cortile della casa dei suoi nonni, dopo che un paio di agenti – allertata da una chiamata al 911 – hanno dichiarato di aver scambiato per una potenziale arma da fuoco l’iPhone bianco che il ragazzo (in realtà disarmato) teneva in mano. La telefonata che ha scatenato la reazione della polizia avvertiva di una persona “con una felpa nera e pantaloni della tuta scuri con strisce e puntini bianchi” che stava spaccando i finestrini di alcune auto parcheggiate. Le immagini che la polizia ha finora diffuso vedono effettivamente Clarks indossare un abbigliamento molto simile a quello descritti nella telefonata, anche se richiesto di indicare segni particolari di felpa o pantaloni, il testimone non ha aggiunto nessun tipo di dettaglio quando sono invece evidentissime delle giganteschi lettere bianche sul davanti della felpa a formare la scritta “The North Face”. “Se credo che Clark sia il sospetto che cercavamo basandoci sulla descrizione in nostro possesso? Sì, lo credo – ha dichiarato il capo della polizia di Sacramento Daniel Hahn – ma non possiamo ancora dirlo con certezza perché i dati fattuali non possono ancora confermarcelo”. Due agenti, guidati da un elicottero capace di localizzare il sospetto dall’alto, sono stati mandati all’inseguimento del ragazzo 22enne, che nella fuga ha scavalcato una recinzione per arrivare nel giardino dei suoi nonni, dove però è stato raggiunto dai poliziotti che – credendolo armato – hanno aperto il fuoco uccidendolo, pochi secondi dopo avergli intimato di alzare le mani. Invece della presunta arma, in mano a Clark è stato trovato soltanto il suo cellulare. 

L’ennesima tragedia scatena le proteste

Una tragedia che, nella sua dinamica, ricorda troppo da vicino altri episodi recenti, a partire dall’uccisione di Trayvon Martin a Sanford, in Florida, nel 2012, l’omicidio considerato la scintilla che ha fatto scatenare in tutti gli Stati Uniti le proteste del movimento Black Lives Matter (anche i Miami Heat di LeBron James e Dwyane Wade al tempo si erano schierati in prima fila, con la famosa foto dell’intera squadra con i cappucci delle felpe alzati in solidarietà al ragazzo ucciso). Dopo la tragedia che ha colpito Martin, sono stati tanti i simili incidenti succedutisi sulle strade di tutta America: ecco allora gli omicidi di Michael Brown a Ferguson, di Eric Garner a New York, del 12enne Tamir Rice a Cleveland, di Philando Castle nel Minnesota, di Freddie Gray a Baltimore e di molti altri ancora, nomi divenuti ormai tragicamente noti a tutti e a cui va ad aggiungersi ora anche quello di Stephon Clark. Per protestare contro la presunta brutalità della polizia, migliaia di persone si sono radunate a partire dalle 15 di giovedì davanti al Municipio di Sacramento (il City Hall) prima di spostarsi in massa sulla freeway statale e bloccare il traffico per più di due ore. Tra le 17.30 e le 18, liberata la circolazione, il gruppo di manifestanti si è diretto verso il Golden 1 Center che si trova nel (piccolo) centro cittadino e che in serata avrebbe dovuto ospitare la gara tra i Kings e gli Atlanta Hawks. I protestanti hanno formato una sorta di catena umana lungo tutto il perimetro dell’arena, impedendo ai tifosi di entrare al palazzo: “Stephon non può essere qui per godersi questa partita. Vogliamo che anche questa gente allora non possa godersi lo spettacolo”. Cartelli di protesta e tanti cellulari – come quello trovato nelle mani di Clark – impugnati in modo provocatorio e accompagnati da slogan di protesta: “Non sparate: è solo un cellulare”. Meno di 2.000 persone – con oltre 17.000 abbonati attesi alla gara – sono stati in grado di entrare all’arena e assistere alla partita, iniziata in ritardo rispetto all’orario concordato proprio per capire se la situazione fuori dal Golden 1 Center si sarebbe risolta. Le centinaia di spettatori entrati alla partita, sono stati fatti accomodare nei posti più vicini al campo, senza comunque evitare che la gara si disputasse in un ambiente davvero irreale.

Le parole del proprietario dei Kings, Vivek Ranadivé

“Siamo consapevoli che oggi non si tratta di una partita come le altre – ha riconosciuto il proprietario dei Sacramento Kings, Vivek Ranadivé, microfono in mano a centro campo prima del via della partita, parlando ai pochi tifosi presenti – ma vogliamo impegnarci all’interno di questa comunità per rendere il mondo un posto migliore e per evitare che tragedie del genere succedano ancora”. “Quello che è successo domenica è una tragedia orribile – ha continuato Ranadivé – e come prima cosa vogliamo esprimere la nostra vicinanza e le nostre condoglianze alla famiglia: quello che è successo è tremendo e siamo dispiaciutissimi per la vostra perdita. Come organizzazione rispettiamo ogni tipo di protesta pacifica ma siamo anche consapevoli di avere, come squadra, un ruolo di privilegio col quale arrivano anche delle grandi responsabilità e vogliamo affrontare questo momento tutti uniti, indipendentemente da razza e colore di ognuno di noi”. I Kings poi attraverso un comunicato ufficiale hanno fatto sapere che le modalità di rimborso per tutte le persone che non sono state in grado di poter recarsi al palazzetto saranno rese pubbliche nei prossimi giorni.