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NBA, i risultati della notte: Portland e Utah ok, tripla doppia con vittoria per James e Westbrook

NBA

Successi fondamentali in chiave playoff per Portland e Utah: i Blazers conquistano l’aritmetica certezza dei playoff, mentre i Jazz battono i T’wolves e salgono al 6° posto. OKC trascinata da Westbrook (26-15-13) inguaia New Orleans, adesso ottava e con una sola gara di vantaggio su Denver. Cleveland e James faticano contro Dallas, ma alla fine vincono i Cavs e il n°23 chiude in tripla doppia (16-13-12). Washington perde in casa contro Chicago, Golden State supera Phoenix

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Minnesota Timberwolves-Utah Jazz 97-121

Era la sua partita e non poteva mancare per nulla al mondo. Ricky Rubio, al ritorno a Minneapolis con la sua nuova squadra, supera il problema al tendine del ginocchio e gioca una super partita che regala una vittoria pesantissima ai Jazz. La point guard spagnola chiude con 23 punti, sette rimbalzi e tre assist, semi-perfetto al tiro (soprattutto rispetto agli standard) con il suo 9/14 dal campo e 5/6 dall’arco (massimo in stagione per canestri dalla lunga distanza). “Non c’erano possibilità che io non giocassi, anzi. Sapevo quanto fosse importante questa sfida ed ero consapevole del fatto che squadra aveva bisogno del mio contributo”. Se poi la vittima sono i T’wolves che in estate l’hanno scaricato per rilanciarsi, tanto meglio. A Minnesota infatti non bastano i 23 punti di Andrew Wiggins e i 20 di un Karl-Anthony Towns stranamente non in doppia doppia (soltanto sette rimbalzi), dominato sotto canestro da Rudy Gobert. Il centro francese chiude con 13 rimbalzi, quattro stoppate e un eloquente +22 di plus/minus (speculare al -21 messo a referto da Towns, frutto degli stessi parziali, ma visti al contrario). Da quando è tornato lui a proteggere il ferro, la musica è nuovamente cambiata in casa Jazz: Utah infatti è al momento sesta a Ovest, avendo però lo stesso numero di sconfitte di OKC un solo gradino più in alto. Virtualmente quindi potrebbero essere quinti (o quarti), sfruttando al meglio le sfide contro le losangelini (Lakers, Clippers e poi ancora Lakers le prossime tre) e le due finali contro le sazie Golden State e Portland. Minnesota invece si complica un bel po’ la vita, con una sola sconfitta di vantaggio sui Nuggets noni (e quindi fuori dai playoff) e con ancora due scontri diretti da giocare contro la squadra del Colorado. Vincere contro Lakers e Grizzlies potrebbe dunque non bastare; la sfida contro Denver tra tre giorni è tutta da seguire.

Cleveland Cavaliers-Dallas Mavericks 98-87

All’uscita dal campo di LeBron James e compagni il pubblico della Quicken Loans Arena ha iniziato a fischiare. La prestazione non è stata delle migliori? Vero. Il n°23 è stato più impreciso del solito? Vero. Cleveland non sembra una corazzata imbattibile di quelle in grado di fare tanta strada ai playoff? A naso è così. Ma nulla di tutto questo ha a che fare con la protesta dei tifosi dei Cavaliers. Loro volevano un altro canestro dalla squadra di casa, quello dei punti 99 e soprattutto 100, che avrebbe significato chicken nuggets del McDonald’s gratis per tutti. “Ci siamo messi a ridere in spogliatoio vedendo tutta quella gente che c’era rimasta male – commenta Kevin Love - ; non siamo riusciti a rendere felice la loro Pasqua. Ci dispiace, niente nuggets per colpa nostra. Adesso andate a casa e mangiate”. Sì, c’è anche una nota di risentimento nelle parole del numero 0, dispiaciuto del fatto che non venga riconosciuta ai Cavaliers l’importanza di una vittoria che li avvicina al terzo posto a Est. L’uomo copertina del successo, neanche a dirlo, è LeBron James, autore di 16 punti (con 5/21 al tiro, ma un paio di triple decisive nel quarto periodo), 13 rimbalzi e 12 assist. La 17esima tripla doppia stagionale per il n°23; un numero enorme se considerato che James è alla sua 15° anno nella lega. Dal dopoguerra a oggi infatti erano state 12 in totale tra tutti i giocatori le triple doppie messe a referto da giocatori con tutti quegli anni di esperienza in NBA alle spalle. LeBron da solo ha fatto 17, beh: “Non è stata la tipica gara alla James, ma nonostante le difficoltà è riuscito a farci vincere anche questa”, racconta Larry Drew. “Avrò sbagliato cinque o sei lay-up clamorosi, di quelli che di solito vanno dentro, ma  non segnare non vuol dire non avere impatto sulla partita – sottolinea James -. Se non trovo il fondo della retina, ci penseranno i miei compagni grazie ai miei assist e ai miei rimbalzi”. A fine gara anche coach Lue è andato a complimentarsi con i suoi ragazzi. Per lui non c’è ancora una data fissata per il rientro, nel frattempo a guidare le danze ci pensa il numero 23.

New Orleans Pelicans-Oklahoma City Thunder 104-109

Russell Westbrook è andato in crescendo con la gara, partito piano e senza canestri nel primo quarto per poi chiudere la sola ultima frazione con dieci punti, sei rimbalzi e quattro assist: alla fine per il numero 0 è la 24esima tripla doppia in stagione (sì, ormai le diamo per scontate), autore di 26 punti, 15 rimbalzi e 13 assist nel prezioso successo in volata di OKC a New Orleans. Ai suoi si aggiungono i 27 punti di Paul George (trascinante nel secondo quarto) e i 14 a testa per Carmelo Anthony e Steven Adams. “Abbiamo bisogno del contributo di tutti, non solo del nostro MVP, e questa notte c’è stato”, racconta coach Donovan, abile a limitare per quanto possibile Anthony Davis. “Non è un giocatore che puoi pensare di marcare uno contro uno, no. Devi mettergli le mani addosso ed evitare che ti tiri sulla testa degli avversari a proprio piacimento”. Questa volta la difesa dei Thunder funziona come deve e riesce a contenere il n°23 a soli 25 punti, 11 rimbalzi, tre assist e tre stoppate. Nell’ultimo quarto Davis tira soltanto due volte e quella che per un giocatore normale sarebbe un’ottima prestazione, nel suo caso diventa opaca o comunque non sufficiente. New Orleans perde così lo scontro diretto, allunga a quattro il numero di sconfitte consecutive, mettendo seriamente a repentaglio la qualificazione ai playoff. I Pelicans al momento sono ottavi con una sola gara di vantaggio sui Nuggets e nelle ultime cinque partite devono ancora affrontare Clippers, Warriors e Spurs. Ne vedremo delle belle.

Portland Trail Blazers-Memphis Grizzlies 113-98

Il successo più scontato e atteso dell’ultimo periodo (i Grizzlies infatti sembravano già alla vigilia un avversario non molto ostico) è anche quello più dolce per i Blazers, che conquistano l’aritmetica qualificazione ai playoff con due settimane d’anticipo. Una storia ben diversa rispetto a 12 mesi fa, quando sudarono fino all’ultimo secondo con Denver per accaparrarsi un ottavo posto che significava fare la vittima sacrificale contro Golden State. Quest’anno è diverso: Portland è al momento terza in classifica, tutt’altra prospettiva che garantirebbe il fattore campo al primo turno e un avversario certamente alla portata. “Questo è solo il primo passo – commenta Lillard -, nelle prossime due settimane dobbiamo riuscire a garantirci la posizione più in alto possibile e ottenere il fattore campo”. Il numero 0 chiude con 27 punti e nove assist la non competitiva contro la peggior squadra NBA (o una delle), regalandosi la quinta partecipazione consecutiva ai playoff. A lui si aggiunge tutto un quintetto in doppia cifra e ben al di sopra del +20 di plus/minus. Memphis infatti mantiene un minimo di intensità nel primo tempo, prima di essere spazzata via dal 43-24 del terzo quarto che chiude i giochi con un quarto d’ora d’anticipo. La squadra dell’Oregon parte adesso per un tour di quattro trasferte a Ovest; la prima contro Dallas e poi un filotto di impegni che metterà alla prova la tenuta dei Blazers. Il terzo posto della Western Conference, nonostante le tre partite di margine, deve essere ancora conquistato.

Golden State Warriors-Phoenix Suns 117-107

I Phoenix Suns hanno perso le ultime 15 partite in fila, 25 delle ultime 26, 30 delle ultime 32, 33 delle ultime 36. Insomma, il concetto è chiaro: l’ultimo posto è il nostro e nessuno ce lo tocca, né tantomeno abbiamo intenzione di metterlo a repentaglio vincendo contro gli Warriors. E così Golden State si gode un match in cui la notizia è il netto miglioramento delle condizioni di Patrick McCaw, che sembra avere scongiurato il pericolo più grande dei problemi alla schiena, e veleggia verso un comodo successo. Alla sirena finale sono 29 punti, 11 rimbalzi e otto assist per Kevin Durant, a cui si aggiungono i 23 di Thompson e i 13 con 12 assist di Draymond Green. Non c’è Curry, ma il resto della combriccola sta iniziando a scaldare il motore. “Kevin sta tornando a fare il Kevin, non importa il modo in cui lo fa – sottolinea Steve Kerr -, ha talmente tante qualità da far invidia a chiunque, non solo tra i giocatori con cui si confronta, ma nell’intera storia del Gioco. Mettilo sul parquet di fianco a Steph, fenomenale. Schieralo senza Curry, fenomenale lo stesso. Può comunque continuare a prendersi qualsiasi tiro voglia e dominare la gara”. Contro le flebili resistenze di un Josh Jackson da 22 punti - gli stessi messi a referto da Marquese Chriss -, è anche più facile del previsto.  

Chicago Bulls-Washington Wizards 113-94

A 24 ore di distanza dalla conquista del pass per i playoff, gli Wizards impegnati in back-to-back a Chicago hanno iniziato a fare i loro conti guardando la classifica: “Al momento siamo sesti, molto più lontani dal quinto posto dei Pacers che non dal settimo degli Heat. Ok, qualora finisse oggi la stagione contro chi giocheremmo al primo turno? Cleveland. Cle…veland?!?!?”. Ecco, di fronte allo sconcerto generale dovuto al prematuro incrocio con LeBron James nella post-season, a Washington non sarà poi dispiaciuto molto perdere questa gara, in cui John Wall è rimasto a riposo evitando di forzare con la seconda gara in due giorni. I Bulls trascinati dai 23 punti di Lauri Markkanen e dai 18 in 16 minuti in uscita dalla panchina di Bobby Portis vincono una partita che vale il giusto per i Bulls; ossia poco o nulla. “Abbiamo raggiunto la qualificazione ai playoff, ma basta questo per renderci eccitati e felici in questo finale di stagione? Questa è la domanda che dobbiamo porci”, commenta coach Brooks al termine di una sfida in cui i capitolini hanno chiuso con 8/30 dalla lunga distanza. Sulla panchina dei padroni di casa invece sedeva Jim Boylen, l’assistente allenatore di Fred Hoiberg rimasto a casa con la febbre alta. La seconda volta in carriera che gli succede, dopo aver preso il posto di Gregg Popovich dopo un’espulsione nel gennaio 2014 contro Portland. “Questa volta è stato diverso: ho ricevuto alle nove di mattina una chiamata da Fred che mi diceva ‘oggi tocca a te’. Mi sono divertito molto”.

Brooklyn Nets-Detroit Pistons 96-108

In questa gara a ribasso della Eastern Conference, i Pistons senza Blake Griffin vincono contro Brooklyn e tengono viva una flebile speranza di agguantare l’accesso ai playoff. Almeno per un altro giorno. Reggie Jackson segna 29 punti, a cui si aggiungono i 17 in 17 minuti in uscita dalla panchina di Ish Smith. Andre Drummond fa in tempo a chiudere in doppia doppia da 14+13, prima di farsi buttare fuori dagli arbitri a seguito di un duro faccia a faccia con Quincy Acy nel terzo quarto. Il centro numero 0 di Detroit si infastidisce durante la lotta a rimbalzo d’attacco, va al faccia a faccia con l’avversario, lo spintona e poi viene allontanato mentre il giocatore dei Nets sbracciando colpisce con un duro colpo l’arbitro: “Che cosa? Davvero pensate che lo abbia fatto di proposito? C’erano un sacco di persone attorno a me”. Volontarietà o meno, non una bella scena, né tantomeno un colpo che passerà inosservato. Ai Nets non bastano i sei giocatori in doppia cifra e il solito mare di triple tentate (43), che troppo di rado hanno trovato il fondo della retina (12 volte). 

Los Angeles Lakers-Sacramento Kings 83-84

Dopo un grande primo tempo, Buddy Hield ha faticato a ritrovare ritmo, senza mai mollare però la presa sul match. Una tenacia premiata nel finale di gara, in cui la point guard ha mandato a segno 37 secondi dal termine gli unici due punti della sua ripresa, dopo i 17 del primo tempo. “Tanto decisivo è stato nei primi 24 minuti, così impalpabile è risultato nella ripresa. Non ha mai mollato però, è rimasto in campo e ha aiutato i compagni; una caratteristica per cui rendergli merito”, racconta coach Jorger. “Nel bene e nel male, ci ha tenuti in vita lui”. Oltre ai 19 punti di Hield, Sacramento ne raccoglie 15 da Bogdan Bogdanovic e 14 da De’Aaron Fox. La panchina degli ospiti inoltre fa molto meglio di quella dei giallo-viola, chiudendo con un margine di 37-19 alla voce punti; una caratteristica che di solito premia i losangelini, sempre eccellenti in quanto a contributo a gara in corso. Stavolta invece i Lakers si accontentano di 19 punti di Randle e 13 di Kuzma, in una gara da 40% dal campo e 21% dalla lunga distanza. Davvero troppo poco.

Atlanta Hawks-Orlando Magic 94-88

Tyler Dorsey in spogliatoio prima della partita avrà pensato: “Ma quando mi ricapita una non-competitiva del genere in NBA? Aprile, fine regular season tra due squadre alle quali non dispiacerebbe poi tanto perdere per l’ennesima volta”. E così il numero 22enne 41^ scelta all’ultimo Draft da parte degli Hawks si è goduto i suoi 22 minuti in uscita dalla panchina, tirando 8/11 dal campo e 3/5 dall’arco, chiudendo con 19 punti – il suo nuovo massimo in carriera. Canestri decisivi nel regalare il successo agli Hawks, che allontanano i Magic nel momento clou della sfida nonostante i 20 punti di D.J. Augustin e i 15 con quattro rimbalzi di un positivo Jonathan Isaac. Un talento tutto da scoprire, sprofondato in quel buco nero NBA chiamato Orlando Magic. Chissà se riuscirà mai a venirne fuori.