NBA, caos Sixers-Colangelo: è stata la moglie a twittare dagli account fake?
NBAIl presidente dei Philadelphia 76ers ha provato a difendersi dicendo solo "Qualcuno sta cercando di incastrarmi, è chiaro che non sono io dietro agli account" e un nuovo alibi parrebbe scagionarlo. I sospetti si sono spostati sulla moglie, l'italiana Barbara Bottini, con molti dettagli che sembrano coincidere tra gli account
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Mancano solo poche ore alla palla a due delle NBA Finals, ma a tenere banco in NBA è ancora la storia degli account fake legati a Bryan Colangelo. Dopo la notizia che i Philadelphia 76ers hanno affidato a un’agenzia un’investigazione indipendente per far luce su quello che è successo, stanno anche arrivando le prime reazioni da parte dei diretti interessati. Il presidente della franchigia, in particolare, non ha ancora parlato pubblicamente, ma scambiandosi messaggi con il giornalista di Yahoo Sports Jordan Schultz ha scritto che “Qualcuno là fuori sta cercando di incastrarmi… È chiaro che non sono io”. In attesa che si faccia ufficialmente luce sulla vicenda, le speculazioni e le investigazioni “autoctone” sui social network e su Reddit hanno portato alla luce nuove prove. Una, in particolare, libererebbe Colangelo in prima persona dal collegamento con uno degli account incriminati, Eric jr, visto che stando agli orari dei tweet alcuni sono stati fatti mentre lui era impegnato in una conferenza stampa. Il riferimento è a una media availability prima di una partita contro Miami nel febbraio 2017 per parlare dell’infortunio (precedentemente non reso noto al pubblico) di Joel Embiid, minuti durante i quali dall’account Eric jr sono partiti più di un tweet di risposta ad altri utenti che commentavano le parole di Colangelo, creando quindi un alibi di ferro per il presidente – che, come minimo, non è stato l’unico ad usare quell’account.
Il nuovo sospetto: c’è la moglie di Colangelo dietro gli account?
Il problema, piuttosto, è che quell’account era in possesso di notizie riservate prima ancora che ne parlasse Colangelo in prima persona, cose che un tifoso normale o al di fuori dei Sixers non avrebbe potuto sapere con quella precisione. Le ultime ricerche hanno portato quindi a concentrarsi su Barbara Bottini, moglie italiana di Bryan Colangelo: un suo numero di cellulare personale presente su Internet terminerebbe in 91, le due cifre finali del numero di recupero in caso di cambio di password di tre degli account Twitter incriminati. Ovviamente non si tratta di una prova schiacciante, ma è un indizio che è coerente con i tanti altri disseminati specialmente dall’account Eric jr, che ha alcuni follow italiani di profili estremamente religiosi (la fede della signora Colangelo è ben nota, tanto che anche la parola “butt”, culo, è sempre stata scritta utilizzando gli asterischi) oltre che spiegare l’interesse per le sorti della squadra di basket dell’Università di Chicago, dove gioca il figlio Mattia. In alcune occasioni, poi, i tweet sembrano scritti da una persona che conosce l’inglese come seconda lingua, ad esempio mettendo il simbolo dei dollari dopo la cifra (3$) come farebbe un europeo e non prima come farebbe uno statunitense ($3). Tanti piccoli dettagli che vanno nella stessa direzione, e che rendono ormai praticamente certo come minimo che chi scriveva da quegli account aveva un’eccellente conoscenza di quello che succedeva nei Sixers dietro le quinte e un sacco di interessi in comune con la famiglia Colangelo.
Lo strano caso dell’utente Jacob Reuben
Inoltre, sui forum ci si è concentrati sui commenti su vari siti di Sixers e Raptors di un utente in particolare, dallo username Jacob Reuben, due nomi biblici (Giacobbe e Ruben, riferimenti religiosi) e iniziali di Jr, seconda parte del nome dell’account Twitter incriminato. Tra le cose scritte da quell’account ci sono tantissime somiglianze a livello sintattico e di argomenti con quelli scritti dagli account fake su Twitter, dalla decisione di coach Brown di liberarsi di Nerlens Noel ai test fisici falliti da Jahlil Okafor. In altre occasioni, invece, l’autore di quei commenti si era lanciato in sperticati complimenti per l’avvenenza di Colangelo, prendendo in giro invece quello di Sam Hinkie, criticato apertamente anche per la sua presunzione e arroganza. Altre volte, invece, se l’è presa con Tim Leiweke, ex CEO della compagnia che deteneva la proprietà dei Toronto Raptors (la Maple Leaf Sports & Entertainment) e noto oppositore di Colangelo, con il quale ha dichiarato pubblicamente di non andare d’accordo (oltre a decretarne il licenziamento dalla franchigia canadese). Infine, in un’altra occasione ha fatto riferimento al fatto che Colangelo fosse impegnato in un viaggio di scouting in Texas per vedere tre partite in due giorni e per quello non aveva seguito la squadra in trasferta – un dettaglio “logistico” a cui nessuno, neanche il più ossessionato dei tifosi e il più infervorato dei suoi sostenitori, avrebbe potuto avere accesso facilmente. A meno che non si tratti di un membro della sua famiglia.
Le imprevedibili conseguenze per Colangelo e i Sixers
La vera domanda, adesso, è se Bryan Colangelo fosse a conoscenza di questi account e di quello che scrivevano: il fatto che siano stati disattivati tutti e tre poche ore dopo la prima mail arrivata da The Ringer (che però non ne faceva menzione, di fatto pescandoli con le mani nel sacco) suggerisce di sì, o come minimo che Colangelo – sempre che non ci sia direttamente lui dietro – ha detto immediatamente a sua moglie o chi per lei di disattivarli immediatamente, lasciando però intonso Eric jr che da quel 22 maggio non ha più twittato nulla. E ancora di più, bisognerà capire quali azioni decideranno di intraprendere i Sixers, perché se davvero venisse confermato che dietro a quegli account c’era una persona vicina a Colangelo, la sua posizione all’interno e all'esterno della franchigia diventerebbe insostenibile, specialmente per quanto rivelato sui giocatori e in particolare su Joel Embiid. Insomma, al di là di quanto sia divertente la vicenda, le conseguenze per i Philadelphia 76ers potrebbero essere molto pesanti e promettono di dominare le cronache ancora per diverso tempo.