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NBA, lo sfondamento di Durant diventa fallo di LeBron, coach Lue non ci sta: "Siamo stati derubati"

NBA

Mauro Bevacqua

A gara terminata fa discutere tantissimo la decisione degli arbitri di rivedere all'instant replay un fischio di sfondamento, sfociato poi nella scelta di cambiare la decisione iniziale ai danni di LeBron James e dei Cavs. Ma il regolamento dice che...

OAKLAND, CALIFORNIA — In conferenza stampa, quando gara-1 tra Golden State e Cleveland è terminata soltanto da pochi minuti, Tyronn Lue non prende ostaggi: “Siamo stati derubati, non è giusto. Non è mai successo prima che si vada a rivedere una giocata per controllare se il difensore era nel semicerchio sotto il canestro, si veda come non fosse neppure vicino e ciò nonostante si finisca per cambiare la direzione del fischio, che da sfondamento diventa fallo in difesa. Una cosa del genere non è mai stata fatta prima, mai nella storia del gioco, e si decide di farlo oggi, sul palcoscenico più importante, quello delle finali NBA, penalizzando una squadra che ha dato tutto. Non è giusto”, ribadisce amaro l’allenatore dei Cavs. Il fischio occorre a 36 secondi dalla fine di gara-1, con il punteggio sul +2 Cleveland (104-102) e Kevin Durant con il pallone in mano. Il n°35 degli Warriors batte Jeff Green sul perimetro e cerca la penetrazione, trovando LeBron James sulla strada fra sé e il canestro. Il fischio degli arbitri inizialmente sancisce lo sfondamento dell’attaccante di Golden State, ma la terna — sfruttando il fatto che l’azione si svolge all’interno degli ultimi due minuti di gioco — sceglie di utilizzare uno dei trigger (il 12° per l’esattezza, quello che riguarda i fischi che riguardano gli sfondamenti o i falli difensivi all’interno della restricted area) per andare a rivedere quanto accaduto al monitor dell’instant replay. “Ci han detto che stavano rivedendo la posizione dei miei piedi — conferma LeBron James, coinvolto nella fase difensiva dell’azione — per cui ero tranquillo, perché sapevo di essere al di fuori del semicerchio sotto il canestro, per cui il pallone sarebbe stato nostro”. Invece il replay — pur confermando la posizione in campo professata dal n°23 dei Cavs — porta gli arbitri a giudicare il suo movimento di chiusura su Durant come irregolare, con James ancora in movimento al momento del contatto con Durant. Niente sfondamento per Durant, ma fallo per “King” James. Che non ci sta.

La giocata di LeBron, la spiegazione degli arbitri

“Penso di non aver mai letto così bene la giocata di un avversario come questa volta — dice LeBron in conferenza stampa — mai nella mia carriera, mai nella mia vita: ho visto la penetrazione, mi sono posizionato fuori dal semicerchio della restricted area, mi son messo in posizione e ho preso il contatto. Una giocata fantastica. Importantissima”. Premiata dagli arbitri in un primo momento, solo per essere poi penalizzata in fase di instant replay. Metodologia criticata da Tyronn Lue, ma a torto — perché la casistica n°12 prevista dal regolamento dà agli arbitri proprio la facoltà di rivedere un’azione del genere (sfondamento/fallo in difesa) se si vuole avere la certezza di stabilire la posizione dei piedi del difensore al momento del contatto. “Avevamo un dubbio che James potesse essersi trovato all’interno della restricted area”, si legge nella dichiarazione ufficiale affidata a Ken Mauer, uno dei tre arbitri di serata. “Una volta al tavolo, siamo poi autorizzati dal regolamento a giudicare se il giocatore fosse o meno nella regolare posizione difensiva. Pur riconoscendo la posizione esterna alla restricted area, si è ritenuto che la sua difesa non fosse regolare, motivo per cui abbiamo cambiato la chiamata in fallo difensivo”.

Il dubbio

Appurata l’assoluta liceità della decisione arbitrale, l’unico dubbio che rimane — ai Cavs più che agli Warriors — è però un altro: vista l’evidentissima posizione regolare di James al momento del contatto con Durant (il n°23 è almeno un metro fuori dal semicerchio) è più che possibile che gli arbitri — indecisi sulla bontà del loro primo fischio (sfondamento) — abbiano sfruttato il trigger n°12 non tanto per rivedere la posizione dei piedi di LBJ quanto per valutare meglio il fallo in sé (valutazione legittima, discutibile al massimo il modo in cui sono dovuti arrivare a farla). “Non accade spesso ma non è la prima volta che capita”, fa notare Steve Kerr, contraddicendo così il suo collega sulla panchina di Cleveland. “Non ricordo i casi specifici ma è un’evenienza già successa in passato, forse due stagioni fa”, assicura Kerr. Con buona pace di coach Lue.