Con la fine della stagione, si apre ufficialmente "l'estate di LeBron": il suo futuro è al centro delle attenzioni di tutta la NBA, che attende la sua decisione contrattuale. Ma quali sono le opzioni a disposizione di James e quali condizioni peseranno di più?
Per molti versi, l’intera stagione 2017-18 è esistita solo per arrivare a questo punto: conclusa anche l’ultima partita e con tutte le carte sul tavolo, cosa farà LeBron James quest’estate? È la domanda che si stanno facendo tutti e che ora dovrà affrontare anche lui, dopo aver passato gli ultimi 12 mesi – e probabilmente qualcosa di più – a respingere ogni assalto da parte di giornalisti e appassionati, ripetendo all’infinito il ritornello secondo il quale avrebbe affrontato la sua free agency “a tempo debito”. Beh, ora quel tempo è arrivato: la sconfitta in Finale per mano dei Golden State Warriors ha lasciato sicuramente degli strascichi nella testa di James, e la scena vista alla Quicken Loans Arena di Cleveland era di quelle che assomigliavano più a un addio che a un arrivederci all’anno prossimo. Ad ogni modo, ogni opzione è davvero sul tavolo per il Re, che avrà tantissime cose diverse da dover considerare, tenendo come punto focale un interesse che nelle ultime due volte in cui era stato vicino a cambiare squadra non aveva considerato. Se il passaggio ai Miami Heat del 2010 aveva come obiettivo assoluto quello di vincere dei titoli e il ritorno ai Cleveland Cavaliers del 2014 era stato descritto come una “legacy move”, una decisione basata sulla sua “eredità” ai posteri, quella di quest’anno sarà soprattutto una scelta personale, ovverosia legata alla sua famiglia. Come scritto da ESPN, James sente di non avere più nulla “da dimostrare” al mondo: non ha dei sassolini da togliersi dalle scarpe né degli obiettivi senza i quali la sua carriera non può dirsi completa. Detto ciò, sente di avere ancora parecchia benzina nel serbatoio per potersi giocare il titolo anno dopo anno (e gli ultimi playoff lo confermano ampiamente), ma di non poterlo più fare da solo: come ha detto anche lui, vuole avere del talento attorno per poter continuare a competere per l’anello. E chi riuscirà a offrirgli il miglior contesto possibile – che non significa solo il resto del roster, ma anche un posto dove spostare la sua famiglia – avrà le maggiori chance di convincerlo a firmare.
La questione della famiglia
A differenza del 2010 e del 2014, i figli di James – LeBron Jr. detto Bronny, 13 anni, e Bryce, 11 – hanno un’età tale da poter dire quantomeno la loro opinione. Il primo, in particolare, sembra avere un bel potenziale come giocatore di pallacanestro, con i suoi video che sono già diventati virali negli ultimi anni e delle voci che vogliono papà James rimanere in campo fino a quando suo figlio non arriverà in NBA per prenderne il posto. Il suo sviluppo e la possibilità per il padre di seguirlo nelle sue partite sarà una delle cose da tenere in considerazione per la prossima mossa, così come è da escludere che la sua famiglia non lo segua nella sua prossima avventura come successo nel 2010, considerando la presenza anche della piccola Zhuri (3 anni). I James hanno ovviamente una casa nei dintorni di Akron, città natale dei genitori, ma negli ultimi anni hanno acquistato diverse ville a Los Angeles che utilizzano come residenze estive, complici gli interessi commerciali di LeBron in quell’area. Capire quale sarà il contesto familiare migliore per i James è uno dei fattori più importanti da tenere in considerazione, di certo il più determinante al di fuori del basket.
L’opzione numero 1: rimanere a Cleveland
Paradossalmente, la speranza più grande per i Cleveland Cavaliers è che la famiglia di James gli chieda esplicitamente di non spostarsi ancora, rimanendo nel Northeast Ohio come negli ultimi quattro anni. Di base, questa sarebbe probabilmente l’opzione preferita da James, che continuerebbe a giocare per quelli che considera i “suoi” tifosi e la “sua” gente nel suo stato natale, in una comunità nella quale è considerato una figura di assoluto riferimento. Quando quattro anni fa ha scritto di voler chiudere la sua carriera a Cleveland diceva sul serio, ma quanto successo nell’ultimo anno – dall’addio di Kyrie Irving agli scambi all’assurda stagione vissuta con i Cavs – potrebbe averlo convinto che un cambio di scenario sia necessario più per motivi cestistici che per motivi personali.
Detto questo, i Cavs hanno ancora delle carte da potersi giocare, ovverosia ricostruire attorno a lui un contesto cestistico interessante e che lo invogli a continuare nella sua franchigia preferita. Per riuscirci, però, servirà una rivoluzione in piena regola: è pressoché certo che i migliori asset a disposizione – l’ottava scelta al prossimo Draft e Kevin Love – vengano messi sul mercato, probabilmente anche assieme, per cercare di arrivare a una “spalla” degna di questo nome. Anche il resto del roster, però, è disponibile a essere scambiato, a partire dai giocatori con un solo anno di contratto rimanente (George Hill, J.R. Smith e Kyle Korver, tutti garantiti per il prossimo anno ma con un non-garantito per il 2019-20) a quelli con altri due anni (il già citato Love, Tristan Thompson e Jordan Clarkson). Più difficile e meno interessante muovere gli accordi minori con i vari giovani Cedi Osman, Larry Nance Jr. e Ante Zizic, ma se un loro sacrificio si rendesse necessario per rendere più semplice qualche trade, i Cavs lo farebbero senza pensarci troppo.
Certe mosse potrebbero rendersi necessarie a prescindere da James, perché sia che rimanga che non rimanga il Re i Cavs non possono rimanere gli stessi di quest’anno, ma è chiaro che il mercato per certi giocatori non sarà particolarmente entusiasmante: difficile aspettarsi anche solo un All-Star, mentre è facile che le altre squadre (partendo anche da una posizione di vantaggio, conoscendo l’urgenza dei Cavs) propongano giocatori dai contratti pesanti e scomodi. Creare una squadra in grado di competere con i Golden State Warriors – o con i Boston Celtics e i Philadelphia 76ers nel prossimo futuro della Eastern Conference – partendo da questi “pezzi” è estremamente difficile, oltre che probabilmente costosissimo. Per convincere uno come LeBron James a rimanere, però, è necessario prendersi dei notevoli rischi: il General Manager Koby Altman e il proprietario Dan Gilbert sono attesi a settimane decisamente cariche di tensione per arrivare dal Re con un piano credibile per rendere di nuovo i Cavs una contender per il titolo.
L’opzione numero 2: un anno di contratto e scambio
LeBron James tecnicamente non è un free agent: può diventarlo nel caso in cui decida di non esercitare l’opzione da circa 36 milioni a suo favore, la cui scadenza è il prossimo 29 giugno. Come successo con il suo amico Chris Paul lo scorso anno, James potrebbe fare “opt-in” sul suo prossimo anno di contratto e poi imporre ai Cavs di essere scambiato. In questo modo si creerebbe una situazione di “sign-and-trade di fatto” che andrebbe incontro a tutte le parti in causa: James potrebbe scegliere la sua prossima destinazione tra le altre 29 squadre senza alcuna restrizione; la squadra da lui scelta potrebbe scambiare per lui senza dover creare i 30 e passa milioni di spazio salariale necessari per firmarlo come free agent; e i Cavs riceverebbero in cambio qualcosa di loro gradimento, in termini di giocatori o di scelte. Ovvio che tutte le parti debbano essere concordi nel fare questo affare assieme, a partire da James e da Gilbert il cui rapporto non è dei migliori, per usare un eufemismo: nel 2010 i Cavs chiusero una sign-and-trade con i Miami Heat scambiando James ricevendone in cambio delle scelte al Draft, ma non è detto che vogliano farlo anche quest’anno se il “ritorno” dovesse essere sgradito (leggi: non prenderebbero il contrattone di Ryan Anderson dai Rockets tanto per farlo).
Quello dell’“opt-in-and-trade” è certamente lo scenario preferito finanziariamente da James (che manterrebbe la sua “no-trade clause” e i Bird Rights per rifirmare al massimo salariale tra un anno) e da tutte le squadre senza spazio a partire dagli Houston Rockets (che, come detto, lo hanno già fatto lo scorso anno con CP3) ma anche dai Boston Celtics (che teoricamente avrebbero i pezzi più interessanti da dare ai Cavs, sia a livello di giovani che a livello di veterani come Al Horford oppure, volando parecchio con la fantasia, persino Kyrie Irving). Il problema è che comunque la squadra ricevente dovrebbe dare qualcosa in cambio di James, rendendo così in qualche modo meno interessante il contesto cestistico attorno a lui in termini di talento (cedendo giocatori di rotazione sotto contratto) o di prospettive future (dando via scelte che potrebbero tornare utili per altri veterani o per giovani a basso costo), pur lasciando alla squadra ricevente la possibilità di rifirmare i propri free agent una volta ricevuto James (ad esempio, i 76ers con J.J. Redick). In questo scenario rientrerebbero nel caso anche i San Antonio Spurs, anche se sarebbe necessario un lavoro di convincimento speciale da parte di Gregg Popovich per spingere il Re al trasferimento in Texas, oltre a dimostrare di aver risolto le divergenze con Kawhi Leonard.
L’opzione numero 3: firmare con una nuova squadra
Ovviamente, rimane l’opzione più semplice: firmare un nuovo contratto con una squadra con lo spazio salariale necessario per assorbirlo senza cedere nulla. Tra queste, l’assoluta favorita sono i Los Angeles Lakers, che offrono qualcosa che le altre squadre non possiedono: dare a LeBron James la possibilità di “scegliersi” l’altro All-Star con cui dare l’assalto al titolo, visto che per loro è abbastanza semplice creare lo spazio per due contratti al massimo salariale. E se c’è una cosa che si può imparare dalle scelte di James in free agency è che ha sempre cercato di massimizzare il talento attorno a sé, scegliendo di unirsi a Dwyane Wade e Chris Bosh nel 2010 e a Kyrie Irving (già presente) e Kevin Love (arrivato via trade) nel 2014. In questo scenario rientrano però anche i Philadelphia 76ers, che non hanno lo spazio per un’altra stella ma possono mettere sul tavolo il talento di Ben Simmons e Joel Embiid, oltre a possedere una prima scelta assoluta come Markelle Fultz a roster (sia per tenerlo che per cederlo nel caso in cui non venisse ritenuto adatto a competere da subito).
Le cose poi cambiano molto rapidamente, specialmente durante il mercato NBA: tutte le 30 dirigenza hanno da qualche parte nei loro uffici un piano nel caso in cui LeBron James decidesse di scegliere loro, perché un giocatore di questo calibro richiede che nulla venga lasciato al caso. La storia più importante della stagione 2018-19 è già cominciata: le prossime settimane saranno decisive per il futuro stesso della lega.