Luka Doncic è il miglior giocatore d’Europa, ha soli 19 anni, ha vinto tutto nelle ultime due stagioni ed è pronto a prendersi anche la NBA. A patto però di non fermare il suo percorso di crescita, a detta di alcuni senza molto margine come le sue doti fisiche
A differenza dei prospetti cresciuti nei college americani, seguiti da vicino da tanti GM e scout NBA con frequenza e costanza, ma spesso all’ombra per chi guarda dall’altra parte dell’oceano, la candidatura di Luka Doncic al prossimo Draft è tra le più scontate e attese per il pubblico europeo. Nell’ultimo biennio infatti la point guard slovena si è affermata come il miglior giocatore del continente. Nessuno tra quelli che non calcano già un parquet NBA può vantare le sue doti, la sua maturità e la capacità di resa nei momenti cruciali; il tutto condensato nel corpaccione di un ragazzo che ha da poco compiuto 19 anni. Una cosa è certa: non c’è mai stato un teenager al di fuori degli Stati Uniti che garantisse questo tipo di qualità e completezza. Doncic nelle ultime due stagioni (o poco più) è passato dall’essere un promettente esordiente al diventare il miglior giocatore dell’Eurolega, in grado di vincere qualsiasi premio di squadra e individuale a disposizione con il Real Madrid e infrangendo qualsiasi tipo di record legato all’età. Nessuno era mai riuscito a 19 anni a guidare una squadra al successo in Eurolega, nove mesi dopo il trionfo conquistato al fianco di Goran Dragic agli europei con la Slovenia. Insomma, tocca solo fare il calcolo degli incastri per capire quanto in alto finirà al prossimo Draft, con buona pace di chi voleva godersi un altro po’ il suo talento sui parquet d’Europa. Ben consapevoli del fatto di non dover commettere l’errore opposto rispetto a quello che spesso viene imputato agli scout a stelle e strisce: Doncic probabilmente potrebbe non essere la prima scelta (il fit Ayton-Phoenix è perfetto per mille ragioni), e magari neanche la seconda (questo già sembra meno probabile come ipotesi), ma questo tipo di decisioni non sarebbero frutto di una messa in discussione del talento sloveno o di una mancata comprensione del suo potenziale. Alle valutazione fatte prima di una scelta infatti bisogna tener presente il tipo di giocatore che serve alle squadre in questione, degli incastri all'interno del roster che si possono ottenere con quella chiamata. Una scelta al Draft va sempre ben al di là del dire “mi prendo il più forte”, è bene ricordarlo.
Punti forti: visione di gioco, ball handling e maturità da veterano
Se si parlasse di talento puro infatti, la gara diventerebbe molto complicata per tutti gli altri. Il giocatore più forte oggi del Draft è lui, ma il ragionamento va sempre fatto in prospettiva. Doncic è nato il 28 febbraio 1999 a pochi chilometri dal confine italiano (quanto sarebbe cambiato il nostro intero movimento cestistico se quel parto fosse avvenuto al di qua di quella linea), è alto più di due metri (204 centimetri all’ultimo rilevamento, ma continua a crescere), chiaramente sovradimensionato rispetto a tanti suoi colleghi di ruolo. A differenza degli europei costretti spesso a fare tantissimo lavoro in palestra una volta scelti in NBA, Doncic sembra anche discretamente corazzato a livello fisico per risultare funzionale sin da subito alla squadra che deciderà di sceglierlo. In pochissimi possono vantare la sua capacità di passaggio, illuminante e spesso inattesa per qualsiasi tipo di avversario. La sensibilità del tocco è unica e unita alla velocità d’esecuzione rende la vita impossibile al difensore diretto, spesso più basso di lui e quindi facilmente scavalcato dai suoi passaggi. Doncic gioca a basket da una vita (nonostante la sua sia stata molto breve) e riesce a coniugare tutto questo con una qualità nel palleggio di altissima efficacia. Cambi di mano, crossover, incroci in palleggio sgorgano dalle sue mani senza sforzo apparente, così come l’inestimabile capacità di riuscire a controllare il ritmo delle sue giocate. È lui che detta i tempi, che sa far male anche quando rallenta e che decide la velocità di crociera dell’intera squadra.
Questo lo porta spesso a lucrare falli e tiri liberi (che realizza con percentuali di gran lunga superiori a quelle ondivaghe con cui conclude da lontano), a trovare punti pesanti e a ottimizzare la sua produzione e quella della squadra. A livello europeo infatti il suo corpo assorbe alla grande i contatti, permettendogli di mantenere il controllo e l’equilibrio in qualsiasi situazione. La mano è morbidissima, nonostante il tiro non sempre abbia garantito la stessa resa, spesso creato da solo senza bisogno che i compagni generino vantaggio per lui. Il suo gioco in isolamento è già affidabile e immune rispetto al momento della partita: Doncic non sente la pressione e lo ha dimostrato già ad altissimo livello, caricandosi sulle spalle responsabilità che raramente un 19enne si era sobbarcato. Quello infatti sembra essere il suo punto di forza principale rispetto a tutte le altre potenziali scelte: Doncic è una scelta in parte già vinta, un investimento sicuro e dal rendimento immediato. Spesso i prospetti più acerbi perdono il loro potenziale per strada, restano delle promesse inespresse o diventano degli eterni incompiuti. Lo sloveno invece è già un giocatore a tutto tondo, prima ancora di indossare il capellino dopo aver sentito pronunciare il suo nome da Adam Silver. Un lusso non da poco per le tante squadre NBA a caccia di certezze da cui ripartire.
Punti deboli: scarso atletismo e ridotti margini di miglioramento
Quanto raccontato qualche riga più su in realtà potrebbe rivelarsi anche come uno dei grandi limiti per chi decidesse di puntare su Doncic. Sembra paradossale, ma essere già così forte potrebbe essere controproducente per chi deve fare una scelta pensando ai prossimi dieci anni e non dieci mesi. La point guard slovena infatti, secondo gli scettici, ha già compiuto buona parte del suo sviluppo, avendo sì bruciato le tappe, ma non avendone molte altre a disposizione da percorrere nei prossimi anni. Quando una squadra NBA ha la fortuna di poter scegliere tra le prime posizioni al Draft, l’obiettivo è quello di trovare un giocatore che rivoluzionerà la resa della franchigia nel decennio successivo, un potenziale MVP o qualcosa di simile. Livelli d’eccellenza dai quali Doncic è ancora distante (e ci mancherebbe altro), ma scalini che potrebbe non riuscire mai a salire. La critica più ricorrente infatti è quella relativa al suo sviluppo fisico e atletico, ridotto per qualità e soprattutto per margine. Doncic non fa certo dell’esplosività la caratteristica con cui impressionare gli scout NBA e non sembra avere la costituzione fisica che gli permetta di riuscirci anche in futuro. Nel ruolo di point guard si ritroverà a fronteggiare avversari più vecchi, ma al tempo stesso più atletici di lui: carenza che lo esporrà a livello difensivo e che soprattutto potrebbe fermarne la crescita futura.
La difesa infatti resta un tasto dolente: già in Europa, dove il livello atletico è più basso, Doncic ha faticato più volte nel correre dietro agli avversari, a contenerli con scivolamenti difensivi e a garantire il giusto livello di rapidità. Carenze che ad esempio non gli permettono di creare sufficiente separazione quando deve tirare cadendo all’indietro o di battagliare con convinzione quando è costretto a difendere sul pick&roll. L’utilizzo della mano sinistra non è frequente, soprattutto quando si tratta di andare a chiudere un’azione al ferro: un’altra caratteristica da affinare per un giocatore che difficilmente riuscirà a superare l’avversario diretto grazie alla mobilità o alla rapidità. In una lega d’eccellenza come la NBA, per riuscire a fare la differenza non bisogna per forza di cose essere completi, anzi. Ma al tempo stesso si devono garantire punte d’eccellenza in alcuni fondamentali: per quello Doncic dovrà fare un grande lavoro sul suo tiro, mai costante nella resa e nel trovare il fondo della retina negli ultimi mesi. Se non puoi battere dal palleggio il tuo avversario, devi costringerlo a restare attaccato a te per paura della tua precisione realizzativa, altrimenti non generi vantaggio. E senza quello non riesci a mettere in moto nessun attacco NBA.
Fit e comparison: dopo Phoenix, Sacramento non può pensare di rinunciare a lui
L’All-Star da prendere come riferimento (massimo) è James Harden, anche lui “più grosso che muscoloso” e non sempre apparso con la giusta forza atletica per battagliare su un palcoscenico NBA. Il Barba però è il simbolo di come si possa essere MVP (o quasi) nonostante questi limiti e chiunque oggi metterebbe la firma per avere in prospettiva tra qualche anno a disposizione un giocatore del genere. La tecnica, il sacrificio e l’ottimizzazione di ogni gesto sul parquet però saranno decisivi per scandire le tappe di un eventuale sviluppo verso quel tipo di eccellenza. Doncic però ha tutte le carte in regola per riuscirci, nonostante gli scettici dicano ben altro. Resta solo una domanda da porsi: quindi, chi lo prende? Beh, la scelta di mettere coach Kokoskov alla guida dei Phoenix Suns sembrava poter essere un indizio importante per garantirgli una chiamata prima di tutti gli altri al prossimo Draft, ma negli ultimi giorni invece le voci che portano ad Ayton hanno ripreso vigore. Phoenix difficilmente rinuncerà a un centro del genere, cresciuto in Arizona e già pupillo dei tifosi di casa. Doncic riempirebbe uno spot in parte già coperto dai giovani talenti dei Suns, mentre Ayton potrebbe diventare il riferimento in area che tanto manca a Phoenix. La palla dunque passerà ai Kings, con Vlade Divac nel ruolo di GM e una spiccata propensione a guardare ai giocatori internazionali che non permetterà ai Kings a cuor leggero di poter rinunciare a lui, nonostante un profilo come Marvin Bagley III sia indicato da molti come seconda scelta al suo posto. Dietro di loro poi eventualmente Atlanta e Memphis sono pronte a non farselo scappare: aver perso la lottery per loro potrebbe rivelarsi come la più dolce delle sconfitte. Tutto per merito di Doncic.