Nella lunga lista delle pretendenti estive per James ci sono anche i Los Angeles Lakers, che a differenza di tutte le altre squadre in corsa possono vantare un gran bel vantaggio: permettere a LeBron di “scegliere” l’All-Star da portare con sé a Los Angeles
Cleveland sarebbe una scelta di cuore (e definitiva per dare continuità alla parte finale della sua carriera), Houston invece quella per puntare a vincere nel modo più immediato. Philadelphia l’idea che lo stuzzica di più, perché a livello di potenziale forse i Sixers potrebbero rivelarsi quelli con cui fare il passo in avanti più inatteso e pieno di soddisfazioni. Nessuna di queste opzioni però garantisce a LeBron James quello che possono offrire i Lakers, ossia la possibilità di scegliersi (al netto dei margini di manovra dettati dalle situazioni contrattuali dei colleghi) il compagno di squadra da mettersi accanto. Per intenderci: andare a Los Angeles non vuol dire poter decidere di portare con sé Kevin Durant. No, KD rinnoverà con gli Warriors e resterà a Golden State, ma giocatori diversi come Paul George e Chris Paul (nomi tutt’altro che casuali) potrebbero decidere di seguire le sue orme e formare una super coppia ai Lakers, attorno alla quale mettere in piedi una squadra da vertice. Le perplessità sono relative soprattutto al capire quanto competitivo potrebbe rivelarsi un gruppo del genere nell’immediato, impegnato in una Western Conference sempre più ricca di talento e con un roster tutt’altro che abituato a fare corsa al vertice. Tanti interrogativi a cui si aggiungono poi questioni familiari: James possiede diverse case a Los Angeles, alcuni dicono abbia fatto la preiscrizione dei suoi figli nelle scuole della zona (non che ce ne fosse bisogno, qualsiasi scuola d’America troverebbe con facilità un posto in classe per i figli di James), con LeBron che non ha mai nascosto il suo amore nei confronti della città, raccontando come Los Angeles sarebbe piacevole come possibile prospettiva di vita anche per la sua famiglia. Tanti indizi che fanno una prova soltanto in parte, visto che le controindicazioni di un’operazione del genere sono chiare. Una su tutta, che il n°23 ha conosciuto così spesso in carriera: l’impossibilità di circondarsi di un gruppo in grado di dargli una mano fino in fondo, di competere sin da subito ad altissimo livello contro una delle squadre più forti di sempre nella storia del Gioco.
Lakers, quanto spazio salariale: c'è posto per due All-Star (nonostante Deng)
Il punto di forza dei Lakers è che i giallo-viola hanno a disposizione un bel po’ di spazio salariale, liberato però dai tanti posti in squadra che resteranno vacanti dal prossimo 1 luglio e andranno riempiti con intelligenza. I due contratti più esosi che i losangelini hanno dovuto onorare nell’ultima stagione erano quello da 22.6 milioni di Brook Lopez e da 17.7 di Kentavious Caldwell-Pope, entrambi free agent e giunti a scadenza. Ai loro si associano poi le cifre contenute relative ai contratti da rookie di Brandon Ingram, Lonzo Ball e Kyle Kuzma; l’ossatura di una squadra tutta da costruire, ma molto promettente e futuribile. Con Channing Frye e Isaiah Thomas in scadenza e già certi di non trovare posto in squadra, Magic Johnson è riuscito a liberare in extremis lo scorso febbraio altro spazio, rimuovendo dal salary cap il contratto di Jordan Clarkson e dovendo dire addio a Larry Nance Jr.. Questi gli aspetti positivi, prima di arrivare però alla nota dolente, rappresentata dai 18 pesantissimi milioni di dollari previsti dal contratto di Luol Deng, ultimo residuo della sciagurata gestione fatta prima dell’arrivo della nuova dirigenza. I Lakers infatti al momento hanno solo 34 milioni di dollari garantiti (su una proiezione che va ben oltre i 100 da spendere in stagione), 18 dei quali riservati a Deng, senza il quale sarebbero potuti essere addirittura tre i super contratti da poter incamerare per i losangelini. Così invece il margine di manovra è parzialmente limitato, ma resta lo stesso abbastanza ampio per convincere James con un’offerta da massimo salariale e al tempo stesso affiancandogli una superstar con cui poter trovare l’intesa sul parquet (senza chiedere sacrifici economici a entrambi).
Scatta il toto-nomi: Paul George e Chris Paul i più ambiti
A questo punto l’ultimo aspetto da approfondire è quello delle opzioni da valutare relative al mercato per i losangelini, consapevoli di essere in cima alla lista dei desideri di Paul George, arrivato a rompere l’accordo con i Pacers la scorsa estate proprio perché non intenzionato a cercare un rinnovo. La scelta del n°13 passato poi ai Thunder era chiara: portare a termine il suo contratto, declinare la player option da oltre 20 milioni di dollari a disposizione e cercare un accordo di lunga durata con i Lakers; la sua squadra del cuore, la città in cui è nato e il coronamento di un’intera carriera. Questo potrebbe forse convincerlo a fare dei sacrifici a livello economico (firmare un biennale e rimandare il contratto da massimo salariale al prossimo anno, ad esempio), pur di permettere un incastro ancora più letale e convincente a livello di nomi. Portare i soli James e George in squadra potrebbe non bastare (almeno se si parla di titolo NBA), visto che poi ci sarebbero grosse carenze da riempire nel roster sia a livello di lunghi sotto canestro, che per quel che riguarda la profondità della panchina. Un problema che si riproporrebbe anche qualora la scelta cadesse su Chris Paul, amico di vecchia data di James, della sua stessa età, ma con un fisico che già da qualche anno ha mostrato preoccupanti segni di declino. Nel caso di CP3 l’investimento di centinaia di milioni di dollari potrebbe essere rischioso perché porterebbe i Lakers a spendere oltre 40 milioni a stagione quando Paul avrà 36, 37 e anche 38 anni. Il tutto poi non garantirebbe ulteriore margine di manovra, con la delicata questione del ruolo sindacale ricoperto dalla point guard di Houston a gravare sulla trattativa. Aspetto non secondario infatti è che sia Paul che James si sono spesso battuti negli scorsi anni per garantire che i giocatori ricevessero il massimo compenso possibile e la scelta di accettare una riduzione per “favorire” i proprietari sarebbe un gesto in forte contrapposizione con le loro battaglie. Una questione che sembra formale, ma che potrebbe rivelarsi molto più sostanziale del previsto. LeBron è avvisato: se vuole scegliere con chi giocare il prossimo anno, i Lakers sono disposti a esaudire i suoi desideri.