Un difensore interno di altissimo livello e un potenziale inesplorato da tiratore in attacco uniti in uno dei corpi più incredibili che si siano mai visti al Draft: ci sono tantissimi motivi per innamorarsi di Mo Bamba, ma anche tantissimi passi da fare per realizzare tutto quello che promette di essere
Studiando i vari prospetti del prossimo Draft, è difficile non rimanere affascinati dall’immenso potenziale e dalla personalità debordante di Mo Bamba. Il suo nome è sempre rimasto nella top-5 nell’ultimo anno, quindi non stiamo parlando di uno sconosciuto, ma solo nelle ultime settimane le sue quotazioni stanno cominciando a guadagnare terreno sui prospetti più quotati, complice anche il lavoro individuale a cui si è sottoposto dopo aver concluso la sua prima e unica stagione all’università di Texas. A far alzare più di un sopracciglio in giro per la lega e tra i media sono state le sue misurazioni fuori da ogni logica, registrando l’apertura di braccia più ampia di sempre (oltre 238 centimetri, superando i quasi 234 di Rudy Gobert) ma anche una velocità sui tre quarti di campo di soli 3.04 secondi, migliore rispetto a quelle di fulmini del calibro di Russell Westbrook, Dwyane Wade e John Wall alla sua età. Questo giusto per far capire che stiamo parlando di un freak atletico spaventoso che nel suo anno a Texas ha fatto vedere una presenza difensiva di primo livello in area, specialmente a rimbalzo (14 per 40 minuti) e nelle stoppate (4.8 per 40). Ma al di là di quello che sa fare e quello che promette di fare in campo, Bamba è anche un ragazzo estremamente brillante nei rapporti interpersonali e in particolare davanti ai microfoni, stregando tutti con il suo modo di fare quasi da politico consumato e in grado di “spaccare lo schermo” con la sua simpatia non troppo dissimile da quella di Joel Embiid. E proprio il centro dei Sixers, oltre a essere suo amico, è il suo punto di riferimento offensivo, complice il fatto di aver cominciato un serratissimo lavoro individuale con il trainer che ha curato lo sviluppo del camerunense, il quotatissimo Drew Hanlen - il quale ha già messo mano e migliorato molto la sua meccanica di tiro.
Storia personale: figlio di immigrati, figlio di Harlem
Ad aumentare l’attrattiva personale attorno al personaggio c’è anche la storia personale. Bamba è un figlio di Harlem, quartiere nero di New York, nato da una coppia di immigrati della Costa d’Avorio, e ha avuto la tipica infanzia di un ragazzo di quelle parti: un appartamento troppo piccolo per contenere la miriade di cugini, zie e parenti vari che passavano in città; mamma Lancine estremamente presente; un padre che invece è tornato nel paese natio, anche se il supporto da parte dei genitori a suo dire non è mai mancato, permettendogli di frequentare delle scuole di tutto rispetto. Bamba ha due fratellastri, Sidiki Johnson e Ibrahim Johnson, entrambi giocatori di pallacanestro con svariate esperienze in diversi college che sono andate male anche per problemi con la legge. Mohamed detto “Mo” invece non ha mai preso la strada sbagliata, innamorandosi della pallacanestro quando aveva sei anni - sempre un buon segnale per giocatori così alti che spesso vengono spinti allo sport solo perché troppo portati fisicamente per non farlo, ma senza una reale motivazione - e mantenendo sempre bene in testa l’obiettivo finale di arrivare alla NBA.
Per riuscirci da un paio di anni ad accompagnare la sua crescita c’è tale Greer Love, liberamente descrivibile come una figura da mentore ma anche amico, partner commerciale, manager, consigliere, autista, bersaglio preferito delle sue battute e all’occasione perfino cuoco. Una figura però abbastanza ambigua sulla quale anche la NCAA ha voluto vederci chiaro - soprattutto per l’eventualità che venisse pagato da soggetti terzi per far arrivare a Mo dei soldi sottobanco o sotto forma di regali - senza però trovare nulla di sostanzioso. Quali che siano le motivazioni che hanno portato Love a lasciare il suo lavoro per seguire la carriera di Bamba, di sicuro c’è che lo ha aiutato moltissimo in questi anni per tenerlo sulla retta via, mettendolo in contatto con i migliori esperti possibili nel proprio campo per diventare il miglior giocatore possibile. Come detto dallo stesso giocatore: “Greer è un esperto a trovare esperti”.
Punti forti: un Rudy Gobert che studia da Unicorno
Uno di questi esperti è ovviamente Hanlen, con il quale Bamba ha cominciato un lavoro individuale che lo occupa per sei giorni alla settimana dall’alba al tramonto, curando ogni aspetto del suo sviluppo da quello ovviamente tecnico e fisico passando per l’alimentazione e lo studio delle varie situazioni di gioco, ma anche yoga, boxe, allenamenti in spiaggia e terapie. Questo lavoro ha dato talmente tanti risultati che probabilmente il giocatore che entrerà in NBA sarà piuttosto diverso rispetto a quello visto nell’unico anno a Texas: avendo già allenato Joel Embiid in passato (e facendoli anche incontrare), Hanlen ha impostato il lavoro di Bamba per aggiungere pezzi su pezzi all’arsenale di soluzioni e movimenti, in verità piuttosto grezzo e scarso al college. L’idea è quello di renderlo un attaccante completo sia come tiratore dall’arco (facendolo lavorare in spot-up e in particolare dagli angoli, migliorando la rapidità di rilascio, di atterraggio e l’angolo di apertura dei gomiti con risultati più che soddisfacenti, come quelli già avuti rimettendo a posto il tiro di Jayson Tatum) quanto nel mettere palla per terra in uno contro uno o in situazioni dinamiche, con l’obiettivo di avere un impatto migliore in attacco grazie alle spaziature degli attacchi NBA giocando da 5.
La metà campo in cui invece Bamba può avere impatto già adesso è quella difensiva: il prodotto di Texas possiede quelle misure che non si insegnano arrivando in punti del campo e ad altezze che sarebbero proibitive per quasi tutti, ma è avanzato anche a livello di letture e di istinti difensivi, oltre a muovere molto bene i piedi per un giocatore di quella stazza. Bamba ha quella mobilità laterale e quella coordinazione che lo rendono potenzialmente un giocatore in grado di cambiare su tutti i blocchi, anche se ha molti passi avanti da fare per capire come sfruttare a pieno il vantaggio di misure da contrapporre allo svantaggio di rapidità con le guardie che si troverà ad affrontare. Riuscisse a capire come avere impatto senza incorrere in troppi falli trovando le giuste distanze, le sue braccia potrebbero diventare il terrore dei tiratori avversari, arrivando ad alterare conclusioni in closeout così come lo fa in area, dove è semplicemente insuperabile se è in posizione.
Una volta chiusa la giocata difensiva, Bamba possiede poi quella velocità che non si può arrestare in transizione, correndo come una gazzella in campo aperto e volando facilmente sopra il ferro per chiudere la giocata, mostrando un’ottima capacità di finire con entrambe le mani (74% al ferro nell’attacco a metà campo). A Texas, anche in un attacco che lo metteva a fianco di un altro lungo interno e quindi non nel suo setting ideale (cosa che si vede soprattutto dai suoi numeri nel pick and roll, inferiori a quelli che ci si potrebbe aspettare da un portento fisico del suo calibro), ha mostrato capacità solide anche come passatore, pur non essendo evidentemente un playmaker da posizioni stanziali o uno straordinario lettore del gioco, come si nota dalle palle perse superficiali. Mettendo assieme tutti i pezzi del suo skillset, però, è evidente come il suo potenziale da àncora difensiva che studia per diventare un unicorno in attacco sia estremamente intrigante, addirittura da prima scelta assoluta.
Punti deboli: forza fisica, intensità e agonismo
Al netto delle sue misure spaventose, Bamba non è ancora un atleta completo - e possiede dei limiti di intensità e di fisicità che potrebbero diminuirne l’impatto. Il figlio di Harlem ha un corpo estremamente lungo ma anche estremamente stretto specialmente al livello delle anche, rendendo piuttosto semplice spostarlo fisicamente a questo stadio del suo sviluppo. A questo aggiunge il fatto che non sia un giocatore estremamente duro a livello mentale, mancando di quell’intensità e di quel “motore” fondamentale per avere successo nelle aree della NBA, dove essere più lunghi di chiunque in certe situazioni può diventare più uno svantaggio che un vantaggio. Bamba non è un giocatore particolarmente esplosivo avendo bisogno di diverso tempo per azionare il suo salto (non è DeAndre Jordan, per intenderci), oltre a possedere il brutto vizio di abbassare il pallone una volta che lo ha ricevuto nei pressi dell’area, rendendosi facilmente derubabile dalle guardie e dagli esterni più bassi di lui. In più, tende ad accontentandosi spesso di una conclusione in allontanamento “galleggiando” sul perimetro, senza attaccare fisicamente l’avversario.
Bamba è un prospetto élite dal punto di vista difensivo quando si trova in area, ma può andare incontro a problemi nel “difendere nello spazio” lontano dal pitturato contro avversari rapidi e veloci nell’attaccare il suo piede debole per superarlo. D’altronde è un problema tattico che anche uno come Rudy Gobert affronta ancora adesso, non fosse altro per il fatto di essere 2.16 in un mondo dominato da giocatori attorno o sotto ai due metri che fanno dell’esplosività dal palleggio la propria migliore qualità. Il grosso dubbio su di lui riguarda anche la sua capacità di reggere la concentrazione e l’intensità per 48 minuti e per 82 partite più playoff: nel suo anno a Texas - che, per sua stessa ammissione, è stato affrontato con l’idea di fare subito il salto in NBA - spesso è sembrato costeggiare le partite e non dare il 100% come agonista, facendosi prendere posizione troppo facilmente o portando blocchi pigri. In generale ci sono stati momenti in cui ha lasciato un certo senso di frustrazione per la sua mancanza di agonismo e durezza mentale, facendo pensare di non sfruttare completamente i suoi immensi mezzi fisici.
Fit e comparison: oltre all’impatto in area e al tiro c’è di più?
Come per gli altri lunghi affrontati in questi giorni da Deandre Ayton a Jaren Jackson Jr., anche per Bamba vale il dilemma “filosofico” della necessità di selezionare un lungo così in alto nel Draft quando l’evoluzione del gioco sembra andare da un’altra parte. Nelle ultime finali di conference sono stati solamente tre i minuti giocati da un giocatore sopra i 213 centimetri di altezza, tutti da parte di JaVale McGee, mentre le quattro squadre migliori della stagione hanno deciso a tratti di schierare da 5 giocatori attorno ai due metri come Draymond Green o P.J. Tucker. In una NBA sempre più perimetrale, come si inseriscono “lungagnoni” del genere ai massimi livelli? Saranno in grado di tenere il campo nelle serie di playoff più tirate in cui ogni mancanza viene fatto pagare a caro prezzo?
Bamba oltretutto è un giocatore ancora grezzo in attacco, per quanto il lavoro con Hanlen possa aver migliorato il suo livello di gioco negli ultimi mesi. Detto questo, se Bamba fosse anche solo un difensore del livello che promette di essere avrebbe un impatto positivo su qualsiasi difesa, e anche solo per questo meriterebbe una chiamata molto in alto. Ma le con le sue doti di tiro riuscisse a convincere le varie franchigie di poter avere anche un impatto “unicornesco” nella metà campo offensiva, ci ritroveremmo di fronte quasi automaticamente a uno dei migliori lunghi della lega, riuscendo a unire il meglio di entrambi i mondi: un protettore del ferro élite in grado di aprire il campo in attacco tirando da fuori. Non che questo da solo ti renda un giocatore perfetto (basti pensare a Thon Maker, che promette di essere un giocatore del genere ma lo è ancora troppo sporadicamente), ma oltre a questo Bamba ha quell’intelligenza e quella voglia di emergere tipica di Harlem che potrebbe rendere più facile una scommessa su di lui. Sarà molto interessante scoprire quale deciderà di farlo nella notte del prossimo Draft.