La point guard slovena, scelta alla n°3 formalmente dagli Hawks, è finita in realtà a Dallas che pur di salire due gradini e assicurarsi Luka Doncic ha sacrificato una chiamata del Draft 2019
Luka Doncic, il talento più cristallino del basket europeo e uno dei giovani più titolati nella storia del Gioco a soli 19 anni, non poteva scivolare fuori dal podio al Draft NBA. Lo sapevano bene i Dallas Mavericks, intenzionati a tutti i costi a mettere le mani su un talento del genere, tanto che nelle ore precedenti alla chiamata di Adam Silver erano diverse le voci che raccontavano come i texani volessero mettere in piedi a tutti i costi una trade per accaparrarsi la point guard slovena. Dando per scontati (come poi è effettivamente accaduto) Deandre Ayton a Phoenix e Marvin Bagley III a Sacramento, la paura dei Mavericks era che Atlanta e in alternativa Memphis non si sarebbero lasciate sfuggire un talento come Doncic. I Grizzlies non erano interessati a scambiare la scelta: se Doncic fosse scivolato fino alla quattro, sarebbe finito nelle grinfie di Memphis. Per questo Dallas ha deciso di intavolare una lunga trattativa con Atlanta, puntando a convincere gli Hawks e bypassare il problema Grizzlies. Sul piatto la squadra della Georgia chiedeva talenti del calibro di Wesley Matthews, in uno scambio che avrebbe coinvolto anche Kent Bazemore (per far tornare i conti), ma alla fine i Mavericks sono riusciti a strappare una trade molto più agevole: a Dallas la scelta n°3, ad Atlanta la cinque (con cui scegliere Trae Young, il “nuovo Steph Curry”) e una scelta del 2019, protetta al primo giro. Un bonus accolto con piacere dagli Hawks, che alla fine avrebbero optato per chiamare molto probabilmente lo stesso Young anche alla numero tre. Una volta indossato il cappellino dunque, Doncic non è caduto nel facile tranello legato a uno scambio già noto pochi istanti prima della chiamata di Silver: “Ho parlato in particolare con Dallas: sono felicissimo di essere in NBA”, ha raccontato lo sloveno, molto più esperto dei suoi colleghi grazie ai successi e alle tante partite da professionista giocate con il Real Madrid: “Avevo un sacco di compagni che hanno giocato tanti anni in NBA, mi hanno parlato molto della lega e spero di poter mettere a frutto i loro consigli”. Lui e Dennis Smith Jr. sembrano la base ideale da cui ripartire, da plasmare nelle mani di coach Carlisle. A Dallas non vedono l’ora.