Una professoressa di comunicazione del College of Wooster ha indagato il linguaggio e la retorica utilizzata da LeBron James nei momenti chiave della sua carriera. Scoprendo una forte influenza del linguaggio religioso, dall'idea di "Prescelto" a quella di "figliol prodigo"
Lei si chiama Denise Bostdorff, e insegna comunicazione al College of Wooster, una sessantina di chilometri da Akron, Ohio, cittadina nota per essere la sede della Good Year ma soprattutto per aver dato i natali a LeBron James. E proprio alla superstar nativa dell’Ohio, fresca di trasferimento a Los Angeles sponda Lakers, la Bostdorff ha dedicato un paper universitario intitolato “Religion, Sport, and the Return of the Prodigal Son: The Postsecular Rhetoric of LeBron James’s 2014 ‘I’m Coming Home’ Open Letter” (Religione, sport e il ritorno del figliol prodigo: la retorica post-secolare della lettera aperta del 2014 “I’m coming home”) in cui, in compagnia di un altro professore, Daniel J. O’Rourke, ha provato ad analizzare la specificità del linguaggio utilizzato da James a ogni snodo fondamentale della sua carriera. La tesina – 38 pagine pubblicate dalla Michigan State University Press – si concentra soprattutto sulla retorica a sfondo religioso utilizzata dal giocatore e dal suo staff di consulenti di comunicazione, dal soprannome “Il prescelto” fino alla figura del figliol prodigo, passando per il termine chiave Witness (utilizzato dal suo sponsor principale). Così, sostengono Bostdorff e O’Rourke, “The Decision” – la scelta di giocare per i Miami Heat presa nell’estate del 2010 – “lo ha reso agli occhi dei suoi tifosi di Cleveland alla stregua di un peccatore” da cui lo stesso James si è redento soltanto con il ritorno a casa – proprio come nella parabola del figliol prodigo – quattro anni più tardi. LeBron, sostengono gli autori, “impersonifica tanto il ruolo del figlio, che ritorna più maturo e saggio, quanto del padre, capace di perdonare il proprietario Dan Gilbert (con le sue parole di fuoco nella famosa lettera in comic sans) e i tifosi che lo avevano offeso”. Bostdoff e O’Rourke sono convinti che il secondo addio, appena consumatosi a inizio luglio, è da leggere però in maniera completamente diversa dal primo, perché questa volta la sua fedeltà a Akron, a Cleveland, al suo Northeast Ohio non è messa in discussione, né dai messaggi lanciati dal giocatore (ricordiamo la Instagram story che ha accompagnato il suo addio) né dalle attività che lascia in eredità alla regione spostandosi a Ovest. “Significativo in questo senso – dice Bostdorff – che le prime parole pubbliche che verranno pronunciate da James sulla sua scelta di andare ai Lakers saranno ad Akron, a fine mese, quando celebrerà l’apertura della prima scuola legata al suo progetto I Promise”, una della mille iniziative benefiche in cui rimane impegnato. “E sarà interessante vedere cosa dirà”, aggiunge – per poter magari aggiungere un epilogo al suo paper da poco pubblicato.