A 33 anni e ancora al top delle rispettive carriere, Cristiano Ronaldo e LeBron James hanno deciso di cambiare squadra a una settimana l’uno dall’altro, scuotendo il mondo dello sport. Per quanto apparentemente lontani, le motivazioni di entrambi hanno più punti in comune di quanto si pensi
CR7 ALLA JUVE: LO SPECIALE SUL COLPO DEL SECOLO - TUTTE LE REAZIONI DEL MONDO NBA - L.A. AI PIEDI DI LEBRON (E DELLE SUE SCARPE)
Nella classifica annuale stilata da ESPN sui “più grandi nomi dello sport”, i primi due volti che appaiono sono quelli di Cristiano Ronaldo e di LeBron James. Considerando che nel giro di una settimana entrambi hanno shockato il mondo decidendo di portare i propri talenti in un’altra squadra, viene inevitabile tracciare un bilancio delle loro decisioni così sorprendenti che contengono più parallelismi di quanto si possa immaginare. Innanzitutto, CR7 e King James sono in una fase simile della carriera: entrambi 33enni, nell’ultima stagione hanno giocato a un livello impensabile per atleti della loro età, mostrando un dominio tecnico, fisico e mentale sui rispettivi sport che in pochi hanno potuto esercitare nella storia. Sia Cristiano che LeBron sono a un livello tale da essere al di sopra di ogni sospetto o critica: non c’è più niente che debbano davvero dimostrare al mondo, la loro legacy è al sicuro e il loro posto nella storia è assicurato tra i migliori di sempre (se poi siano i migliori in assoluto è ancora troppo presto per saperlo). Si contano su una mano i giocatori in grado di farsi carico dei destini delle proprie squadre come fatto da loro nell’ultima stagione: James ha trascinato una versione particolarmente mediocre dei Cleveland Cavaliers fino alle Finali NBA (le quarte in fila con i Cavs, le sue ottave consecutive) disputando dei playoff incredibili; Ronaldo ha vinto la sua quinta Champions League in carriera, la terza consecutiva, macinando record su record in termini di gol e prestazioni in tutta Europa, risultando il giocatore più forte e determinante di una squadra che fa già parte della storia del calcio. E non è un caso che la sua tripletta ai Mondiali all’esordio contro la Spagna, trascinando il Portogallo a un pareggio insperato, sia stata definita da molti come una prestazione “LeBroniana” proprio per la capacità di caricarsi i compagni sulle spalle e portarli a un risultato superiore alle attese, imponendo la propria volontà sulla partita e determinandone l’esito.
Una nuova sfida per entrambi
Entrambi poi non sono riusciti a raggiungere i risultati di squadra sperati – James ha perso per 4-0 in finale contro i Golden State Warriors, Cristiano Ronaldo ha chiuso al terzo posto nella Liga ed è stato eliminato agli ottavi dei Mondiali per mano dell’Uruguay –, ma dal punto di vista individuale hanno poco da rimproverarsi. La scelta più semplice per entrambi, probabilmente, sarebbe stata quella di rimanere nelle proprie squadre e riprovarci il prossimo anno: conoscendo già l’ambiente, i compagni e la concorrenza, avrebbero potuto accontentarsi di mantenere i rispettivi altissimi standard di rendimento per l’ultima parte della loro carriera continuando ad accumulare record e riconoscimenti. Per questo è per certi versi sorprendente che entrambi abbiano deciso di rimettersi in gioco per lo stesso periodo di tempo – entrambi hanno firmato per quattro anni – in squadre in cui comunque possono continuare a vincere, ovviamente, ma probabilmente avranno meno possibilità di continuare a dominare la competizione come hanno fatto finora. Sia chiaro: la Juventus ha più possibilità di vincere rispetto a quelle che probabilmente avranno i Lakers (anche perché nel calcio ci sono più trofei disponibili ogni anno, mentre in NBA si gioca solo per l’anello) perché il livello dei compagni attorno a Ronaldo è più alto rispetto a quello che LeBron avrà in gialloviola, così come il Real Madrid era una squadra nettamente superiore alla concorrenza rispetto ai Cavs stanchi e poco talentuosi visti nell’ultima stagione. Ma per entrambi rimane una decisione inattesa a questo punto delle rispettive carriera.
I rapporti personali compromessi con i grandi capi
Tra le due scelte, quella più sorprendente è di sicuro quella di Ronaldo, che avrebbe potuto continuare l’incredibile striscia di Champions League con i blancos e terminare la propria carriera a Madrid senza che nessuno potesse davvero imputargli nulla. Gli screzi con il presidente Florentino Perez sul rinnovo del contratto (e, a quanto pare, anche per la poca protezione ricevuta dal Real nel caso giudiziario che lo ha portato a pagare una multa al fisco spagnolo) e l’ambizione di essere trattato come il numero 1 al mondo lo hanno però portato alla clamorosa decisione di lasciare Perez e il Madrid.
Anche LeBron, dal canto suo, ha avuto i suoi problemi personali con il proprietario dei Cavs Dan Gilbert, anche se non è mai stata una questione di soldi visto che i Cavs hanno sempre pagato tutto il necessario per mantenere la squadra competitiva e, per via delle regole della NBA, avrebbero potuto assicurargli un contratto più alto rispetto a qualsiasi altra squadra in NBA. Evidentemente James però non aveva più voglia di giocare per Gilbert, con il quale il rapporto è stato sempre burrascoso dopo quattro anni in cui, al netto dei risultati in campo, si sono sempre fatti la guerra internamente con un rapporto che definire “freddo” sarebbe un eufemismo.
Ciò nonostante, sia Ronaldo che James hanno vinto la battaglia delle PR: pur lasciando Madrid e Cleveland e tutto quello che hanno rappresentato negli ultimi anni per le due città, entrambe le tifoserie non potranno che dire loro grazie per quanto fatto fino ad adesso, lasciandosi in termini più che buoni nonostante alla base di tutto ci sia la decisione di andarsene. Nel mondo dello sport si è visto molto spesso come le decisioni degli sportivi possano essere prese male dai tifosi, ma CR7 e il Re hanno gestito benissimo il proprio addio con i tempi e le modalità giuste, ponderando come giocatori di scacchi consumati tutte le mosse necessarie per non sbagliare nulla e uscirne con l’immagine pubblica intonsa.
Il paragone economico: perché Cristiano guadagnerà molto di più di LeBron (dal club)
A livello economico, c’è una differenza sostanziale nelle scelte dei due fenomeni: con il passaggio alla Juventus CR7 diventa il giocatore più pagato al mondo, forte di un quadriennale da 31 milioni di euro netti a stagione (uno più di Neymar al PSG), che poi era il suo obiettivo dichiarato. Per James, invece, la decisione di andare a Los Angeles è stata prima di una decisione personale e familiare prima ancora che di guadagni dal contratto con la squadra. È bene ricordare infatti che nel calcio non c’è un “tetto” artificiale a quanto possono guadagnare i singoli giocatori, mentre in NBA le regole del salary cap impongono un “massimo salariale” in base agli anni di esperienza passati nella lega. E anche se il contratto di LeBron James ricade nella casistica più remunerativa avendo già disputato 15 stagioni in NBA, sul suo quadriennale da 153 milioni di dollari firmato con i Lakers pesa il fatto che si tratti di una cifra lorda e non netta come quella di Cristiano. Al netto delle tasse della California (tra le più alte degli Stati Uniti), James guadagnerà circa la metà di quella cifra, mentre i 124 milioni di euro netti che la Juve dovrà corrispondere a CR7 sono nettamente superiori e non tengono conto di possibili bonus e ritocchini verso l’alto (specialmente se nelle prossime stagioni si muoveranno di nuovo i top al mondo come Neymar, Lionel Messi o Kylian Mbappé).
Dove James può colmare il gap con CR7 è nei guadagni fuori dal campo: la possibilità di legare il proprio brand a quello dei Lakers, uno dei più conosciuti e commercializzati al mondo, promette di aumentare in modo esponenziale i contratti extra-basket dell’azienda-LeBron, che ESPN quantifica già in 55 milioni di dollari annui contro i 40 di Ronaldo. Questo perché già da diversi anni la stella della NBA ha deciso di non fare più il “testimonial semplice”, ma ha deciso di essere partner in tutto e per tutto delle aziende interessate a legarsi a lui facendosi pagare in quote della società e diventando di fatto un testimonial-investitore. Il caso più famoso in questo senso è quello delle cuffie Beats, indossate da James e dai suoi compagni di nazionale alle Olimpiadi di Pechino 2008 a poche settimane dal loro lancio, facendo immediatamente balzare alle stelle la loro popolarità e il loro appeal commerciale. LeBron, invece del semplice denaro, si fece dare da Dr. Dre una piccola percentuale della Beats Electronic, e quando nel 2014 l’azienda è stata venduta a Apple, quel “favore” è stato ripagato con un guadagno netto di 30 milioni di dollari. Solo da questo esempio si può capire come il potenziale economico di James e delle aziende in cui ha investito può pagare dividenti enormi in un mercato come quello di Los Angeles, dove si concentrano gli interessi commerciali, economici e mediatici di buona parte degli Stati Uniti.
Torino e l’Italia, da questo punto di vista, offrono meno occasioni extra-campo rispetto a Los Angeles, anche per le diverse conformazioni del mercato europeo rispetto a quello statunitense (sostanzialmente, nessuna città europea può reggere il paragone). Pur avendo un profilo sponsor più istituzionale da “endorser” classico, con la sua presenza sui social (121 milioni di follower sulle sue piattaforme, nessun altro sportivo ci va lontanamente vicino), la popolarità del calcio e la sua immagine così iconica conosciuta in tutto il mondo Cristiano Ronaldo continuerà ad avere successo indipendentemente dalla squadra in cui giocherà, e da quel punto di vista può rappresentare il traino necessario per portare la Juventus al top tra i club sportivi del mondo a livello commerciale e di ricavi.
Sia come sia, stiamo pur sempre parlando dei due sportivi più noti al mondo insieme a una manciata di altri che stanno al loro livello sia tecnico che di notorietà: il loro passaggio in una nuova squadra rappresenta già la storia più importante del prossimo anno sia per il calcio che per la NBA, e sarà incredibilmente interessante osservare come si comporteranno con le rispettive nuove squadre.