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LeBron James, prime parole da Laker: "Sono in una franchigia storica, vi sorprenderemo"

NBA

Dopo quasi un mese di silenzio, LeBron James ha parlato a lungo del motivo per cui ha scelto i Los Angeles Lakers e cosa si aspetta dalla squadra per la prossima stagione: "Far parte dei Lakers è un grande momento non solo per me, ma per la storia del basket in generale. L'anno prossimo non sarà di ricostruzione: sorprenderemo e ci divertiremo. Le altre firme? Ragazzi che amano la pallacanestro"

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L’apertura della sua “I Promise School” e la lunga intervista rilasciata a Rachel Nichols di ESPN sono diventate il momento giusto per le sue prime parole ufficiali da giocatore dei Los Angeles Lakers di LeBron James. Un passaggio diventato ufficiale già da diverse settimane, ma mai commentato dal Re in persona – che ha commentato anche le firme che sono seguite alla sua, ovverosia quelle (discretamente controverse) di Rajon Rondo, Lance Stephenson, JaVale McGee e Michael Beasley. Ma cosa ne pensa James dei caratteri un po’ complicati dei suoi nuovi compagni? “Abbiamo preso ragazzi che amano la pallacanestro. E amo questa cosa, così come penso che la amino Rob Pelinka e Magic Johnson: questo è il motivo per cui li hanno messi sotto contratto. Sono quattro ragazzi che pensano al gioco della pallacanestro ogni volta che si alzano, e per i quali tutto il resto diventa secondario. E so che ogni volta che viene coinvolto il mio nome ci sono delle sopracciglia che si alzano, perciò nessuno dovrebbe davvero sorprendersi”. James è poi passato a raccontare come si è evoluto il suo processo decisionale e per quale motivo ci ha messo così “poco” a prendere questa decisione: “Alla fine della stagione ho fatto le mie ricerche e ho pensato molto alla possibilità di giocare con Ben Simmons e Joel Embiid, oppure di come avrei funzionato al fianco di James Harden e Chris Paul. Non è stata una decisione veloce come si pensa, ma sono arrivato a un punto della mia vita in cui so cosa voglio e cosa mi piace. Per questo non c’era bisogno di momenti drammatici o conclusioni improvvise: parlandone con la mia famiglia, ho deciso che questo fosse il passo giusto. A questo punto della mia carriera volevo una sfida: tutti pensano che quando sono andato a Miami mi sono unito a un superteam, ma l’anno prima gli Heat avevano vinto 47 partite [anche se non avevano lui e Chris Bosh, ndr], e tutti sapete qual è stato quello dei Lakers lo scorso anno [35, ndr]”.

Il blasone dei Lakers: “Franchigia storica al livello di Cowboys, Patriots, United e Celtics”

I Lakers, ovviamente, non sono una squadra come tutte le altre – ed è proprio il “blasone” dei gialloviola la cosa che più ha attratto il Re verso Los Angeles. “Mi piace la sfida di aiutare una squadra a tornare ai livelli che aveva avuto un tempo. Sono un po’ di anni che i Lakers non fanno i playoff, ma rimangono un’organizzazione storica in cui hanno giocato i più grandi di sempre – una squadra a cui si guarda allo stesso modo in cui lo si fa con i Cowboys, i Patriots, il Manchester United, i Boston Celtics. Sono franchigie storiche e penso che farne parte sia un grande momento non solo per me, ma anche per la mia famiglia e per la storia del basket in generale”. Un “rispetto” per l’istituzione che si concretizza anche in un atteggiamento molto meno coinvolto rispetto a quello tenuto con i Cleveland Cavaliers, almeno all’inizio di questa sua avventura in gialloviola – tanto che non ha nemmeno avuto bisogno di aspettare l’arrivo di Kawhi Leonard per firmare con i Lakers: “Perché amo i giovani che ci sono già in squadra: per questo non voglio forzare la mano in alcuna maniera possibile. Credo che Rob, Magic e Jeanie Buss abbiano fatto un lavoro incredibile nel riformare l’organizzazione negli ultimi anni. Per questo penso che loro sappiano cosa sia meglio per la squadra: io voglio solo dare una mano a far progredire questo percorso e riportarla ai livelli che le competono”.

La sfida del prossimo anno: “Non è un anno di ricostruzione, ci divertiremo”

Anche per questo James non ha voluto forzare la mano nei confronti di Paul George (“Ha fatto quello che era meglio per lui e per la sua famiglia, così come tutti i giocatori dovrebbero fare: non dovrebbero essere messi sotto pressione da nessuno”) e non ne vuole mettere neanche ai suoi giovani compagni, anche perché a suo modo di vedere il prime della sua carriera continuerà ancora a lungo. “Non penso che questi siano gli ultimi anni buoni della mia carriera: è solo un’altra statistica, e mi è sempre piaciuto superare le aspettative che c’erano su di me. Stare attorno ai miei figli mi aiuta a rimanere giovane”. Sarà lo stesso anche con i Lakers? “Non penso che questo sia un anno di ricostruzione per noi. Abbiamo l’opportunità di fare qualcosa che molta gente ritiene non possiamo fare. Sarà una grande motivazione per noi. Saremo di sicuro una squadra più forte rispetto a quella dello scorso anno: ci saranno mesi buoni e altri meno buoni, ma fa tutto parte del percorso. So per certo che ci saranno momenti in cui metteremo in dubbio tutto quanto, ma è umano. L’unica cosa che non possiamo fare è perdere d’occhio qual è l’obiettivo finale, che è essere la nostra miglior versione possibile e continuare a costruire le abitudini che ti portano a vincere il titolo – così da poterne raccogliere i frutti prima o poi. Abbiamo un grande gruppo giovane, un grande gruppo di veterani, un grande sistema e una grande organizzazione: ci sono tutti gli elementi per divertirci”.