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Warriors-Kings alla Key Arena: la NBA torna a Seattle dopo 10 anni. E c'è Kevin Durant

NBA

L'amichevole prevista nella notte è la prima partita NBA mai disputata nella "città dello smeraldo" dal famoso 13 aprile 2008, quando battendo i Mavericks i Seattle Supersonics diedero l'addio ai propri tifosi. Allora come oggi in campo c'è Kevin Durant, il giocatore più atteso della sfida

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Non è una partita di prestagione come le altre. Non per Kevin Durant, di sicuro. E soprattutto non per i tifosi di Seattle, che venerdì sera (nella notte italiana) riaccolgono in città una partita NBA per la prima volta in 10 anni. L’ultima era il 13 aprile 2008, i Dallas Mavericks testimoni (scomodi) di un pezzo di storia dei Seattle Supersonics: la loro ultima gara interna della storia. Ieri come oggi si gioca(va) alla Key Arena, e ieri come oggi in campo c’è Kevin Durant, dieci anni fa un rookie ai primi passi nella lega, oggi un campione super affermato, con due titoli NBA e due premi di MVP delle finali in bacheca. “Mi piacerebbe tanto veder tornare i Sonics nella NBA: Seattle è una città di pallacanestro, ci sono un sacco di giocatori nella lega che vengono da lì, se le meritano una franchigia. Per 41 anni i Sonics sono stati un pezzo importante della comunità locale, e se sono contrario a un’eventuale espansione del numero di squadre – non credo sia il momento, non penso ci sia il talento necessario – spero davvero che Seattle sia l’opzione n°1 quando ci sarà da considerare il trasferimento di una franchigia da un mercato a un altro”. Le parole del n°35 degli Warriors – chiamati ad affrontare i Sacramento Kings – sono particolarmente significative perché insieme a Jeff Green (oggi a Washington) Durant è l’unico giocatore ancora attivo nella NBA ad aver indossato una maglia dei Supersonics. Non solo: nella “città dello smeraldo” (per il verde brillante dei suoi scenari narturali) KD aveva scelto di comprare casa, a Mercer Island (“E il tragitto sul ponto per arrivare in città era sempre uno spettacolo, ancor di più in primavera quando si vedevano tutte le montagne attorno”), legandosi così in maniera anche affettiva alla sua prima città NBA. Un soggiorno però durato pochissimo, una sola stagione, prima che la nuova proprietà – quella di Clay Bennett, a cui Howard Schultz (“Mr. Starbucks”) aveva venduto anni prima la franchigia – decidesse di trasferire la squadra a Oklahoma City, infrangendo i cuori di tutti i tifosi di Seattle. Al tempo Durant non aveva vissuto il trasferimento come un trauma particolare – “anzi, OKC era più vicina al mio Texas, dov’ero andato al college, ero felice di tornare in zona”, ammette – ma oggi che ha dieci anni in più e una maturità sicuramente maggiore la sua riflessione è diversa: “Ora capisco meglio il significato che aveva quella squadra per quei tifosi – dice – oggi che ho visto i Chargers lasciare San Diego per Los Angeles, i Raiders destinati a Las Vegas o anche la nostra stessa squadra diretta a San Francisco, dall’altra parte del ponte. I tifosi hanno bisogno di sfogarsi per un paio d’ore, godersi la partita, tifare. Una sera arriva in città Kobe, un’altra LeBron o Melo: è una sensazione bellissima, la stessa che provavo io da ragazzo a Washington. Chiamavo al telefono i miei amici esaltato: ‘Arrivano i Blazers di Rasheed Wallace!’: era bello sapere che nella tua città potevi goderti spettacoli del genere”. Uno spettacolo che i tifosi di Seattle non possono più assaporare da un decennio, motivo per cui la sfida Warriors-Kings promette di essere davvero speciale. 

Da Gary Payton a Slick Watts: ci saranno tanti ex Sonics

Se Durant sarà sicuramente il giocatore copertina della partita – attesa un’autentica ovazione dal pubblico della Key Arena, attesa a un solda out da 17.072 spettatori (12.000 biglietti sono stati immediatamente bruciati nelle prime ore di prevendita) – il n°35 degli Warriors non è l’unico punto di contatto tra il passato dei Sonics e la gara in cartellone. Proprio contro Golden State, ma ad Oakland, Seattle ha disputato l’ultima partita prima del trasferimento a OKC, una vittoria per 126-121 segnata dai 42 punti, 13 rimbalzi, 6 assist e 2 stoppate proprio di Durant (“La prima doppia doppia della mia carriera”, ricorda lui oggi). Ma non solo: Steve Kerr, che oggi gli Warriors li allena, ricorda bene il calore e l’affetto dei tifosi di Seattle per aver affrontato i Supersonics in finale NBA nel 1996 coi suoi Chicago Bulls. “Per me un brand come quello dei Sonics è per Seattle quello che gli Warriors sono qui nella Baia. Storia, tradizione, i colori stupendi delle divise. Il fatto che non ci siano più i Supersonics per me è un disonore, una vergogna. Spero possano tornare in un futuro non lontano”. Nel frattempo ci si deve accontentare di un’amichevole con due squadre californiane, ma per l’occasione la città e quel che rimane della vecchia franchigia vogliono fare le cose in grande. “Abbiamo lavorato per tre anni per riportare la NBA qui a Seattle”, dice Rick Welts, dirigente di Golden State appena introdotto nella Hall of Fame, che ha iniziato la sua carriera proprio nel dipartimento PR dei Sonics (dopo aver fatto il ballboy per la squadra da bambino). “Sarà stupendo per KD, che ha in serbo un paio di sorprese per i tifosi di Seattle”. Welts non sarà l’unico collegamento con il passato (glorioso e vincente, con il titolo NBA del 1979) che non mancherà l’appuntamento alla Key Arena: hanno già confermato la loro presenza “Dowtown” Freddy Brown, Jack Sikma, Gary Payton e Slick Watts, ma sono attesi tra il pubblico anche Lenny Wilkens (l’allenatore della squadra campione) e la leggenda Bill Russell, che a Seattle vive. Un parterre d’eccezione per una gara davvero speciale: con la speranza che Seattle non debba aspettare altre 10 anni per vedere di nuovo una sfida NBA.