Dopo la partita di preseason giocata da Golden State e Sacramento, la domanda è d’obbligo: quando torneranno i Seattle Supersonics? La questione, però, è molto complessa e merita un approfondimento per capire tutti i motivi per cui potrebbero passare ancora molti anni prima di rivedere il verde smeraldo dei Sonics
DURANT CI METTE LA FACCIA: "LA NBA DEVE RIPORTARE I SONICS A SEATTLE"
La NBA è tornata a Seattle per una serata memorabile, ma nelle teste di tutti una domanda ha martellato per giorni, per non dire anni: quando torneranno i SuperSonics in città? È la speranza espressa da tutti i protagonisti coinvolti nella partita di preseason tra Golden State Warriors e Sacramento Kings, a partire da un Kevin Durant che di sicuro non ha usato giri di parole per esprimere il suo parere sulla questione. Purtroppo, però, bisogna testimoniare la realtà dei fatti: un ritorno dei Sonics in NBA è tutt’altro che imminente, e i motivi sono stati spiegati da un lungo articolo sull’argomento di ESPN a firma di Brian Windhorst. La città di Seattle ha tantissimi pregi che di sicuro fanno gola alla NBA: innanzitutto sta vivendo un boom economico gigantesco, complice la presenza di colossi mondiali del calibro di Microsoft, Amazon e Starbucks; ha una passione e una cultura di pallacanestro fortissima, non solo legata ai 41 anni di storia dei Sonics ma anche per la presenza delle Storms nella WNBA e dei circuiti liceali e collegiali; è considerato un mercato televisivo e commerciale di grandi dimensioni, il che significa ottime potenzialità di guadagno per tutti. Per arrivare ad una possibilità concreta di ritorno, però, ci sono due enormi pianeti che devono allinearsi a tutti gli altri: la costruzione di un’arena in grado di ospitare una franchigia NBA, e l’ipotesi di un trasferimento di una franchigia o di un’espansione. Analizziamo gli scenari nel dettaglio.
Il problema dell’arena: i casi della nuova Key Arena e il progetto di Chris Hansen
Il motivo per cui i Sonics non sono più in città è noto: la Key Arena non era più all’altezza degli standard richiesti dalla NBA in termini di revenues, e non si è riusciti – per motivi troppo lunghi da spiegare qui – a costruirne una senza toccare i soldi pubblici. Ora lo scenario è cambiato: dopo la partita di ieri notte comincerà un profondo lavoro di rinnovamento (anche se sarebbe meglio definirlo “nuova costruzione) dell’arena che diventerà la New Arena at Seattle Center grazie a fondi privati. Una ristrutturazione molto complessa, dato che il tetto del palazzetto è stato dichiarato monumento storico nazionale e non può essere toccato, ma anche perché il quartiere è diventato sempre più residenziale nel corso degli anni, rendendo difficile una sua espansione oltre agli attuali limiti presenti. Per questo i lavori, oltre che essere costosissimi (si era partiti da 600 milioni di dollari, si è già saliti a 750), saranno anche piuttosto lunghi, con l’arena che verrà inaugurata verso la fine del 2020 o l’inizio del 2021. Il consiglio cittadino ha però dato l’ok ai lavori e per questo Seattle tornerà ad avere un’arena di livello mondiale, dove non solo si terranno concerti (previsti almeno 100 grazie alla partnership con Live Nation) ma arriverà anche una franchigia di hockey NHL grazie ad un’espansione della lega. Il problema, paradossalmente, potrebbe essere proprio questo: da qui al 2021 è certo che la NBA non riuscirà a portare i Sonics in città e per questo arriverebbe sicuramente “ultima alla festa”, ricevendo profitti minori rispetto a quelli che potrebbe avere in altri mercati dove potrebbero essere le uniche attrazioni in città. Per usare le parole di Windhorst: “È possibile che Seattle possa finalmente avere un’arena – ma è l’arena sbagliata per la NBA”.
Per questo si è aperta un’altra possibilità: l’investitore Chris Hansen, che nel 2013 era andato vicino a comprare i Sacramento Kings (curiosamente gli avversari dei Golden State Warriors ieri notte) per riportarli a Seattle, sta acquisendo terreni nel distretto di SoDo, dove sorgono già gli stadi di baseball e football. Pur con qualche difficoltà incontrata in questi anni, l’obiettivo è quello di costruire la sua arena finanziata privatamente in una posizione più favorevole in termini di spazio, traffico e parcheggi rispetto alla centrale Key Arena, rendendola perfetta per ospitare una franchigia NBA quando e se diventerà un’opzione percorribile. Quindi Seattle nel giro di dieci anni si ritroverebbe dal non avere nessuna arena in grado di avere una franchigia NBA ad averne ben due – anche se la seconda di questa è ancora in linea teorica, visto che i lavori sono ben lontani dal cominciare.
Il problema della franchigia: le (quasi) impossibili possibilità di espansione o trasferimento
Anche dando per fatte le due arene, rimane un altro grosso ostacolo al ritorno dei Sonics a Seattle: l’attuale situazione delle 30 franchigie NBA. Secondo quanto dichiarato più volte dal commissioner Adam Silver, al momento la lega non ha in previsione un’espansione dalle attuali 30 squadre, e secondo quanto scritto da ESPN non se ne parlerà almeno fino al 2025, quando verrà ridiscusso il contratto televisivo nazionale. Seattle, inoltre, potrebbe non essere neanche al centro delle mire della lega, visto che già da tempo si sta pensando si allargare i confini degli Stati Uniti portando, ad esempio, una franchigia a Città del Messico dove presto dovrebbe essere annunciato il lancio di una squadra di G-League. Sempre tralasciando l’irrealizzabile ipotesi “Division europea” – che torna di moda ogni anno in occasione della partita di Londra a gennaio ma poi non fa mai passi concreti in avanti –, anche all’interno dei confini statunitensi potrebbero esserci candidature molto forti per ospitare una squadra, come ad esempio quella di Las Vegas.
Un’altra opzione sarebbe quella del trasferimento di una delle attuali 30 franchigie della NBA a Seattle. La situazione più traballante sembrerebbe quella dei Memphis Grizzlies, che oltre a essere in un mercato di piccole dimensioni e non particolarmente remunerativo, hanno la possibilità di uscire dal loro leasing del FedEx Forum relativamente presto, nel 2021. Il problema, però, è che il proprietario Robert Pera dovrebbe vendere la franchigia, cosa che sembra ben lontana dal succedere perché alle parole (“Sono impegnato con Memphis come mercato NBA e casa dei Grizzlies”) sono seguiti i fatti, avendo acquistato le quote minoritarie della franchigia valutata 1.3 miliardi di dollari solo pochi mesi fa. La situazione può sempre cambiare in fretta, a Memphis o in un altro mercato di piccole dimensioni – cosa succederebbe a New Orleans nel caso in cui se ne andasse Anthony Davis? –, ma per il momento i tantissimi tifosi dei Sonics dovranno purtroppo rassegnarsi: il ritorno della pallacanestro a Seattle sarà legato a isolate partite di preseason ancora per diversi anni.