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NBA, esce "The Mamba Mentality": intervista al fotografo di Kobe Bryant

NBA

Mauro Bevacqua

Esce domani negli Stati Uniti (il 13 novembre in Italia), è scritto in prima persona dal "Black Mamba", vanta un'introduzione di Phil Jackson e la prefazione di Pau Gasol. Ma tutte le foto del libro di Kobe Bryant sono scattate da Andrew Bernstein, testimone di ogni momento di una carriera irripetibile durata 20 anni. Lo abbiamo intervistato

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Negli Stati Uniti esce domani, in Italia arriverà il 13 novembre. A voler credere (e c'è da credergli) a Phil Jackson, che di "The Mamba Mentality: How I play" firma l'introduzione, "questo libro è una finestra nella mente di qualcuno che ha padroneggiato perfettamente il gioco". Quel qualcuno, ovviamente, è Kobe Bean Bryant, la leggenda gialloviola che per 20 anni ha associato il suo nome a quello di una delle franchigie più gloriose e vincenti di sempre, i Los Angeles Lakers, mettendosi al dito 5 anelli NBA e raccogliendo qualsiasi tipo di successo o di premio individuale possibile e immaginabile. In tutti questi anni, dal primo media day nel lontano 1996 fino all'indimenticabile gara di addio contro gli Utah Jazz chiusa con 60 punti, al suo fianco - dietro una macchina fotografica - c'è sempre stato Andrew Bernstein, recentemente introdotto nella Hall of Fame di Springfield per una carriera di immagini che hanno contribuito a forgiare l'immaginario collettivo e costruire il mito di quello che oggi è la National Basketball Association. Bernstein (che per skysport.it negli ultimi due anni ha curato un esclusivo blog fotografico durante le finali NBA) ci ha raccontato in anteprima cos'è "The Mamba Mentality" e perché il volume sul n°8/24 dei gialloviola è un pezzo da collezione che non può mancare nella libreria di qualsiasi appassionato di NBA. 

Come definirebbe quella “Mamba mentality” che dà il titolo al libro?

“È un atteggiamento mentale che permette di escludere qualsiasi tipo di distrazione in modo da potersi concentrare totalmente su ciò che ci si ritrova ad affrontare in un determinato momento. Nel mio lavoro ci sono un sacco di elementi di contorno a ciò che sono chiamato a fotografare – il tifo del pubblico, il rumore delll’arena, i colleghi fotografi, i giornalisti TV, quelli della carta stampata e dei siti. E poi c’è molta pressione per catturare lo scatto. Se mi lascio distrarre da tutto questo finirei per mancare il momento cruciale della serata, che sia in campo o dietro le quinte”.

Cos’ha imparato di Kobe Bryant che già non sapeva lavorandoci assieme per questo libro?

“Sono sempre stato molto ammirato dalla quantità di lavoro che Kobe metteva nel prepararsi a ogni singola gara, ma realizzare questo libro insieme a lui ha portato questa mia consapevolezza a un livello ancora maggiore. Kobe è ossessionato da tutto ciò che lo può portare a migliorare, la sua attenzione ai dettagli e la sua memoria sono sconcertanti. Si ricordava momenti della sua carriera e foto che gli avevo scattato che neppure io riuscivo a ricordare. È stato davvero molto divertente scoprire come funziona la sua mente”.

Come definirebbe il libro?

“La chiamerei una collaborazione davvero unica tra un atleta e un fotografo. Non credo ci sia mai stato un altro atleta in uno dei quattro maggior sport professionistici americani che abbia speso 20 e la sua intera carriera con la stessa squadra, fotografato attraverso l’occhio di uno stesso fotografo. Kobe mi ha permesso di entrare nel santuario personale dei suoi allenamenti privati: gli sono davvero grato per la fiducia che si è venuta a creare tra noi due nel corso della sua straordinaria carriera ventennale, e per avermi permesso di documentarne ogni aspetto, dentro al campo ma anche al di fuori dello stesso. Questo libro poi è davvero speciale anche perché è scritto direttamente da lui, in prima persona. Si tratta di un progetto davvero molto personale, sia per lui che per me”. 

Che tipo di foto vedremo in “The Mamba Mentality”?

“Il volume è pieno di foto che mostrano Kobe mentre si prepara per le partite, mentre si prende cura del suo corpo e anche della sua mente, mentre recupera dagli infortuni e, ovviamente, mentre è in campo a giocare al livello più alto possibile. Ci si trovano quindi tantissime foto di azione ma molte altre scattate dietro le quinte. Il nostro libro testimonia la maturazione del personaggio da un rookie di 18 anni a un giocatore 5 volte campione NBA, un MVP, un due volte oro olimpico. Kobe ha scelto di scrivere direttamente le didascalie di alcune foto per raccontare cosa pensavo o cosa stava cercando di fare in una determinata situazione, o contro un determinato avversario. Vuole che questo libro spieghi ai lettori il modo in cui lui ha sempre giocato, che include anche il suo modo di pensare. Anche il design stesso del è molto avvincente: Phil Jackson ha scritto l’introduzione, mentre la prefazione è affidata a Pau Gasol”.

Ci racconta il suo rapporto personale con Kobe Bryant?

“Io e Kobe ci siamo conosciuti al media day dei Lakers nel suo anno da rookie, nel 1996. Aveva appena compiuto 18 anni. Quando è arrivato sul set, mi sono presentato come il fotografo ufficiale della squadra: gli ho allungato la mano e mentre me la stringeva mi ha detto: ‘So benissimo chi è lei’. Mi ricordo di averlo guardato con un’espressione confusa: ‘Non ne sono sicuro, non ci siamo mai incontrati prima’. La sua risposta è stata pronta: ‘So chi è lei perché avevo tutti i suoi poster sui muri della mia camera da ragazzino: Magic, Bird, Dominique, il Dream Team’. È ancora più incredibile se si pensa che NESSUNO legge i credit fotografici di un poster, anche perché sono scritti in un carattere microscopico! Ho capito in quel momento che quel ragazzino era davvero speciale. Ho visto anche un po’ di me stesso a quell’età – la stessa passione, dedizione, determinazione. Ci siamo piaciuti immediatamente e fin da subito ha capito che di me si sarebbe potuto fidare, per cui mi ha concesso di entrare nel suo mondo. Non ho mai dato per scontata questa sua fiducia, per cui ho sempre cercato di avere il massimo rispetto per il suo tempo e per la sua privacy. Sono onorato che Kobe abbia dato il suo ok a collaborare con me su questo libro. È davvero un’occasione che capita una volta sola in tutta una carriera”. 

[Andrew Bernstein al podio il giorno della sua ammissione nella Hall of Fame di Springfield]