Il giocatore dei Lakers spiega il suo punto di vista, il problema di parlare con il paradenti in bocca e l’idea che nessuno potesse immaginare che la colpa fosse di CP3. Un teorema che non è piaciuto al GM dei Rockets, che ha commentato con una foto via Twitter
IL RACCONTO DI QUANTO SUCCESSO ALLO STAPLES CENTER
Tra meno di una settimana tutti e tre i protagonisti della rissa di domenica scorsa saranno nuovamente sul parquet (l’NBA ha scelto di non utilizzare il pugno duro), ma le ripercussioni dello scontro non smettono di far discutere. L’ultimo a parlarne è stato Rajon Rondo, deluso dalla decisione presa dalla Lega di ritenerlo responsabile dello spunto (che sembra esserci stato, almeno guardando le immagini fornite dai Rockets) e dunque di sanzionarlo in maniera più pesante rispetto a quanto fatto con CP3: “Questa è l’unica volta che ritorno a commentare quanto accaduto: avevo il paradenti in bocca ed ero esasperato perché stavo per dirgli di “togliersi di torno” [utilizzando delle parole più esplicite in realtà, ndr]. Basta guardare al mio linguaggio del corpo nel video: le mie mani posate sui fianchi. Ho addirittura guardato di lato per un secondo. E poi, se avessi sputato, la reazione di Carmelo Anthony ed Eric Gordon che erano lì vicino sarebbe stata ben diversa: si sarebbero mossi o scansati, mentre non hanno battuto ciglio”. Uno spunto che dunque è stato frainteso, magari uscito soltanto perché è complicato parlare tenendo un paradenti in bocca. Potrebbe essere, anche se Paul continua a non avere dubbi e si dice “felice di essere rimasto composto e ragionevole nei modi e nell’atteggiamento per il maggior tempo possibile”. Un commento che, a detta di Rondo, non fa altro che alimentare il mito del “Chris Paul bravo ragazzo”; una descrizione ben lontana dalla realtà: “Mi sembra chiaro che, a prescindere dal numero di giornate, la NBA abbia scelto di credere alla versione di Chris Paul, visto che lui ha preso meno turni di sospensione rispetto a me. Tutti vogliono credere nella favoletta che CP3 sia un bravo ragazzo, ma loro non sanno che in realtà è un pessimo compagno di squadra. Nessuno di quelli che lo pensa sa in che modo lui tratta le persone. Basta guardare a quanto fatto lo scorso anno quando era ai Clippers: provate a chiedere allo spogliatoio dei losangelini. Queste persone che lo difendono non vogliono credere al fatto che lui sia capace di schernire gli altri o dare il via a una rissa”. Una narrattiva che Rondo vuole provare a ribaltare con le sue parole.
Le (altre) accuse di Rondo e la risposta di Daryl Morey via Twitter
Rondo prosegue: “Portare all’esasperazione un avversario e sputargli in faccia sono due cose ben diverse. Solo che lui è uscito dal campo ed è andato a raccontare ai giornalisti di aver ricevuto uno sputo e tutti sono passati immediatamente dalla sua parte. È una manomissione dell’evidenza: nessuno sputerebbe a un avversario con quel tipo di linguaggio del corpo che si vede nel video. Se tu pensi che io abbia fatto una cosa del genere, va tutto a monte, non se ne parla neanche. Ma se fosse stato un gesto intenzionale, di certo mi sarei fatto trovare pronto a ricevere un attacco in risposta. Non me ne sarei stato con le mani sui fianchi. E alla fine, dopo che per 30 secondi succede di tutto, prepari la tua storiella con i giornalisti per fare la figura del bravo ragazzo. Per me è una cosa che non ha senso”. Parole che hanno riacceso la polemica, tanto da spingere il GM dei Rockets Daryl Morey a rispondere in maniera non troppo velata via Twitter, postando una foto che richiama un famoso detto utilizzato oltreoceano: “The pot calling the kettle black”, la pentola che definisce nero il bollitore, facendo riferimento al fatto che gli utensili fossero entrambi resi scuri dall’utilizzo che ne viene fatto sul fuoco (il proverbio in realtà trae origine da una citazione della tragedia di Shakespeare "Troilo e Cressida" in cui per rendere lo stesso concetto si parla di "un corvo che rimproverà l'oscurità di renderlo nero", aggiungendo quel tocco di poesia). Il significato? Fa esplicito riferimento a quando una persona ne accusa un’altra di una colpa che in realtà è il primo a portarsi dietro. Un modo per far capire a Rondo che il primo a essere un pessimo compagno è lui. “Il bue che dice cornuto all’asino”, avrebbe cinguettato Morey se fosse nato dalle nostre parti, ma il concetto resta lo stesso. E soprattutto lascia intendere che lo scontro tra Rockets e Lakers sembra tutt’altro che finito.