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NBA, Steph Curry: una chiacchierata con Neymar e quel segreto su Klay Thompson

NBA

La point guard di Golden State si racconta in una lunga chiacchierata con l'attaccante brasiliano del Paris Saint Germain: la magia delle finali - NBA o Champions League - le sfide con LeBron James o con Messi e Ronaldo. Fino a un aneddoto particolare sul "giocatore più divertente del nostro spogliatoio: Klay Thompson"

LA NOTTE MAGICA DI KLAY THOMPSON: 52 PUNTI E 14 TRIPLE CONTRO I BULLS

QUANDO KLAY THOMPSON "PRENDE FUOCO": I SUOI QUARTI LEGGENDARI

Nel giorno in cui Klay Thompson mette a segno una delle prestazioni balistiche più incredibili della sua carriera, in una lunga chiacchierata a due pubblicata sul sito The Players Tribune, Steph Curry rivela all’attaccante del Paris Saint Germain Neymar un particolare davvero inedito sul suo famoso compagno. Se i 52 punti in 27 minuti rifilati da Thompson ai Bulls fanno ovviamente notizia ma finiscono per non stupire poi neppure tanto, è perché il n°11 dei Golden State Warriors in passato ha già avuto esplosioni realizzative di questo tipo. Basti pensare ai 37 punti segnati in un quarto soltanto contro i Sacramento Kings alla Oracle Arena il 23 gennaio 2015 (con 9 triple a segno e un perfetto 13/13 dal campo) oppure ai 60 rifilati ai Pacers nel dicembre 2016 in soli 29 minuti. E Curry, nell’individuare in Klay Thompson il suo compagno di squadra più divertente – Neymar incorona invece Dani Alves, in squadra con lui ai tempi del Barcellona – rivela un particolare propri di quella gara contro Indiana: “Klay è uno che arriva spesso in ritardo, quasi sempre. Agli allenamenti, agli shootaround. Ma all’allenamento il giorno prima della partita contro Indiana non si era proprio fatto vedere. Non aveva dato notizie di sé, nessuno sapeva che fine avesse fatto, non riuscivamo a raggiungerlo né al telefono né in nessun altro modo. Eravamo un po’ preoccupati del suo stato mentale, il giorno della partita – e invece lui non ha fatto una piega. Si è messo a leggere il giornale, come fa prima di ogni palla a due, e poi quando è sceso in campo ha tirato fuori quel tipo di prestazione”. Folle per qualsiasi altro giocatore, quasi normale per Thompson, che ha abituato Curry e i suoi compagni a non poche stranezze: “è uno che sa delle cose che non ti aspetteresti mai – quanti litri d’acqua contiene il lago Tahoe, ad esempio, o cose del genere. Nozioni che puoi trovare solo su Google e che invece lui nasconde da qualche parte nei meandri del suo cervello”. 

Neymar: “Più nervoso per una partita di Curry che a giocare la finale di Champions”

La chiacchierata tra Curry e Neymar poi continua oltre gli aneddoti su Thompson per raccontare invece analogie e punti di contatto tra l’esperienza sportiva di un campione NBA e quella di un fuoriclasse del pallone: “Il modo migliore per spiegare cosa mi succede quando mi sveglio il giorno della mia prima partita di finale NBA è questo: è come se tutto attorno a me rallentasse, come se le cose succedessero al rallentatore. Questo mi permette di concentrarmi su quello che devo fare, isolando tutto il resto”. Nervosismo? Curry ne ammette un po’ (prima di ricordarsi che in fondo è sempre una partita di basket, il pallone è sempre lo stesso di sempre, i canestri anche…) mentre fa sorridere la confessione di Neymar: “Io sono più nervoso quando guardo una tua partita con gli Warriors di quando sono sceso in campo per la finale di Champions League”, dice il brasiliano al suo collega NBA. A unire Neymar e Curry non solo l’adrenalina dei grandi momenti di sport, ma anche le emozioni più private da vivere in famiglia (ai tre bimbi di Steph e Ayesha il giocatore del PSG risponde con un bimbo di 7 anni): “Mi sono accorto che da più piccola Riley, la mia primogenita, mi chiamava papà se mi vedeva in borghese e Steph Curry quando avevo indosso la n°30 di Golden State”, racconta sorridendo. “Per lei era come se fossi due persone diverse”. “Mio figlio invece un giorno è finito dal preside a scuola per una discussione con un suo compagno”, racconta Neymar: “Mi aveva visto in tv in uno spot e aveva detto ai suoi compagni di essere mio figlio: uno non voleva crederci, hanno finito per litigare”.

Imparare da LeBron James e Cristiano Ronaldo

“Mi ricordo la prima volta, da rookie, che ho affrontato LeBron James: volevo giocare anch’io a quel livello – ricorda Curry – e a spingermi a dar tutto per riuscirci era lui, perché vedevo la grandezza fatta persona davanti a me. Poi quando alla fine ottieni il rispetto di giocatori come lui, addirittura capisci che ti temono, è una sensazione bellissima, perché così come loro lo hanno fatto per te, ora anche tu tiri fuori il meglio da loro – e questo dare/avere è alla base del nostro rapporto”. Se si parla di grandi nomi del calcio mondiale, Neymar ammette di “aver idolatrato Messi” (suo compagno al Barcellona) e chiama “un mostro” Cristiano Ronaldo, avversario di tante sfide. L’ultimo aneddoto della chiacchierata a quattr’occhi vede ancora Curry protagonista: alla domanda su quale sia il momento da film della sua vita il tiratore degli Warriors ritorna all’estate del 2012. “Ero reduce dalla seconda operazione alla caviglia. Mi aspettava un’altra estate di riabilitazione. Mia moglie conosce bene la mia forza mentale, la mia determinazione, ma in quel momento un dubbio si stava infiltrando nella mia mente: ‘Quando sarebbe finito tutto questo?’. Lei lo capì e pronuncio una singola frase: ‘Non dimenticarti chi sei’. Era tutto quello che mi serviva per tornare a concentrarmi sul recupero. Tre anni dopo, sono campione NBA…”. Già, l’estate del 2015, quella del primo titolo. Poi bissato nel 2017 e nel 2018. E ora – con l’augurio di Neymar – il threepeat è la nuova sfida di Steph Curry.