Le parole del n°23 dei Lakers rivolte ai proprietari NFL hanno fatto molto discutere: "Sono un gruppo di uomini bianchi che comprano le squadre e le gestiscono con una mentalità schiavista". In NBA le cose invece vanno diversamente
Più di un atleta. Questa la nuova missione di LeBron James, diventato sempre più influente anche lontano dai parquet NBA e a suo modo esposto in battaglie che hanno poco a che fare con il basket giocato. Al n° 23 dei Lakers non sono certo sfuggite le stridenti contraddizioni che esistono nel mondo del football americano, di gran lunga lo sport più diffuso negli States e pieno di conflitti non tanto e non solo a causa delle questioni razziali. Esporsi in un ambiente come quello NFL può costare caso, come dimostra la storia di Colin Kaepernick su tutte. Una tensione interna di cui ha parlato anche James, protagonista nel suo programma "The Shop", uno speciale di 30 minuti in cui gli atleti parlano di questioni lontane dal campo (e dai soliti argomenti trattati). "Nella NFL ci sono un gruppo di vecchi uomini bianchi che comprano le squadre e le governano utilizzando una mentalità schiavista. È come se dicessero: 'Questa è la mia squadra, voi fate quello che voglio [utilizzando un linguaggio molto più esplicito, ndr]. Vi dico io tutto, o potete togliervi di torno. I giocatori invece continuano a essere quelli che tengono la rotta, che portano avanti la nave. Ogni domenica, senza Todd Gurley o senza Odell Beckham Jr., senza tutti questi talenti, non ci sarebbe il football. E lo stesso discorso vale per la NBA'". Frasi che fanno ovviamente rumore e che seguono un filone ben noto, che va avanti da oltre due anni contro il presidente degli Stati Uniti Donald Trump (che più volte si è schierato dalla parte dei proprietari NFL). Problemi che LeBron è felice di non dover affrontare in NBA, anche per merito di chi gestisce la Lega: "Provo grande vicinanza e amicizia verso il nostro commissioner Adam Silver. Non ci ha mai obbligato a tenere un determinato comportamento, o a non esprimere le nostre idee. Non mi sono mai personalmente preoccupato del suo giudizio prima di aprire bocca. Interviene quando ritiene che ci sia qualcosa da chiarire, ma lo fa in modo educato, non violento e propositivo. Il confronto all’interno dell’NBA è costruttivo". Il n° 23 dei Lakers in fondo è anche un grande adulatore: sa bene quali tasti toccare e quando e come affondare il colpo. Questa volta ha deciso di colpire duro il bersaglio NFL.