L'ex MVP NBA - per sette anni leader dei Chicago Bulls - ha chiuso tra i cori di "M-V-P, M-V-P" la sua sola seconda partita da avversario allo United Center, trascinando i suoi Timberwolves alla seconda vittoria esterna consecutiva
VINCONO BELINELLI (CONTRO DENVER) E GALLINARI: SPURS OTTAVI A OVEST
RISULTATI DELLA NOTTE: DONCIC BATTE ANTHONY DAVIS, TORONTO SUPERA MIAMI
Chicago Bulls-Minnesota Timberwolves 94-119
Quella allo United Center di Chicago non sarà mai una partita come le altre per Derrick Rose. L’ex n°1 al Draft 2008 per i Bulls – che nella franchigia che ha avuto Michael Jordan è diventato il più giovane MVP nella storia della lega – ha dominato la gara dall’inizio alla fine guidando i suoi Minnesota Timberwolves alla facile vittoria 119-94 (la seconda consecutiva fuori casa, dopo il successo a Oklahoma City) contro quella che per sette stagioni è stata la sua squadra. Nato e cresciuto a Chicago, si è trattato soltanto del secondo ritorno da avversario di Rose in città (il primo effettuato nel novembre 2016 in maglia Knicks, chiuso con 15 punti, 11 assist, 7 rimbalzi e la vittoria), un momento sempre speciale per il ragazzo di Englewood. “Avrei voluto che tutto il mio quartiere fosse allo United Center, stasera”, le parole del n°25 di Minnesota, un numero di maglia che è a suo modo l’ennesimo omaggio di Derrick Rose alla sua città, rendendo onore alla star dei licei cittadini Benji Wilson, assassinata a 17 anni nel 1984. E il pubblico che per sette anni è stato suo non ha fatto mancare affetto e vicinanza a un campione mai dimenticato, tanto da riservargli cori di “M-V-P, M-V-P” nel quarto quarto, durante un viaggio in lunetta di quello che a tutti gli effetti, in serata, era un avversario. Cori meritati, perché Rose ha chiuso il suo secondo ritorno a Chicago con 24 punti e 8 rimbalzi, attaccando la gara fin dall’inizio e chiudendo il primo quarto già con 10 punti (con 5/8 al tiro) e 5 assist, spingendo i Timberwolves a un vantaggio di 29-18 alla prima pausa. Il vantaggio non ha fatto che aumentare nel secondo periodo, con Minnesota davanti di 23 (60-37) all’intervallo anche grazie alla grande prestazione di Karl-Anthony Towns (20 punti con 20 rimbalzi per lui alla fine). A fine terzo quarto sono già 19 i punti di Rose, che poi ne aggiunge 5 nel quarto conclusivo godendosi i cori del suo pubblico che gli strappano un raro sorriso mentre è in lunetta: “Non ho potuto non sorridere – ha ammesso – perché non mi aspettavo un’accoglienza del genere, che in alcuni momenti mi ha davvero sopraffatto: la gente mi ama ancora, è bellissimo. Una serata come questa mi ha fatto ricordare i bei vecchi tempi, ricordandomi come sono stato fortunato a poter essere nella posizione in cui sono stato così giovane [MVP della lega e All-Star a soli 22 anni, ndr]. La stagione che sto vivendo quest’anno è davvero speciale”.
Coach Thibodeau si gode una piccola vendetta
Una stagione resa possibile anche (se non soprattutto) dalla fiducia che ha sempre dimostrato in lui il suo allenatore Tom Thibodeua, che lo aveva avuto ai Bulls e che non ha esitato a dargli una seconda chance a Minneapolis dopo che le precedenti esperienze di Rose a New York e Cleveland facevano temere un mesto viale del tramonto per l’MPV NBA 2011, la cui carriera è stata fortemente condizionata dai diversi infortuni al suo ginocchio. “Se pensavo possibile una stagione a questi livelli, da All-Star, di D-Rose? Certo che lo pensavo, perché lo avevo studiato, lo guardavo giocare sempre quand’era a New York”, risponde coach Thibodeau con orgoglio, togliendosi il classico sassolino dalla scarpa per aver dovuto ingoiare critiche e derisioni nei momenti meno facili del n°25 dei Timberwolves, da lui sempre difeso. “Quello che la gente si dimentica quando parla di Rose è che ha vinto il premio di MVP della lega a soli 22 anni: era giovanissimo, questo era l’aspetto più incredibile. Avesse avuto 35-38 anni, si poteva pensare che il suo ritorno in forma potesse essere solo temporaneo, una serie di partite e poi basta. Ma visto la sua giovane età ho sempre creduto che potesse tornare sul serio, un po’ com’era successo a Tim Hardaway, che dopo l’infortunio patito a Golden State riuscì a giocare ancora ad altissimo livello a Miami. Ho sempre pensato che potendo tornare in forma fisicamente Derrick avesse tutto per essere ancora molto produttivo: se rimane lontano dagli infortuni, ha ancora davanti un gran futuro”. Parole di grande ammirazione che solo pochi giorni fa erano state pronunciate anche da Gregg Popovich, a margine della sfida tra i suoi Spurs e i Timberwolves: “Sono felicissimo per lui – aveva detto il coach dei texani – perché è stato uno dei giocatori più forti di questa lega. Era davvero fantastico e poi, di colpo, era fuori infortunato. Ma era davvero una forza, pochi giocatori avevano quella potenza nel suo ruolo. Non è mai stato un grandissimo tiratore ma oggi riesce ancora a essere protagonista, perché è un ragazzo che ha carattere. Oggi in più tira pure meglio, il che può sorprendere parecchia gente, perché non era certo per il tiro che era conosciuto, ma quando vedi un ritorno a questi livelli di un giocatore del genere non puoi che essere contento. Io lo sono, penso davvero che sia fantastico”.