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NBA, Chandler Parsons non vuole andare a giocare in G-League e lascia Memphis

NBA

Il n°25 dei Grizzlies, ancora lontano dal parquet dopo aver disputato soltanto tre partite in stagione, ha lasciato definitivamente la città, in attesa che il suo staff trovi un accordo con la società e una strada "conveniente" per entrambe le parti. Una storia professionale sfortunata iniziata male e finita peggio

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La storia tra Chandler Parsons e i Memphis Grizzlies, mai realmente iniziata a causa degli infortuni che da oltre due anni lo hanno tenuto ai margini, sembra essere giunta al capolinea. L’agente James Dunleavy è a lavoro con la dirigenza per trovare la strada più comoda e conveniente per entrambe le parti per risolvere la questione. Del contratto originario da 94 milioni di dollari per quattro anni, all’ex giocatore di Houston e Dallas spettano ancora oltre 38 milioni, inclusi i 25.1 previsti dall’accordo per il 2019/20. L’idea (e forse una speranza vana) è quella di trovare una trade nella quale inserire Parsons, senza dover per forza di cose rinunciare a una prima scelta per convincere la controparte ad accettare lo scambio. I Grizzlies sono convinti del fatto che un contratto in scadenza sia sempre appetibile per chi vuole liberare spazio salariale, anche eventualmente in estate. Difficile altrimenti pensare che un giocatore che non scende in campo dalla terza gara stagionale, possa ancora interessare a livello tecnico a qualcuno. Nella sfida contro Utah dello scorso 22 ottobre, Parsons fu costretto a uscire a causa di un non meglio specificato fastidio al ginocchio destro (già più volte operato). Nonostante questo, il suo recupero a livello medico è stato confermato già dallo scorso 21 dicembre – momento in cui aveva ripreso ad allenarsi con i Grizzlies, quasi implorando il GM Chris Wallace di permettergli di ritornare all’interno della rotazione. Secondo quanto raccontato dal giocatore, gli specialisti avevano garantito che il suo ritorno sarebbe avvenuto nella trasferta di Sacramento a fine dicembre, senza ricevere poi ulteriori indicazioni nelle ultime tre settimane. I tanti 5 vs. 5 disputati a tutta in allenamento erano un modo per dimostrare di essere pronto, di fare un’impressione positiva di fronte a compagni e coaching staff, soprattutto attraverso la sua capacità di dare un contributo offensivo. “Lasciatemi giocare”, avrebbe urlato più volte Parsons in direzione di Wallace dopo aver segnato da tre punti in allenamento. Parole cadute nel vuoto.

La questione G-League e la rottura dei rapporti

Le perplessità infatti restavano molte all’interno della dirigenza e dello staff dei Grizzlies, che volevano vederlo in azione in partita prima di dare l’ok per il rientro in gruppo. Soprattutto, volevano testare la sua tenuta difensiva. L’ultima questione che quindi ha portato alla definitiva separazione tra Parsons e la franchigia – in maniera che sembra permanente – è quella relativa all’ipotesi di assegnare il giocatore alla squadra di G-League. L’intenzione di Chris Wallace era di fargli giocare qualche partita con i Memphis Hustle – la squadra affiliata della lega di sviluppo – prima di decidere se farlo rientrare all’interno del roster. Dal canto suo, Parsons si era detto disponibile a un possibile passaggio momentaneo in G-League, a patto però di conoscere in precedenza e in maniera chiara una tabella con le tappe che lo avrebbero riportato in gruppo con i Grizzlies. I viaggi con le squadre di G-League infatti sono considerati per i veterani al pari di un trattamento riabilitativo, non come dei provini da superare per poter essere riammessi in squadra. Uno scontro irrisolto tra le due parti, arrivate ai ferri corti dopo che negli ultimi due anni e mezzo era sceso in campo soltanto per 73 gare, raccogliendo sette punti di media e non riuscendo mai a garantire continuità e affidabilità in alcun modo. Un giocatore insomma che è sempre mancato a Memphis, che non ne sentirà in alcun modo la mancanza.