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NBA, Derrick Rose ai suoi critici: "Potete ammazzarvi". Ma poi si scusa

NBA

Il n°25 dei Timberwolves reagisce male a chi insinua che, senza più Tom Thibodeau in panchina, il suo rendimento sia destinato a calare. Ma dopo aver usato parole fuori luogo chiede subito scusa sui social: "Non intendevo dirlo in senso letterale, ma ho sbagliato"

DERRICK ROSE, RITORNO DA MVP A CHICAGO

ROSE E' TORNATO: 50 PUNTI E LE LACRIME A FINE GARA

L’incredibile stagione che sta vedendo protagonista Derrick Rose lo rende il più credibile candidato a un ipotetico premio di “comeback of the year” (il ritorno dell’anno) anche se il n°25 dei Timberwolves è seriamente in corsa per quello di miglior sesto uomo NBA. Una stagione resa possibile dalla fiducia sempre dimostrata in lui da Tom Thibodeau, il suo primo allenatore a Chicago (ai tempi del suo titolo di MVP nel 2011) e poi anche il suo ultimo, nel Minnesota, prima che il proprietario dei T’Wolves Glen Taylor scegliesse di licenziarlo solo 24 ore fa. Un licenziamento improvviso per certi versi, giunto dopo una vittoria convincente dei suoi contro i Lakers, e che lascia Rose senza il suo mentore e una delle persone più importanti della sua carriera. Una perdita importante, tanto da portare diversi giornalisti a interrogare lo stesso Rose sui cambiamenti in corso nello spogliatoio di Minnesota: “Coach Thib è stato l’unico allenatore che ha sempre creduto in me. Quando mi è arrivata la sua chiamata – ricorda Rose – io ero in una palestra di Cleveland State ad allenarmi da solo, cinque giorni alla settimana. Ero appena diventato papà, mi era nata mia figlia, nessuna squadra NBA sembrava essere neppure lontanamente interessata a me. In pratica ero fuori dalla lega, e anche dopo la sua chiamata, quando sono arrivato qui a Minneapolis, nessuno pensava che potessi tornare a giocare a questo livello. Lui invece ha creduto in me, l’unico insieme a me e alla mia famiglia – e alla fine abbiamo avuto ragione noi”, racconta la point guard dei Timberwolves, che sta viaggiando a quasi 19 punti e 5 assist di media. Che poi riserva le parole più dure per i suoi critici, per quelli che ancora osano mettere in dubbio il suo impegno, la sua voglia di farcela, di tornare a essere a tutti gli effetti un protagonista sui campi NBA. “Tutti quelli che pensano che non continuerò a giocare in questo modo ora che Thibs non è più qui, possono ammazzarsi, perché io credo in me stesso. Ho tanta fiducia nelle mie capacità – ha aggiunto Rose – e Thibs è stato l’allenatore che credendo in me ha resuscitato la mia carriera, una cosa di cui gli sarò sempre grato. Ma chi pensa che ora mi fermerò può davvero ammazzarsi, perché non accadrà”. 

Le scuse di Derrick Rose su Twitter

Una parola – quell’ammazzarsi, ripetuto due volte – che ovviamente ha fatto subito discutere, per la violenza simbolica del termine, soprattutto pronunciata da un giocatore che conosce bene e da vicino la piaga della delinquenza del suo quartiere, Englewood, in una città come Chicago che da anni lotta contro l’etichetta che la vuole “la capitale d’America degli omicidi” (più di 500 anche nell’anno appena concluso, 410 dei quali per armi da fuoco). Tanto è vero che è stato proprio Derrick Rose il primo ad accorgersi di aver usato a sproposito un’espressione che forse voleva solo essere colorita ma che è risultata immediatamente fuori contesto. Ecco perché il n°25 dei Timberwolves ha fatto una rara apparizione sui social network per scusarsi in prima persona con tutti, affidando il proprio messaggio a Twitter: “Ho sbagliato tutto utilizzando un termine di slang come ‘ammazzatevi’ rispondendo a una domanda che metteva in dubbio il fatto che continuassi a giocare al mio livello anche senza coach Thibs. Non volevo assolutamente dare un senso letterale a quel termine, mi spiace averlo utilizzato e chiedo scusa”. Più volte in passato proprio Rose – cresciuto in una delle zone più violente di Chicago – si era impegnato in prima persona (così come Jabari Parker, altro ragazzo di Chi-town) a ribaltare la percezione negativa sulla sua città, sottolineando l’importanza dell’educazione e della lotta al possesso indiscriminato delle armi. Per questo motivo quella parola è stata uno scivolone davvero poco opportuno, da mettersi subito alle spalle per continuare a far parlare solo attraverso le sue giocate spettacolari.