Il giocatore dei Lakers non nega che i 25.000 dollari di bonus collegati al premio di MVP della sfida tra Team USA e Team World sono stati una delle motivazioni alla base della sua gara da 35 punti. Ma anche la volontà di farsi perdonare l'apparizione dello scorso anno...
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Kyle Kuzma aveva qualcosa da farsi perdonare: “L’anno scorso – ammette lo stesso giocatore dei Lakers – non mi ero impegnato un granché, non avevo messo la giusta concentrazione sulla gara: quest’anno volevo che fosse diverso, volevo rendere onore a questo bellissimo gioco”. Ci è riuscito, terminando la sfida tra Team USA e Team World come miglior marcatore (35 punti, anche se con la bellezza di 27 tiri) e aggiudicandosi così anche il premio di MVP, che in una non competitiva come la sfida delle Rising Stars magari conta il giusto ma, come dice lo stesso Kuzma “sempre meglio vincerlo, anche solo per vantarsi con gli altri giocatori in giro per la lega”. Sempre meglio vincerlo anche perché – collegato al premio di miglior giocatore della gara – c’è un bonus da 25.000 dollari, a cui Kuzma non ha fatto mistero di puntare già durante la gara stessa: “Sarà stato il secondo time-out della partita e ho decido di rompere l’huddle all’urlo di ‘Bonus al tre: 1-2-3, bonus!”, racconta divertito il giocatore dei Lakers. Che solo al secondo anno nella lega, sembra avere le idee chiare sul suo futuro: “Dopo aver vinto questo riconoscimento, ora il mio obiettivo è diventare un All-Star già l’anno prossimo. Ho fiducia di potercela fare, un giorno – ed è sicuramente uno degli obiettivi della mia carriera, un sogno che ho fin da quando ero bambino”. E della sua infanzia, trascorsa a Flint, Michigan – una cittadina non certo facile, colpita da una crisi economica che l’ha resa per anni il simbolo della recessione americana – Kuzma è tornato a parlare anche con il trofeo di MVP tra le mani: “Gli ostacoli e i momenti difficili sono quelli che costruiscono il tuo carattere e la tua forza mentale. Ne ho passate davvero tante nella mia vita, crescere a Flint non è facile e ogni giorno bisogna sfuggire da un demone diverso. Farlo senza un padre presente [Kuzma è stato cresciuto da sua madre Karri, ndr] mi ha portato a diventare presto l’uomo di casa, a capire in fretta il senso di responsabilità e il valore del lavoro duro, quello che vedevo mia madre fare per permetterci di tirare avanti”.
Kuzma: “Sono cresciuto molto, soprattutto come leader”
La maturazione di Kyle Kuzma si riflette a sentire lui stesso in un’analoga crescita sul campo, come giocatore: “Se ti alleni e lavori duro in palestra, i miglioramenti ovviamente arrivano ma per me è stato importante soprattutto poter vedere da vicino alcuni leader e ispirarmi a loro: sento di essere cresciuto molto soprattutto in questo aspetto, nella mia leadership. Non voglio sembrare poco modesto, ma questi miei miglioramenti, questa mia crescita non mi sorprende, perché so quanto lavoro duro e ho sempre avuto tanta fiducia in me stesso”. Per molti l’arrivo a Los Angeles di LeBron James – il cui ruolo in campo poteva finire per oscurare quello di Kuzma, bloccandone magari lo sviluppo – poteva non essere il massimo per il giocatore di Flint, che invece ha visto parecchie sue cifre (a partire dalla media punti, passata da 16 a 19 punti a sera) migliorare in questa sua seconda stagione NBA: “Ho cercato di modificare un po’ il mio gioco per fare in modo che si adattasse al meglio al nostro sistema di gioco, per essere il miglior compagno di squadra possibile. Quest’estate poi ho lavorato moltissimo: sveglia ogni mattina alla 5, pesi, sessioni di tiro e poi ancora palestra. L’anno scorso magari in tanti non mi conoscevano, ma dopo quello che avevo fatto vedere quest’anno sapevo che sarei stato il bersaglio per molti, e volevo essere pronto”. A giudicare dal premio di MVP alzato sul campo di Charlotte, ci è riuscito.