New York è tornata al successo in casa contro San Antonio, ma ancora non ha sconfitto del tutto uno dei suoi principali avversari; il video gioco con cui buona parte del roster dei Knicks passa le ore: "Altro che Celtics, l'avversario più difficile da battere è Fortnite"
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Dopo tre mesi di astinenza, il pubblico di New York è tornato a gioire per un successo al Madison Square Garden dei Knicks. Battuti gli Spurs in corsa per un posto ai playoff a Ovest, mentre i ragazzi di coach Fidzale da mesi ormai non sembrano essere molto interessati a quello che accade sul parquet. Kevin Knox e i suoi giovani compagni di squadra infatti da qualche settimana hanno un’altra fissazione; quella che è stata indicata per ben tre volte in conferenza stampa dall’allenatore dei Knicks come la principale ragione di distrazione per i suoi ragazzi: “Il peggior rivale che devo affrontare è Fortnite, un avversario da battere molto più complicato dei Boston Celtics”, aveva detto la scorsa settimana dopo l’accenno fatto a dicembre. Una frase ripresa più volte nelle ultime ore: “Fortnite è imbattuto al momento”, a differenza di New York che continuava a fare acqua da tutte le parti. Critiche fondate, visto quanto raccontato da Mitchell Robinson, secondo molti il migliore del roster quando si tratta di passare del tempo con Fortnite: “Sto limitando il tempo passato a giocare, soprattutto dopo aver letto dei problemi generati dal restare così a lungo di fronte a uno schermo prima di andare a dormire. Sto verificando su me stesso i benefici: il mio livello di energia è superiore rispetto al solito. Nessuno di noi in squadra in realtà ha eliminato Fortnite dalla propria vita, anzi”. Una gestione responsabile che si spera porti i suoi frutti. Anche se la continuità di risultati sul parquet appare molto lontana.
Lo scetticismo di Hezonja: “Meglio i video giochi che uscire a far festa”
Mario Hezonja ad esempio si è più volte detto in disaccordo con chi vedeva nel video gioco una causa dei problemi alla base del rendimento della squadra: “I professionisti possono controllare sé stessi, non ci sono problemi. Ma non devi mai essere esagerato, non bisogna andare oltre un certo limite. I video giochi possono diventare come le feste, le uscite con gli amici, tutte quelle altre cose da fare che sai che ti porteranno dei guai a prescindere: ho capito quello che coach Fizdale vuole dire, che la cosa potrebbe diventare un problema. Ma io sono convinto che nessuno ha perso la testa dietro queste cose: giochiamo per divertirci, per alleviare lo stress dettato dalla competizione. Per me è un modo per distrarmi dalla routine della palestra e delle gare. Nessuno di noi resta sveglio fino alle tre di notte pur di continuare a giocare”. In effetti è lo stesso allenatore dei Knicks a spiegare come la scelta di restare a casa davanti la tv – piuttosto che in giro in una città che offre molte distrazioni – sia un modo per preservare le energie, soprattutto durante le trasferte: “Mi rendo conto che dal mio punto di vista questa è una generazione profondamente diversa: non sono dei ragazzi che una volta finito in palestra, escono e vanno in giro tutta la notte. I miei ragazzi non lo fanno, a differenza di quanto accadeva qualche tempo fa”. E lo stesso allenatore dei Knicks potrebbe diventare un grande appassionato: “Visto il successo che riscuote con i miei giocatori, dovrò provare anche io a giocare. Devo imparare a collegarmi, ma credo che Mitchell Robinson può insegnarmi come fare. È la scusa per potermi urlare contro di tutto, per una volta. Di poter vestire i panni dell’allenatore e spiegarmi come funziona”. Magari davanti a uno schermo i risultati potrebbero essere migliori di quelli raccolti sul parquet.