L'allenatore dei gialloviola racconta della lunga conversazione avuta con l'ex giocatore dei Celtics: un confronto "positivo" che ha fatto bene a entrambi. Quando poi c'è da vincere, ci pensa sempre il n°23: "Il mio tiro era più difficile di quello segnato da Wade"
LEBRON: 33 PUNTI E TRIPLA DELLA VITTORIA CONTRO ANTHONY DAVIS
C’era bisogno di un successo a ogni costo e alla fine la vittoria in casa Lakers è arrivata. Basta quella per schiarire le nubi che si erano addensate negli ultimi giorni sullo spogliatoio gialloviola, con tanto di colloquio a due (molto lungo, stando a quanto raccontato dai diretti interessati) tra coach Luke Walton e Rajon Rondo. “Una conversazione onesta, positiva”, aggiunge l’allenatore dei Lakers, ben consapevole che in questo periodo ogni notizia a L.A. può rapidamente volgere al peggio. L’annotazione più importante in realtà arriva dal parquet, con Rondo che ha finalmente dimostrato di aver ritrovato smalto: “Credo di aver dormito in un letto scomodo in Giamaica”, scherza l’ex Celtics dopo aver messo a referto 11 punti, 16 assist e sette rimbalzi; la miglior prestazione del post-infortunio e certamente del dopo All-Star Game. È suo il compito di sostituire sin dalla palla a due in quintetto Lonzo Ball: “So bene che con Lonzo fuori e con i problemi che spesso abbiamo avuto con le palle perse, avere un altro trattatore di palla sul parquet può farci molto comodo – sottolinea James, che spesso nelle ultime gare si è improvvisato tuttofare – con Rondo in quintetto io e Ingram possiamo evitare di doverci fare carico della totale responsabilità di gestire il pallone. Con lui sul parquet abbiamo a disposizione un altro giocatore in grado di dare senso al nostro gioco, porta stabilità a tutto il quintetto. Possiamo pensare di correre in contropiede: stasera abbiamo portato a casa 19 punti così, mettendo a referto in totale ben 37 assist. Tra me e lui abbiamo combinato per 26 passaggi vincenti e tutta la squadra ha chiuso con soltanto otto palle perse. È un rapporto super positivo, quasi ridicolo a guardarlo bene, una partita “alla Golden State”. Non perdere il pallone vuol dire schierare la difesa e poter difendere come sappiamo”.
Il canestro decisivo lo firma LeBron: “Il mio era più difficile di quello di Wade”
Una rondine non fa primavera, ma ci sono le ragioni per sorridere: Ingram che chiude con 23 punti e sei rimbalzi, a cui si aggiungono i 22 e cinque di Kyle Kuzma nelle dure battaglie nel pitturato contro i lunghi dei Pelicans. Anthony Davis resta poco in campo, gestito cronometro alla mano nonostante nei 21 minuti sul parquet risulti dominante con i suoi 22 punti e otto rimbalzi. Meglio per i Lakers, che si liberano di un avversario ingombrante e devono vedersela “soltanto” contro Julius Randle e il suo dente avvelenato: per l’ex di giornata sono 35 punti, uno dei pochi in campo che fino in fondo ha provato a mettere i bastoni tra le ruote ai losangelini. A togliere le castagne dal fuoco poi ci ha pensato James: tripla fuori equilibro – e da ogni logica – a 33 secondi dalla sirena e partita chiusa. “Il mio bersaglio è più difficile di quello trovato da Wade – scherza con chi gli chiede un parere sulla prodezza del suo amico fraterno – il grado di difficoltà del mio tentativo era molto elevato. Il suo in realtà non so neanche bene cosa fosse, non proprio una conclusione: è come quando giochi al lunapark, che raccogli il pallone e lo lanci subito verso il ferro perché hai poco tempo. Lui non aveva modo di ragionare sul tiro, ma il mio era certamente più difficile”. Gli amici, si sa, non risparmiano mai le critiche.