Era da Allen Iverson nel 1997 che un rookie non segnava 121 punti in tre partite consecutive come fatto da Trae Young nell’ultima settimana. Un momento d’oro per la matricola degli Atlanta Hawks, che ora sognano i playoff in tempi brevi
LA PARTITA DEI RECORD: ATLANTA-CHICAGO FINISCE SOLO DOPO 4 OVERTIME
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Molto probabilmente è troppo tardi perché la corsa per il premio di Rookie dell’Anno si riapra per davvero. Luka Doncic è ancora la miglior matricola di questa stagione e non ha abbassato il suo livello tanto da far rientrare in corsa i suoi contendenti. C’è abbastanza tempo però per testimoniare quanto sia migliorato Trae Young nel corso di questa stagione, o quantomeno di come sia riuscito a far nascere un dubbio con prestazioni sempre più convincenti. Quella di stanotte nella partita infinita contro i Chicago Bulls rappresenta il punto più alto della sua stagione: massimo da 49 punti, 8 rimbalzi e 16 assist con percentuali stellari (17/33 dal campo, 6/13 da tre punti, 9/11 dalla lunetta) nei 56 minuti passati sul parquet, durante i quali ha segnato o assistito 86 punti della sua squadra, record per un rookie nella storia NBA. Certo, ci sono state anche 9 palle perse — di cui uno sanguinoso al terzo overtime —, ma sono da attendersi da una matricola impegnati in una gara finita solamente dopo quattro tempi supplementari. Soprattutto, ci sono due highlight in grado di far saltare sulla sedia i tifosi degli Hawks: il primo è la tripla per spezzare la parità a due secondi dalla fine dei regolamentari, facendo esplodere la State Farm Arena mentre mostrava la maglia al pubblico; la seconda il lay-up del pareggio nel primo supplementare, approfittando della scarsa concentrazione degli avversari. Non sono bastate per portare i suoi alla vittoria, ma bastano e avanzano per rilanciare la sua candidatura al premio di ROY — forte anche dei tre premi di rookie della Eastern Conference su quattro conquistati quest’anno.
Le cifre da All-Star di Trae Young nelle ultime partite
Da un ragazzo di appena 20 anni che segna 49 punti e 16 assist in una partita NBA — l’unica gara da 45+15 di un rookie nella storia NBA, nonché l’unico a toccare certe cifre insieme alla tripla doppia da 53-16-17 di James Harden nel capodanno del 2017 — ci si aspetterebbe grande entusiasmo. Invece la sconfitta bruciava ancora al giovane playmaker degli Hawks, visibilmente contrariato: “Niente di quello che ho fatto stasera significa molto perché non abbiamo vinto. E la vittoria viene sempre al primo posto”. Parole che faranno felici il suo allenatore e la sua dirigenza, che nelle ultime partite lo hanno visto semplicemente esplodere. I 121 punti realizzati nelle ultime tre gare — 36 contro Houston, 36 contro Minnesota e i 49 di questa notte — rappresentano il massimo per un rookie in gare consecutive da Allen Iverson nel 1997. Nelle ultime cinque gare dopo la pausa per l’All-Star Game il prodotto di Oklahoma sta viaggiando a quasi 35 punti, 4.4 rimbalzi e 10.4 assist di media con il 47% dal campo, il 49% da tre punti su 9.4 tentativi e il 91.5% ai liberi. E anche allargando la ricerca alle ultime 15 gare stiamo comunque parlando di oltre un mese e mezzo a 25.5 punti e 9.4 assist a partita con il 43.4% da tre punti.
Gli Hawks ora sognano di tornare ai playoff, ma Carter frena gli entusiasmi
Insomma, qualcosa è cambiato per davvero e gli Hawks se ne stanno accorgendo più di chiunque altro, tanto da ritenere possibile presentarsi dai maggiori free agent di questa estate con la promessa di un nucleo giovane costruito attorno a lui, a Kevin Huerter e a John Collins, oltre che alle scelte che arriveranno dal prossimo Draft. Soprattutto, ad Atlanta sono convinti di aver creato la giusta cultura di squadra nello spogliatoio, riempito da giocatori “con la testa sulle spalle” e guidati da un veterano come Vince Carter, che pare non avere alcuna voglia di smettere nonostante i 42 anni sulla carta d’identità (e i 45 minuti di stanotte che hanno fatto temere per la sua incolumità). È sempre il vecchio Vince a frenare gli entusiasmi all’interno della franchigia: “La cosa più importante è non saltare i passaggi che vanno fatti. Come vinceremo contro le buone squadre? Come vinceremo contro le squadre da playoff? L’obiettivo finale è vincere il titolo, ma quello più immediato è di andare ai playoff. Non si può passare da zero a cento: è un processo. Ci vuole tempo”. Young però è dell’avviso che il futuro sia imminente, e che il meglio debba ancora venire: “Avessimo avuto John Collins a inizio anno, avremmo potuto giocarci i playoff già quest’anno. Ci piace dove stiamo andando, e sappiamo di avere ancora molta strada. E so di non essere al livello a cui posso arrivare: sento di poter fare ancora di più, che è spaventoso”. Ed è quello che sperano i tifosi degli Atlanta Hawks — sia che si riapra la corsa al premio di Rookie dell’Anno oppure no.