Il ritiro della maglia numero 4 dell’uomo-spogliatoio dei Thunder è arrivata nel momento peggiore della stagione di OKC, incapace di tirarsi fuori da una spirale negativa da 5-10 dopo la pausa per l’All-Star Game. “Ma questa squadra gioca la pallacanestro dei Thunder” ha detto Collison
L’associazione di idee è fin troppo facile. Con gli Oklahoma City Thunder in grossa difficoltà nelle ultime settimane, a tanti tifosi sugli spalti della Chesapeake Arena sarà balenato in testa il pensiero: a questa squadra servirebbe proprio un Nick Collison per stabilizzare la situazione. Nella serata in cui è stata ritirata la maglia numero 4 dell’ex giocatore dei Thunder – la prima da quando la franchigia si è trasferita da Seattle a OKC –, la squadra di casa non è riuscita a regalare una vittoria al suo numero 4, pur riuscendo a forzare il supplementare ai Toronto Raptors. Riuscendoci, peraltro, con una giocata tipicamente “Collison-iana”: uno sfondamento subito da Dennis Schroeder sul possesso decisivo. E nel primo possesso offensivo dell’overtime, l’erede spirituale di Collison, Steven Adams (che dopo la gara ha detto “Mi manca il vecchio bastardo”), ha pescato il taglio backdoor di Russell Westbrook come avrebbe fatto il suo amico, che per un paio di anni ha dato vita a splendidi giochi a due con James Harden. Non è bastato però per superare i Raptors, complici sette errori consecutivi al tiro per aprire il supplementare che hanno permesso ai canadesi di portare a casa la vittoria, condannando OKC a un esame di coscienza. Dalla pausa per l’All-Star Game, infatti, i Thunder hanno vinto solo cinque delle 15 partite disputate, e dopo la sconfitta di stanotte sono scivolati all’ottavo posto nella Western Conference. Il che significherebbe subito una serie contro un altro ex che ben si ricordano a OKC, vale a dire Kevin Durant – presente alla Chesapeake Arena per la celebrazione del suo compagno e spettatore non si sa quanto interessato di quanto successo sul parquet.
La spirale negativa dei Thunder finisce con Golden State
“Quello che mi piace di questa squadra è che ha ritrovato la sua anima, mi ricorda più quello che noi chiamiamo ‘Thunder Basketball’” ha detto Collison, che è riuscito a superare quasi indenne il suo discorso davanti al pubblico che lo ha osannato per anni commuovendosi solo quando ha parlato di sua figlia. “Non avevamo questo atteggiamento alla fine dello scorso anno: non eravamo una squadra che andava in campo e competeva indipendentemente dalle circostanze”. Di sicuro il parziale di 32-18 con cui hanno rimesso in piedi la gara – forti dei 42 punti di Russell Westbrook – sono un aspetto positivo, ma non cancellano quanto di brutto fatto nei primi tre quarti e in generale in questo periodo poco ispirato. Di sicuro hanno influito gli infortuni, a partire da quello alla spalla di Paul George che ancora lo limita (19 punti con 6/14 al tiro stanotte), ma anche il 16° fallo tecnico con conseguente squalifica scontata da Westbrook contro Miami non ha aiutato. Alla squadra di Billy Donovan rimangono ancora dieci partite per raddrizzare la rotta, ma il calendario non perdona: la percentuale media di vittorie delle avversarie da qui al termine della regular season è del 55.7%, la quarta più alta di tutta la NBA, dovendo ancora affrontare Milwaukee, Toronto (di nuovo), Denver, Houston, Indiana e Detroit. Coach Donovan è convinto che il calendario difficile possa preparare al meglio la squadra in vista dei playoff, ma evitare gli Warriors almeno al primo turno dovrebbe essere un imperativo categorico. Rimangono dieci partite per evitarlo.