L'allenatore di L.A. non nasconde il suo orgoglio per un gruppo andato ben oltre ogni più rosea aspettativa: "Una gruppo di lavoratori, la gente li ha apprezzati per questo. Ogni giorno è stato un piacere avere a che fare con loro, la mia miglior squadra di sempre"
KD MOSTRUOSO, GOLDEN STATE VOLA IN SEMIFINALE
La frase è la stessa pronunciata 12 mesi fa, quando la sua squadra lottò fino al termine della regular season, per poi restare per un soffio fuori dalla post-season. Una replica necessaria, non per mancanza di aggettivi o per buonismo, ma per esprimere con maggiore forza un concetto nel quale Doc Rivers crede profondamente: “Non potrei essere più orgoglioso di un gruppo di giocatori, i migliori ragazzi che abbia mai allenato in 20 anni di carriera. È stato una cavalcata molto entusiasmante. Non avevo mai avuto un roster del genere, con cui appena sveglio la mattina avevo voglia di passare del tempo. Correvo in auto agli allenamenti soltanto all’idea di quanto piacevole fosse essere circondato dai miei giocatori. Per me è stato un onore essere il loro coach”. Un risultato che va ben oltre quelli raccolti sul parquet, andando ben oltre le 33 vittorie pronosticate da più parti e costringendo gli Warriors a perdere per la prima volta negli ultimi tre anni ben due partite consecutive in casa nella stessa serie playoff. “Questo gruppo è come i miei Celtics del 2008, però senza Kevin Garnett, Ray Allen, Rajon Rondo e Paul Pierce. Ho rivisto in loro lo stesso cuore, la stessa predisposizione a giocare duro ogni notte. Questo è il motivo per cui abbiamo legato così tanto. È una squadra che entusiasmerebbe chiunque: prendendo questo gruppo e spostandolo in qualsiasi città NBA, il successo riscosso non sarebbe cambiato. Tutti i tifosi si sarebbero innamorati di questa squadra. Perché le persone che vengono a vederci all’arena lavorano ogni giorno e sono felici di vedere sul parquet dei campioni che giocano rispecchiando la loro stessa etica del lavoro. La gente ha visto la predisposizione di questi ragazzi, così come me si sono resi conto dello sforzo fatto in palestra ogni giorno. Non è importante l’estrazione sociale, se chi ti guarda è un dirigente o un operaio, chiunque è in grado di apprezzare chi lavora duro”. Una vittoria che va ben oltre quella raccolta sul parquet.
Il rispetto mostrato dagli Warriors e le parole al miele per KD
Parole ripetute con forza anche negli spogliatoi da Rivers, riprese dall’account Twitter della squadra di Los Angeles: “Quelli erano i campioni in carica, lo dico anche ai più giovani del gruppo: ricordate l’atteggiamento e la volontà dimostrata”. Un rispetto reciproco dimostrato anche dagli Warriors, al termine di una battaglia senza esclusione di colpi. Come nel caso di Draymond Green - corso via nel pieno di un’intervista televisiva per andare ad abbracciare Montrezl Harrell che non era riuscito a incrociare prima sul parquet e si stava dirigendo verso gli spogliatoi. Uno scatto per placcarlo da dietro, abbracciarlo e dimostrare la stima nei confronti di un avversario che per cinque partite ha messo alle corde la difesa dei bi-campioni in carica. In conferenza stampa invece, Lou Williams e Patrick Beverley hanno reso il giusto onore a Kevin Durant; andando chiaramente ben al di sopra del livello espresso da tutti gli altri in campo. “Quello è Kevin Durant – commenta il n°21 dei Clippers, facendo in parte il verso alla parole del n°35 Warriors dopo gara-2 – non puoi pensare di approcciare dicendo: “Dai ragazzo, stasera facci 50 punti”. Non funziona così. È un giocatore pazzesco, i tiri che ha preso sono assurdi – alcuni davvero molto difficili. Se tu fossi un allenatore, cosa ci avresti detto di fare?”. Una domanda caduta nel vuoto, raccolta da Williams - che con i suoi 18 tiri sbagliati ha battuto ogni record negativo per un giocatore in uscita dalla panchina: “Le abbiamo provate tutte contro di lui. Alle volte succede di avere a che fare con giocatori che sono speciali, che non fanno caso all’avversario che si ritrovano davanti. Non è una questione di schemi, non c’è niente che tu possa fare. Durant è uno di quelli, come ha fatto vedere stanotte. Si è caricato tutta la squadra sulle spalle”. E alla fine, ha avuto ragione lui.