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NBA: perché gli Spurs non hanno fatto fallo e fermato la gara sull'ultimo possesso?

NBA

"Non mi hanno sentito", ha confermato coach Popovich in conferenza stampa, ma resta il fatto che i giocatori non si siano resi conto del pochissimo margine di tempo rimasto sul cronometro tra possesso e quarto. Un'ultima possibilità sprecata 

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Da -17 a -2, senza mai essere davanti per oltre 47 minuti, tirando con meno del 40% dal campo. Insomma la partita perfetta per regalare agli Spurs l’ennesima impresa, uno dei quei successi che soltanto loro sono in grado di conquistare. Il destino invece ha premiato la conclusione dalla media di Jamal Murray – il canestro del match, in sostanza – prima che DeMar DeRozan dall’altra parte si fermi per l’ennesima volta sul secondo ferro. Una scalpellata al canestro che lascia però 28 secondi tempo ai texani per immaginare una rimonta da -4. Il primo passo però, quello fondamentale, è fermare il cronometro con un fallo. Senza quello, complicato pensare di lasciare pochi decimi sul tabellone. Nella testa dei giocatori di San Antonio però evidentemente scatta qualcosa – la squadra era già in bonus: nessuno guarda al cronometro o comunque, presi dalla concitazione del momento, i secondi iniziano a scorrere anche un po’ a sorpresa per i Nuggets. Basta guardare Nikola Jokic, che cattura il 15° pesantissimo rimbalzo della sua partita nel traffico, stringendo forte il pallone convinto di subire un colpo che non arriva. Quando rialza la testa a quel punto è ben felice di corricchiare nell’altra metà campo, mentre Aldridge arretra a difendere un’ideale barricata ormai già fatta saltare da Denver. Il pallone passa dalle mani di Murray, per poi ritornare in quelle di Jokic. Mancano 18 secondi, gli Spurs sono schierati e Popovich assieme a Ettore Messina si sbraccia a bordocampo (mettendo anche i piedi all’interno del campo), chiedendo ai suoi ragazzi di fermare quel dannato cronometro. Nessuno però agisce, Murray sfiora il bersaglio grosso sulla sirena del possesso e a San Antonio non resta il tempo che raccogliere il rimbalzo e i rimpianti per un destino che appare evidente ai giocatori soltanto in quel momento. “Ovviamente nessuno mi ha sentito sul parquet, per quello non hanno commesso fallo”, liquida la questione Popovich, che dopo una sconfitta ha sempre poca voglia di parlare. Un peccato aver rinunciato a un'ultima possibilità al termine di una serie in cui gli Spurs le hanno davvero provate tutte.