Coda polemica al primo episodio della serie tra Golden State e Houston. Gli ospiti si sono lamentati dei mancati fischi sugli atterraggi di Harden e Paul nel corso della partita, ma sull’ultimo possesso la NBA ha confermato la decisione degli arbitri. E la serie promette scintille anche da questo punto di vista
Prima di fare qualsiasi discorso sugli arbitraggi in NBA, è doverosa una premessa: la pallacanestro odierna, specialmente quella dei playoff, è uno sport difficilissimo da arbitrare per la quantità di contatti che avvengono ad ogni azione, le dimensioni degli atleti in campo e la velocità del gioco sui 28 metri. È però ormai da qualche anno che tra i giocatori e gli arbitri sembra che la polemica non finisca mai, e gara-1 tra Golden State Warriors e Houston Rockets ne è stata l’ultima dimostrazione. In una partita tesissima e intensissima in cui sono stati fischiati 45 falli di gioco, quattro tecnici e un’espulsione, a farla da padrone sono state le decisioni dei fischietti, specialmente su una particolare situazione di gioco: l’atterraggio del tiratore sui due piedi dopo aver lasciato andare la palla. Una circostanza che normalmente viene protetta sia dal regolamento, il quale recita alla regola 4, sezione 10:
"L’atto di tiro comincia quando, nel giudizio dell’arbitro, il giocatore ha cominciato il suo movimento di tiro e continua finché non cessa il movimento e il giocatore ritorna a una normale posizione sul terreno".
È proprio l’ultima parte quella che viene contestata dai Rockets: in almeno cinque occasioni nel corso della partita i difensori degli Warriors sono andati “sotto” a James Harden e Chris Paul, impedendo loro di atterrare normalmente togliendo lo spazio per riposizionare i piedi in sicurezza. In particolare, secondo i Rockets anche l’ultimo tiro di Harden — quello che sarebbe valso il pareggio a 9 secondi dalla fine — ricade sotto questa casistica, con Draymond Green che è andato a toccare l’avversario mentre quest’ultimo era ancora in aria. Secondo gli arbitri (e anche secondo la NBA, che ha confermato il non fischio) è stato invece Harden ad avanzare di quasi un metro nell’atto di tiro e a provocare il contatto, mentre Green non è entrato nello spazio di atterraggio dell’avversario. Ma è l’unica circostanza davvero dubbia: nelle altre occasioni i falli sembravano chiari, tanto che secondo quanto detto da Mike D’Antoni dopo la gara anche gli arbitri hanno ammesso i loro errori nel primo tempo: “La risposta che ho avuto all’intervallo è che loro stessi hanno ammesso di averne sbagliati quattro. Sono 12 tiri liberi. Però è andata come è andata: anche loro cercano di fare il loro meglio”.
Harden: “Abbiamo visto come è andata con Kawhi”
Meno eloquente è stato James Harden, che pur nel suo mutismo post-gara non ha nascosto la sua frustrazione per come è stata arbitrata la partita: “Vorrei solo avere una chance onesta” ha detto il candidato MVP, che ha chiuso con 35 punti ma con 9/28 al tiro e 4/16 da tre punti. “Sappiamo tutti cosa è successo un paio di anni fa con Kawhi [Leonard, infortunato da Zaza Pachulia in una situazione simile, ndr]. Un episodio del genere può cambiare l’intera serie. Che arbitrino le partite nel modo in cui devono essere arbitrate, e basta. Poi vivrò con il risultato che ne verrà”. L’ultimo possesso, in particolare, è anche costato l’espulsione di Chris Paul, il quale — nervosissimo per tutta la partita e già punito con un fallo tecnico, al pari di Mike D’Antoni — dopo aver recuperato il rimbalzo d’attacco sull’errore di Harden è andato a schiantarsi su Klay Thompson. L’arbitro Josh Tiven non ha però ravvisato nessun fallo e il pallone è uscito in favore di Golden State, con Paul che è andato a toccare l’arbitro per protestare contro il mancato fischio. Se il contatto è stato veniale o sostanziale lo stabilirà la NBA — nel caso della seconda casistica non è esclusa una sospensione, anche se appare improbabile —, ma la realtà dei fatti è che Paul è stato immediatamente espulso. “Non ho rivisto l’azione” ha detto CP3 dopo la partita. “Ma devo essere più intelligente perché, come in occasione del primo tecnico, non ho fatto altro che danneggiare la mia squadra”.
Green: “Se atterri un metro avanti rispetto a dove tiri…”
A far sentire la propria voce in casa Warriors è stato Draymond Green, l’unico punito con un fallo tecnico tra i campioni in carica e autore di un’ottima partita da 14 punti, 9 rimbalzi e 9 assist. Sull’ultimo possesso, in particolare, ha avuto un’opinione piuttosto netta: “In passato ho subito diversi falli da James [Harden] su un suo tiro da tre punti. Non mi sembrava un fischio da dover fare. Io ho fatto il mio contestando il tiro: se atterri un metro più avanti rispetto a dove tiri, non è davvero affar mio”. Con faccia da attore consumato, poi, uno dei giocatori più litigiosi e “lamentosi” della lega ha poi sporto agli arbitri un ramoscello d’ulivo: “Possiamo stare qui e lamentarci di ogni chiamata dopo ogni partita: è la natura dello sport che giochiamo. L’arbitraggio è una scienza inesatta. È andata come è andata”. A dir la verità anche gli Warriors hanno subito dei fischi a sfavore, in particolare Steph Curry che è stato frenato dai problemi di falli per tutta la partita su alcune situazioni quantomeno dubbie. Ma si trattavano di errori di valutazione comprensibili, non di una mancanza di rispetto del regolamento come successo invece sullo spazio di atterraggio non concesso ai tiratori di Houston. In ogni caso, gara-1 è ormai andata e c’è tutto il resto di una lunghissima serie da affrontare, che è poi il messaggio mandato da Mike D’Antoni a tutto l’ambiente: “Dobbiamo solo accettarlo e non preoccuparci di come arbitrano. Sto diventando troppo vecchio ormai, ma è così che stanno le cose. Cerco di non imprecare. Certo di non essere un totale rompiscatole. Ovviamente non ha funzionato, ma [l’arbitraggio] non è una cosa che dipende da me”.