Gara-4 è stata un disastro per i Celtics, battuti in casa e fischiati dal pubblico biancoverde dopo il 3-1 nella serie. Nel mirino soprattutto Kyrie Irving, autore di una prestazione da 23 punti con 7/22 al tiro. "Ventidue tiri per uno come me? Avrei dovuto tirarne 30" ha detto dopo quella che potrebbe essere stata la sua ultima gara a Boston come membro dei Celtics
Alla vigilia di gara-4, un po’ tutti si aspettavano una reazione veemente da parte dei Boston Celtics. Dopo il brutto ko in gara-3, la squadra di coach Stevens aveva la possibilità di pareggiare la serie sul 2-2 davanti al pubblico di casa, sfruttando anche la scarica emotiva data dal rientro di un giocatore carismatico come Marcus Smart. Gli occhi di tutti, in particolare, erano puntati su Kyrie Irving, autore di una pessima prestazione in gara-2 e incapace di incidere nel terzo episodio della serie, concluso lamentandosi pubblicamente dell’arbitraggio e promettendo tutt’altro atteggiamento per le gare a venire. Invece il suo momento da dimenticare è continuato anche in gara-4, chiudendo in doppia doppia (23 punti e 10 assist) ma tirando ancora una volta malissimo dal campo (7/22 e 1/7 da tre) senza riuscire a portare i suoi alla vittoria. “Ho sbagliato tanti tiri? Chi se ne importa, sono un giocatore di pallacanestro” ha detto dopo la partita rispondendo ai giornalisti. “So che le aspettative su di me sono a livelli altissimi. Cerco di utilizzare l’aggressività dei miei avversari contro di loro per mettere i miei compagni in condizioni favorevoli, e allo stesso tempo di continuare ad attaccare. Insomma, sto cercando di fare tutto”. Poi ha aggiunto, con la consueta sicurezza nei suoi mezzi: “Ventidue tiri per uno come me? Ne avrei dovuti tirare 30. Sono un tiratore di quel livello”.
Le difficoltà al tiro di Boston e di Irving
La carriera di Irving non è in discussione, ovviamente, ma i numeri delle ultime tre partite dicono altro: dopo la convincente vittoria in gara-1, il numero 11 dei biancoverdi ha segnato solo 19 dei 62 tiri tentati, pari al 31% delle conclusioni. Secondo quanto riferito da ESPN Stats & Info, nella sua carriera ai playoff non gli era mai successo di sbagliare 43 tiri nell’arco di tre partite di playoff. “Loro sono bravi a sovraccaricare: l’area è sempre piena ogni volta che sono in campo, ci sono tre e a volte quattro corpi contro di me” ha spiegato Irving sulla marcatura dei Bucks che gli sta dando così fastidio. Anche quando è riuscito a liberarsi, però, i risultati sono stati pessimi: in gara-4 ha avuto sette occasioni in cui ha potuto tirare senza essere contestato da un avversario ma solamente in una è andato a segno, di cui 0/4 dall’arco. Bisogna però dire che anche i suoi compagni hanno vissuto una pessima serata al tiro: pur attaccando di più l’area rispetto a gara-3 (44 punti nel pitturato contro i 24 della partita precedente, ma sempre meno dei 66 di Milwaukee), i Celtics hanno chiuso sotto il 38% dal campo e il 22% da tre, che diventa 35.8% nei tiri non contestati di cui 6/26 (23%) da tre punti.
I fischi del pubblico alla possibile ultima gara di Irving
Una prestazione balistica terribile nel momento peggiore possibile, acuito anche dal pessimo impegno difensivo che ha portato i Bucks a realizzare il parziale decisivo con Giannis Antetokounmpo, Khris Middleton ed Eric Bledsoe in panchina nel terzo quarto. “Mi dispiace dirlo, ma abbiamo lasciato che il nostro attacco determinasse il nostro impegno difensivo” ha detto Marcus Morris senza giri di parole. “Non abbiamo segnato e quindi non siamo rientrati in difesa. Siamo stato un po’ soft oggi”. Un atteggiamento che non è sfuggito all’esigente pubblico di Boston, il quale ha sonoramente fischiato la squadra all’uscita di quella che potrebbe essere stata l’ultima partita stagionale al TD Garden — soprattutto per Kyrie Irving, che come tutti sanno sarà free agent in estate. Non a caso il numero 11 è stato il primo a uscire dal campo dopo la sirena finale, infilandosi nel lungo corridoio che porta allo spogliatoio più veloce di chiunque altro per lasciarsi alle spalle quanto successo. Ma cosa passava nella sua testa in quel momento? “Solamente che la partita era finita” ha detto dopo la gara. Chissà che non sia lo stesso per la sua esperienza a Boston.