Scaricato la scorsa estate a San Antonio per arrivare a Kawhi Leonard, il n°10 degli Spurs è stato la pedina di scambio che ha permesso a Toronto di costruire una squadra da titolo: "Senza gli sforzi fatti negli anni passati, i Raptors non sarebbero così in alto"
Tra i tanti vincitori della splendida cavalcata che ha portato i Raptors in finale NBA, c’è di sicuro almeno uno sconfitto. O quantomeno un giocatore che è sceso dal treno lanciato verso il successo proprio nel momento in cui i canadesi hanno iniziato a fare sul serio. DeMar DeRozan, simbolo di Toronto per un decennio, è stato scaricato la scorsa estate senza troppo riguardo e considerazione agli Spurs pur di arrivare a Kawhi Leonard. Una mossa vincente, visti i risultati sul parquet, che ha messo il n°10 nero argento di fronte a delle responsabilità che non pensava di avere. Una squadra alla quale è sempre mancato qualcosa ha definitivamente spiccato il volo senza di lui. “Sono io il problema?”: questa la domanda ronzata a lungo nella testa di DeRozan, che nelle scorse ore ha parlato della cavalcata dei suoi ex compagni e del suo amico Kyle Lowry verso il titolo NBA. Lui è stato “l’agnello sacrificale” che ha permesso ai Raptors di cambiare marcia: “In tutta onestà, non credo di aver mai detto una frase del genere – probabilmente ne avrò discusso in maniera confidenziale nel mio stretto giro di amicizie – ma sono sicuro che se non ci fossero stati gli anni passati e il lavoro sul campo che anche io ho fatto a Toronto, nessuna delle cose che si stanno verificando adesso sul parquet sarebbero state possibili. Mi sono sacrificato, ho lottato, ho superato i miei limiti fino a ritrovarmi a essere l’agnello sacrificale. In casi come questi bisogna fermarsi un attimo e comprendere che, nonostante tutto, tu sei la ragione per cui tante cose sono diventate possibili”. Nonostante a San Antonio le cose siano andate per il meglio, il n°10 degli Spurs non ha mai del tutto digerito la scelta fatta dai canadesi: “I Raptors hanno pensato che fosse giunto il momento di capire cosa fare per compiere un ulteriore passo in avanti”. A prescindere dalla sua esclusione infatti, il valore di Leonard non può di certo essere messo in discussione.
Il supporto nei confronti di Lowry e del resto del gruppo
“Brucia ancora un bel po’”, ammette durante l’intervista DeRozan. “Per me Toronto era diventata una seconda casa: sono stato scelto dai Raptors quando avevo 19 e sono rimasto in squadra fino a – quanti anni avevo, 28? Tutto ciò che ho imparato a fare sul parquet lo devo a quello che ho fatto con la franchigia canadese. Tutto quello che ho ottenuto è stato grazie a loro. Quindi, lasciarmi andare così, quando meno me lo aspettavo, mi ha colto alla sprovvista. In fondo siamo umani, proviamo dei sentimenti e una cosa del genere ti colpisce”. Deluso sì, ma senza provare rancore nei confronti del gruppo che si è lasciato alle spalle: in modo particolare con Lowry, definito più volte il suo miglior amico e colui che più di tutti merita di portare un titolo NBA a casa. “Continuo a fare il tifo e a spingere il mio amico a fare del suo meglio, a cercare di raggiungere un obiettivo che abbiamo inseguito insieme per tutti questi anni e lui finalmente ha l’opportunità di riuscire a completare l’opera. Continuo a sostenere e a dare il mio supporto tutti i ragazzi del gruppo”.